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Bambole, gay e letterine: la discriminazione dei giocattoli - Wired
Questo mese più che mai, potreste esservi trovati nei pressi di un reparto giocattoli di un qualsiasi supermercato. Probabilmente un’ondata di rosa avrà allora invaso le vostre pupille, declinata in varie Barbie, bambolotti, giochi per imparare a fare le pulizie, puzzle zuccherini. Quelli sono i giochi per le bambine. Ora, se da tutto quel rosa volgete lo sguardo verso quelli che sono i giocattoli “per i bambini”, troverete un panorama assai diverso e confortante: giochi per fare cose, giochi per diventare qualcosa, e non solo ramazzare come la mamma (pausa: non che ci sia nulla di male nel ramazzare, ma a questo ci arriviamo dopo).
Potrebbe sembrarvi una polemica prestestuosa e inutile, che dopotutto tutte le bambine o quasi sono cresciute con una Barbie e non necessariamente ne sono venute fuori di plastica e con i fianchi stretti, e non è che tutti i bambini che hanno giocato con le costruzioni son poi diventati ingegneri. In parte è vero: non è solo quello con cui giochi che va a definire quello che sarai da lì ad una decina di anni, i fattori sono così tanti che ad enumerarli verrebbe fuori solo un trattato di pedagogia, ma è anche vero che i giochi, le nette divisioni sui giochi e suoi ruoli, la dicono lunga su come la società (e non solo la nostra, ben inteso) percepisce ma soprattutto definisce ruoli “maschili” e “femminili”.
E questa percezione diventa ancora più evidente quando i ruoli “non vengono rispettati”. Per sommi capi: se una bambina che gioca con le macchinine viene considerata nelle migliori delle ipotesi un adorabile maschiaccio che tanto prima o poi indosserà una gonna, un bambino che apprezza ed usa i giochi da bambine genera un’ampia dose di sgomento. Nove volte su dieci, lo sgomento sfocerà in “ah, quel bambino ama il rosa, diventerà gay di sicuro”. Segue risatina.
Sarah Hoffman è la madre di quel bambino: età non definita, perfettamente in salute, nessun problema di sorta, se non che non disdegna il rosa (roba da femmine) non gli dispiacciono le bambole (puah, roba da femmine) e prende lezioni di balletto (come le femmine). Il che, pur non suscitando nessun tipo di preoccupazione o ansia nella legittima madre, non manca mai di suscitare commenti e preoccupazioni da parte delle altre madri. Sara ha raccontato la storia di suo figlio e dei tanti commenti non richiesti e non graditi in uno splendido articolo su Salon, un compedio di parecchi luoghi comuni – altrui – sull’infanzia e su come dovrebbe comportarsi un bambino/bambina per non turbare i genitori i cui bambini si comportano in “maniera normale”.
Fastidi della povera Sarah a parte, che giustamente non ne può veramente più di persone varie espertissime su come dovrebbe educare suo figlio, la questione è particolarmente interessante per quel che ci riguarda perché riporta l’attenzione sulle deliranti teorie di Joseph Nicolosi, sedicente psicologo statunitense molto attivo nel campo delle teorie riparative.
L’idea –folle – che soggiace alle terapie riparative è che l’omosessualità sia un problema, correggibile attraverso una serie di pratiche (assai poco piacevoli o scientifiche) che riportano il soggetto a comportarsi come si deve. Ovvero, in conformità genere.
I bambini lanceranno macchinine e le bambine ramazzeranno, l’ordine del cosmo verrà ripristinato e nessuna madre subirà intensi momenti di panico osservando i pargoli degli altri che indossano magliette rosa.
E si torna dunque alla ramazza-regalo, che spero ora guardiate con un po’ più sospetto rispetto dieci righe fa: la discriminazione non è un gioco, come dimostrato da questa bella iniziativa di Un altro genere di comunicazione.
Vi sfido a guardare le foto che hanno pazientemente raccolto e non pensare che sì, c’è qualcosa che non va se alle bambine viene presentato un unico modello ed ai bambini un altro, diametralmente opposto per forma intenti e contenuti.
Il problema non è la ramazza in sè e per sè, innocente oggetto atto ad evitare che la casa si riempia di formiche causa briciole, ma l’idea che solo alle bambine sia dedicata la ramazza in questione, mentre i bambini devono starne ben lontani, onde evitare d’essere tacciati come piccoli omosessuali in fasce. Gli adulti che non vorranno la casa piena di formiche causa briciole si spera possano essere ambo i sessi e senza un preciso orientamento sessuale, che le formiche poi non vanno tanto per il sottile nei loro attacchi e colonie.
Le formiche non discriminano: fare le pulizie è “un gioco” per tutti.