dalla suizzera

ZURIGO - Ubs ha realizzato nel 2015 un utile netto di 6,2 miliardi di franchi, in rialzo del 79% su base annua. Nel quarto trimestre i profitti del numero uno bancario svizzero sono stati pari a 949 milioni di franchi, in progressione del 10,6%.
"Nonostante condizioni di mercato molto difficili, nel 2015 le divisioni di UBS hanno ottenuto risultati solidi gestendo con prudenza rischi e risorse", afferma la banca in un comunicato. Il Consiglio di amministrazione intende proporre un dividendo totale di competenza degli azionisti pari a 0,85 franchi.
Nel quarto trimestre Ubs ha approfittato di un beneficio fiscale netto di 715 milioni di franchi, perlopiù ascrivibile alla rivalutazione netta al rialzo di crediti d'imposta differiti, e ha proceduto ad accantonamenti per un totale di 365 milioni "per contenziosi legali, questioni regolamentari e simili". Il trimestre comprendeva anche un onere pari a 257 milioni per il riacquisto di un debito.
Sull'insieme dell'esercizio 2015 il risultato operativo è più che raddoppiato (+123%) a 5,49 miliardi di franchi. I ricavi sono saliti del 9,2% a 30,6 miliardi, mentre gli oneri sono scesi dell'1,8% a 25,12 miliardi. I risultati del quarto trimestre annunciati oggi superano le attese degli analisti consultati dall'agenzia finanziaria awp.
Difficoltà in Borsa
Crollo superiore al 7% in borsa per il titolo UBS, dopo l'annuncio della banca di un utile netto nel 2015 di 6,2 miliardi di franchi, in rialzo del 79% su base annua.
Alle 10:15 circa il titolo del numero uno bancario svizzero cedeva il 7,13% a 15,69 franchi. Dopo la pubblicazione dei dati annuali il CEO Sergio Ermotti si è dichiarato soddisfatto dei risultati, considerando anche il contesto particolarmente complesso.
Secondo gli analisti dell'agenzia awp, il titolo perde terreno perché l'utile è sì importante, ma provocato da fattori straordinari. Gli esperti considerano i risultati operativi parzialmente deludenti.
 
ZURIGO - Risultati in netto calo per Credit Suisse: il numero due bancario elvetico ha registrato lo scorso anno una perdita netta di 2,94 miliardi di franchi, contro un utile di 1,87 miliardi nel 2014. La causa principale di questa flessione è legata ad una svalutazione di 3,8 miliardi di franchi, informa CS in un comunicato odierno. A pesare sul risultato vi sono però stati anche costi di ristrutturazione e interventi per regolare contenziosi.
Gran parte della svalutazione è legata all'acquisizione dell'americana Donaldson, Lufkin&Jenrett (DLJ) nel 2000, viene precisato nella nota. I costi di ristrutturazione ammontano a 355 milioni di franchi e l'importo per i contenziosi a 821 milioni di franchi.
Senza tali effetti straordinari Credit Suisse ha registrato per l'esercizio 2015 un utile ante imposte di 4,2 miliardi di franchi. L'anno precedente questo valore si attestava ancora a 6,3 miliardi di franchi. Le divisioni Asia, il Private Banking nell'International Wealth Management (IWM) e il Swiss Universal Bank (SUB) hanno registrato buoni risultati, precisa CS.
 
UBS prevede che BNS manterrà i tassi negativi

Gli analisti della banca credono inoltre che l'economia avrà una crescita limitata nel 2016 a causa del cambio franco/euro

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BERNA - UBS prevede che la Banca nazionale svizzera (BNS) manterrà i tassi negativi invariati a -0,75% nel 2016, ma rimarrà pronta ad abolirli non appena le circostanze lo consentiranno.
La BNS abbasserà ulteriormente i tassi negativi solo se eventuali interventi per tenere il cambio franco/euro oltre la soglia critica di 1,05 non dovessero produrre risultati sostenibili.
L'abbandono del tasso di cambio minimo ha frenato la crescita economica, ferma a circa l'1% nel 2015. "Quest'anno il franco svizzero dovrebbe rimanere sopravvalutato, soprattutto nei confronti dell'euro. Per il 2016 prevediamo una crescita limitata delle esportazioni e una crescita economica dell'1,4%", commenta Daniel Kalt, capo economista di UBS Svizzera, citato in un comunicato.
La forza del franco si ripercuote anche sull'economia interna. Per il 2016 gli economisti di UBS prevedono una stagnazione degli investimenti in nuove attrezzature. La fiacca crescita economica dovrebbe portare il tasso di disoccupazione medio dal 3,3% del 2015 al 3,5% nel 2016.
L'incremento dei salari reali, dovuto all'ulteriore calo dei prezzi al consumo previsto del -0,4%, dovrebbe compensare l'effetto negativo dell'aumento della disoccupazione sui redditi delle famiglie. UBS prevede per il 2016 una crescita moderata dei consumi privati, pari all'1,4%. Nonostante i tassi d'inflazione negativi, il rischio di una spirale deflazionistica sembra comunque limitato.
Quanto all'evoluzione del cambio con l'euro l'accelerazione della crescita economica nell'Eurozona e ulteriori rialzi dei tassi della Federal Reserve dovrebbero riportare il tasso di cambio in direzione di 1,10 nei prossimi dodici mesi. Il tasso di cambio con il dollaro dovrebbe restare attorno alla parità.
 
BELLINZONA - Il Consiglio di Stato ha fissato per il 1° luglio 2016 l'entrata in vigore della modifica costituzionale che prevede il divieto di dissimulazione del volto, approvata dai cittadini nella votazione popolare del 22 settembre 2013. Dalla stessa data saranno applicabili anche la nuova legge sull'ordine pubblico e la legge sulla dissimulazione del volto negli spazi pubblici, entrambe adottate dal Gran Consiglio il 23 novembre 2015.

La consultazione sull'avamprogetto del regolamento di applicazione delle due leggi si è aperta, una volta conclusa la procedura parlamentare, lo scorso 23 dicembre ed è terminata a fine gennaio. Gli enti invitati a prendere posizione – i comuni e la loro associazioni, le autorità giudiziarie, la polizia cantonale e l'Associazione delle polizie comunali – hanno sostanzialmente condiviso la scelta di elaborare un regolamento unico per le due leggi e l'impostazione generale adottata. In base alle numerose osservazioni e richieste di chiarimento rientrate, il Dipartimento delle istituzioni ha quindi aggiornato e completato il progetto di regolamento – approvato oggi dal Consiglio di Stato – e allestito un rapporto esplicativo destinato ai comuni.





era ora :cool:
 
ZURIGO - L'associazione di categoria Commercio Svizzera teme l'esito del referendum del 23 giugno sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea. Il sì alla Brexit sarebbe il peggior scenario possibile per il ramo del commercio elvetico, mette in guardia in un comunicato odierno il direttore dell'organizzazione Kaspar Engeli.

In caso di uscita dall'Ue il valore della sterlina e dell'euro crollerebbero e vi sarebbe una corsa al franco: le conseguenze sarebbero analoghe a quelle vissute il 15 gennaio 2015, quando la Banca nazionale abolì il cambio minimo con l'euro, sostiene Engeli. In poco tempo la valuta elvetica si rafforzerebbe del 15% o più. Oltre alle conseguenze pesanti per l'export il commercio dovrebbe far fronte a un'importante rivalutazione delle scorte.

Per Engeli la Brexit porterebbe inoltre a un indebolimento dell'intera Ue. Altri paesi potrebbero seguire l'esempio britannico. Proprio in un periodo difficile, caratterizzato ad esempio dalle ondate migratorie, è essenziale che il continente sia unito, aggiunge il direttore dell'associazione.
 
Cosa succede alla Svizzera in caso di Brexit
Si teme uno shock come quello causato dall'abbandono del cambio minimo euro/franco nel gennaio 2015 - La nostra moneta si rafforzerebbe troppo e il settore dell'export sarebbe sotto pressione - E anche le banche elaborano scenari di incertezza




ZURIGO - L'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea avrebbe un impatto importante sulla Svizzera. Sebbene sia molto difficile avanzare previsioni la Brexit potrebbe portare a un rafforzamento del franco in direzione della parità con l'euro, ciò che genererebbe importanti ripercussioni sull'export e sul commercio.

Ieri la moneta elvetica ha toccato il suo massimo dalla fine di dicembre in rapporto all'euro, che è stato scambiato a 1,0790. Stando agli analisti le incognite legate al referendum del 23 giugno sono tra i fattori che concorrono all'apprezzamento della valuta svizzera, anche se non l'unico: il movimento è in generale favorito anche dal clima di incertezza, legato alle prossime decisioni di politica monetaria delle banche centrali.

Certo è che in caso di abbandono dell'Ue da parte del Regno Unito l'industria di esportazione sarebbe sotto pressione, ha spiegato all'ats Stefan Neuwirth, esperto del Centro di ricerche congiunturali del Politecnico federale di Zurigo (KOF). "Molti aspetti rimangono però ancora poco chiari", aggiunge lo specialista. A suo avviso per l'economia svizzera molto dipenderà dalla velocità alla quale avverrebbe la Brexit e dalla rapidità con cui sarebbero concordati nuovi trattati.

Per Commercio Svizzera - associazione che promuove l'interesse di chi commercia a livello nazionale e internazionale - un addio britannico comporterebbe pesanti ripercussioni sull'export. Si teme uno shock paragonabile a quello causato dall'abbandono del cambio minimo euro/franco il 15 gennaio 2015.

I timori relativi a un brusco rafforzamento del franco, sia nei confronti dell'euro che della sterlina, sono condivisi anche dal presidente della Federazione orologiera svizzera (FH) Jean-Daniel Pasche. "È noto che il nostro settore è sensibile alla fluttuazione dei cambi".

Il Regno Unito è stato nel 2015 l'ottavo mercato per le esportazioni di orologi svizzeri, con un volume di 1,16 miliardi di franchi. Si tratta di "uno dei mercati europei che dà soddisfazione", sottolinea Pasche. La Brexit potrebbe avere un impatto sulla crescita britannica, con ripercussioni quindi anche per l'orologeria elvetica.

Per l'Associazione svizzera dei banchieri (ASB) l'abbandono dell'Ue da parte del Regno Unito provocherebbe soprattutto incertezza e si moltiplicherebbero gli interrogativi. Che ne sarà della piazza finanziaria di Londra? La banca HSBC si sposterà a Dublino? Gli istituti elvetici lasceranno la City per trasferirsi a Lussemburgo? Nessuno oggi è in grado di rispondere a queste domande, ha detto Sindy Schmiegel, responsabile delle relazioni pubbliche presso l'ASB.

Secondo Alessandro Bee, economista presso UBS, queste incognite faranno sì che i mercati, caratterizzati da un'avversione al rischio, spingeranno verso un franco forte. Comunque a suo avviso una divisa elvetica più robusta potrebbe ritardare una ripresa congiunturale, ma non impedirla.

Per Bee la Banca nazionale svizzera (BNS) potrebbe intervenire massicciamente sul mercato se il corso dell'euro dovesse scendere sotto 1,07. E se calasse sotto 1,05 l'istituto di emissione potrebbe decidere di abbassare ulteriormente i tassi negativi. Ma nel caso in cui gli indicatori europei dovessero indebolirsi la BNS si ritroverebbe in larga misura impotente.

All'inizio di giugno il vicepresidente della Banca nazionale, Fritz Zurbrügg, ha confidato che la BNS ha elaborato diversi scenari in relazione al referendum britannico. Zurbrügg ha ammesso che regna una forte incertezza, sia a livello politico, sia sui mercati finanziari.

Come è ovvio gli occhi del mondo sono puntati sulla BNS. Per l'economista americano Nouriel Roubini - diventato famoso per aver anticipato la crisi finanziaria del 2008 - il tasso di cambio euro/franco potrebbe scendere sotto la parità se l'istituto non interverrà prontamente abbassando i tassi negativi: questi, attualmente al -0,75%, potrebbero scendere al -1,00% o anche al -1,25%.

Le banche elvetiche potrebbero peraltro trarre vantaggio dal quadro generale. "Nel settore della gestione patrimoniale la Svizzera approfitterebbe di una Brexit", ha affermato ieri il direttore della filiale svizzera della società di consulenza Boston Consulting Group in un evento organizzato dalla Reuters. "Ogni volta che ci sono incertezze scatta l'effetto porto sicuro", gli ha fatto eco il responsabile di UBS Wealth Management Jürg Zeltner.

La Svizzera dovrebbe comunque conservare anche nei prossimi anni il suo posto di numero mondiale nella gestione patrimoniale transfrontaliera. "Con o senza accordo" con l'Ue, ha precisato Jacques de Watteville, segretario di stato alla questioni finanziarie internazionali.

 
BERNA - La storica decisione della Gran Bretagna di lasciare l'Ue rischia di allontanare una soluzione concordata fra Berna e Bruxelles per l'applicazione del 9 febbraio.

I negoziati con la Confederazione diventeranno ancora meno prioritari sui banchi europei. È quanto emerge, a grandi linee, dalle reazioni di osservatori, associazioni e partiti politici elvetici.

Una soluzione ai negoziati fra Berna e Bruxelles si allontana a grandi passi, secondo il PS, mentre per i Verdi le possibilità di concludere accordi speciali sono "meno di zero". Posizione analoga da parte del PLR, secondo cui per la Svizzera sarà ancora più difficile negoziare. Difficile ma non impossibile, per il PPD, mentre secondo il Nuovo movimento europeo svizzero (NOMES), la questione elvetica scomparirà dagli schermi a Bruxelles.

Naturalmente partiti e organizzazioni differiscono per quanto riguarda le soluzioni da adottare. Secondo l'UDC Berna deve "interrompere immediatamente tutti i negoziati miranti ad avvicinare ancor più la Svizzera all'Ue tramite un accordo istituzionale", per non "saltare su una barca che sta colando a picco". Il partito esige che la Svizzera gestisca l'immigrazione tramite preferenza nazionale, plafond e contingenti.

Secondo l'ASNI (Associazione per una Svizzera neutrale e indipendente) quello odierno è "un giorno di gioia per l'indipendenza e la democrazia diretta della Svizzera". L'associazione chiede ora al Consiglio federale di "porre fine alla politica di lamentele e codardia praticata finora", applicando l'articolo 121a della Costituzione.

Il franco svizzero sarà considerato ancora una volta una moneta rifugio e ciò è preoccupante per i posti di lavoro nel nostro Paese e per l'industria di esportazione, mette invece in guardia il PLR, secondo cui la Confederazione deve fare tutto quanto in suo potere per ridurre in modo indipendente l'immigrazione, senza mettere in pericolo gli accordi bilaterali.

Timori per il franco forte emergono anche da parte sindacale. L'USS si aspetta che la Banca Nazionale Svizzera faccia il possibile per combattere questo rafforzamento. Secondo il suo segretario, Daniel Lampart, la BNS deve impedire le conseguenze nefaste del voto britannico sull'economia elvetica. Ciò non deve comunque rimettere in questione gli accordi bilaterali.

Il PS teme per la stabilità del continente europeo. La Svizzera deve agire rapidamente e correggere la Costituzione per salvare i bilaterali, si legge in una nota. Deve modificare la sua Costituzione e il modo più veloce per riuscirci - secondo il partito - è attraverso un controprogetto all'iniziativa "Fuori dal vicolo cieco" (RASA) che garantirebbe la libera circolazione delle persone.

In controtendenza l'ex consigliera federale socialista Micheline Calmy-Rey che, ai microfoni della radio RTS, ha invitato alla calma. "Wait and see" (aspettiamo e vediamo), ha affermato, dicendosi convinta che il voto potrebbe rivelarsi positivo per la Svizzera. "Scatenerà delle discussioni in seno all'Ue, spingendo a compiere riforme istituzionali".

Per i Verdi la Svizzera ora ha due opzioni: rimanere parte del mercato unico europeo accettando le regole ad esso associate, come la libera circolazione delle persone, o gestire gli scambi con l'Ue attraverso migliaia di accordi separati.

Il PPD è convinto che la Svizzera abbia bisogno di una relazione con l'Ue, così come di bilaterali e sicurezza giuridica. "È nell'interesse del nostro paese", "l'economia e soprattutto le molte imprese svizzere orientate all'export e all'innovazione hanno ora bisogno di sicurezza e sostegno". Secondo il partito, la Banca nazionale svizzera deve attuare una politica monetaria prudente e previdente.

Sulla stessa lunghezza d'onda i Verdi liberali. L'applicazione dell'iniziativa sull'immigrazione di massa deve restare l'obiettivo primario della Confederazione, sottolineano. Relazioni bilaterali stabili con l'Ue sono di importanza capitale per la Svizzera, mentre tutto il resto porta ulteriore incertezza giuridica ed è veleno per la piazza economica elvetica, concludono.
 
“I rapporti con l'UE saranno più difficili”
Il presidente della Confederazione Johann Schneider-Ammann si è espresso sul voto britannico - "Le trattative con l'Ue devono continuare ma la Brexit non rende più facile il dialogo"





BERNA - La decisione del Regno Unito di uscire dall'Unione europea (Ue) non semplificherà i rapporti fra Berna e Bruxelles. È l'opinione del presidente della Confederazione Johann Schneider-Ammann.

"I cittadini britannici hanno deciso di lasciare l'Ue e il Consiglio federale ne prende atto", ha detto Schneider-Ammann ai media a Berna. "Si tratta di una decisione democratica che il governo non commenta".

Tuttavia, questo "storico cambiamento" avrà conseguenze anche per la Svizzera. Le trattative con l'Ue sulla libera circolazione, per l'applicazione dell'iniziativa UDC sull'immigrazione di massa, devono continuare e "la Brexit non rende più facile il dialogo". "È difficile capire quali saranno gli effetti precisi ed è quindi inutile soffermarsi su speculazioni", ha più volte ribadito il presidente. Quel che è certo è che da "questa mattina a Bruxelles hanno molto da fare, non hanno certo tempo per gli svizzeri", ha poi scherzato.

Berna continua a voler trovare una soluzione negoziata con Bruxelles che soddisfi tutti le parti, anche se ora il consigliere federale non è più certo che i lavori possano essere terminati entro l'estate.

Alla domanda su un'eventuale alleanza fra Svizzera e Regno Unito nelle trattative con l'Ue, il presidente della Confederazione si è limitato a dire che è troppo presto per capire cosa accadrà.

I cambiamenti non riguarderanno solo i rapporti con l'Ue, ma anche quelli con Londra. "Diversi settori erano regolati dagli accordi bilaterali, ora bisognerà porre nuove basi con intese che spaziano dalla libera circolazione, alla sicurezza fino al traffico aereo", ha spiegato Schneider-Ammann. Ad ogni modo, la Svizzera vuole portare avanti gli ottimi rapporti con il Regno Unito. Un gruppo di lavoro interdipartimentale è già all'opera per affrontare queste tematiche, ma serviranno almeno due anni.

Sul breve termine per i cittadini e le imprese elvetiche cambierà molto poco. Tuttavia, è prevedibile che la Brexit avrà ripercussioni economiche, in particolare nel settore delle esportazioni. Il governo lavorerà puntando su pilastri come i libero mercato e la formazione continua per evitare la perdita di posti di lavoro. L'esecutivo non ha invece influenza diretta sul valore del franco, ma lavora a stretto contatto con la Banca nazionale svizzera (BNS), responsabile della valuta.

Dopo questo voto dei cittadini britannici "ci sono molti punti di domanda in Svizzera, nell'Unione europea e nello stesso Regno Unito", ha detto Schneider-Ammann. In seguito a insistenti domande sulla sua opinione personale, il presidente ha infine dichiarato che - quale ministro dell'economia - sicuramente preferisce una situazione chiara e regolamentata rispetto a una di incertezza.



 
BERNA - All'Unione europea (UE) interessa una soluzione con la Svizzera sulla libera circolazione dopo il sì all'iniziativa contro l'immigrazione di massa, ma dopo la Brexit deve fare attenzione a non creare precedenti scomodi: è il messaggio recepito da una delegazione parlamentare elvetica che oggi ha incontrato il presidente del parlamento europeo Martin Schulz.

Quest'ultimo, personalmente favorevole ad una soluzione, ha però detto che dopo il voto britannico sull'uscita dall'unione sarà difficile per Bruxelles fare delle concessioni a un Paese terzo, poiché potrebbero mandare un segnale sbagliato, ha riferito all'ats la consigliera agli Stati Karin Keller-Suter (PLR/SG). Non si vuole infatti aggiungere una seconda crisi alla Brexit.

Dal canto suo, la "senatrice" Géraldine Savary (PS/VD) si è detta "rassicurata e positiva": il presidente del parlamento europeo conosce bene il dossier svizzero e ritiene che questo caso debba essere trattato in modo ben distinto dalla Brexit. "L'importante è che gli europei siano disposti a dare tempo al tempo", ha aggiunto.

Secondo Raphaël Compte (PLR/NE) "esistono delle vie, anche se non numerose e molto praticabili". "È troppo presto per entrare nei dettagli, ma si sa che una soluzione non dovrebbe scontrarsi frontalmente con l'accordo di libera circolazione delle persone", ha sottolineato. Visto il tempo a disposizione limitato egli ritiene che le discussioni informali fra parlamentari siano utili, poiché più dirette e meno diplomatiche dei negoziati ufficiali.

Il nuovo articolo costituzionale 121a deve entrare in vigore entro il 19 febbraio del 2017, tre anni dopo l'accettazione dell'iniziativa promossa dall'UDC. In caso di mancato accordo con l'UE, il Consiglio federale applicherà una cosiddetta clausola di salvaguardia unilaterale.

La Svizzera attualmente sta tentando varie vie per risolvere la questione. Lunedì, gli emissari del Consiglio federale, con a capo il segretario di Stato Jacques de Watteville, hanno incontrato gli omologhi della Commissione Europea. Dati gli imprevisti sorti con la Brexit, è stato però rinviato il previsto incontro della prossima settimana tra il presidente della Confederazione Johann Schneider-Ammann e il presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker. Dovrebbe comunque aver luogo in luglio, secondo il Dipartimento federale dell'economia (DFAE).
 
4 giugno 2016



ZURIGO - Secondo il vicepresidente della Banca Nazionale Svizzera (BNS), Fritz Zurbrügg, il franco continua ad avere una valutazione eccessiva e un'ulteriore riduzione dei tassi di interesse resta possibile.

La BNS prima di ogni intervento di politica monetaria valuta attentamente anche gli effetti dei tassi negativi per i risparmiatori. Ma siccome si tratta di un nuovo strumento, non si ha ancora molta esperienza per sapere che risultati comporti e quando, dice Zurbrügg in un'intervista pubblicata oggi da "Basler Zeitung" e "Neue Luzerner Zeitung". E - aggiunge - la banca nazionale si è già spinta molto lontano con un tasso negativo dello 0,75%.

Comunque - sottolinea - "per i risparmiatori è più importante che l'economia cresca, piuttosto che avere tassi di interesse migliori ma che indeboliscono la congiuntura, con conseguenti effetti sul mercato del lavoro".

Ci sono vari modelli con i quali si possono calcolare corsi di cambio equilibrati. E la quasi totalità mostra che il franco svizzero è sopravvalutato, spiega Zurbrügg.

Alla domanda se l'attuale 1,10 per 1 euro sia un nuovo livello di equilibrio di cambio, il vicepresidente della BNS ha risposto che la banca nazionale non ha alcun obiettivo su un nuovo corso di cambio. L'istituto di emissione - ha sottolineato - osserva i vari rapporti di cambio globalmente e non si fissa solo su quello franco-euro.

D'altro canto - secondo Zurbrügg - la BNS è pronta ad affrontare vari scenari dopo la votazione su un'eventuale uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. Se, di conseguenza, la struttura monetaria internazionale cambierà ciò influenzerà anche il franco. Per ora - conclude - l'insicurezza politica e dei mercati finanziari è grande.
 

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