Galera, prigione, carcere, gattabuia, gabbio...

non sono convinto...
continuo a pensare che maschi e femmine siano diversi
anche culturalmente certo e non ci vedo niente di male in questo
non sarei per negare My little pony ai maschietti e viceversa
ma questo perché so che negare una cosa fa sorgere la voglia di provarla
con "danni evidenti" certo cercherei di indirizzare la prole verso giochi
adatti a loro sesso :D
 
non sono convinto...
continuo a pensare che maschi e femmine siano diversi
anche culturalmente certo e non ci vedo niente di male in questo
non sarei per negare My little pony ai maschietti e viceversa


My Little Pony NON va regalato a nessuno/a, con un'unica eccezione: insieme a fiammiferi e alcool, e con la supervisione genitoriale, può essere donato a scopo educativo: "Insegniamo a dar fuoco alle minkiàte". :up:
 
Il fatto è che, vedi conte, non esistono giocattoli "adatti al sesso " di un bambino o di una bambina. Esistono giocattoli adatti alla sua personalità e ai suoi gusti. Per lo meno, così dovrebbe essere.
 
Siamo citate anche qui

Bambole, gay e letterine: la discriminazione dei giocattoli - Wired

Questo mese più che mai, potreste esservi trovati nei pressi di un reparto giocattoli di un qualsiasi supermercato. Probabilmente un’ondata di rosa avrà allora invaso le vostre pupille, declinata in varie Barbie, bambolotti, giochi per imparare a fare le pulizie, puzzle zuccherini. Quelli sono i giochi per le bambine. Ora, se da tutto quel rosa volgete lo sguardo verso quelli che sono i giocattoli “per i bambini”, troverete un panorama assai diverso e confortante: giochi per fare cose, giochi per diventare qualcosa, e non solo ramazzare come la mamma (pausa: non che ci sia nulla di male nel ramazzare, ma a questo ci arriviamo dopo).



Potrebbe sembrarvi una polemica prestestuosa e inutile, che dopotutto tutte le bambine o quasi sono cresciute con una Barbie e non necessariamente ne sono venute fuori di plastica e con i fianchi stretti, e non è che tutti i bambini che hanno giocato con le costruzioni son poi diventati ingegneri. In parte è vero: non è solo quello con cui giochi che va a definire quello che sarai da lì ad una decina di anni, i fattori sono così tanti che ad enumerarli verrebbe fuori solo un trattato di pedagogia, ma è anche vero che i giochi, le nette divisioni sui giochi e suoi ruoli, la dicono lunga su come la società (e non solo la nostra, ben inteso) percepisce ma soprattutto definisce ruoli “maschili” e “femminili”.

E questa percezione diventa ancora più evidente quando i ruoli “non vengono rispettati”. Per sommi capi: se una bambina che gioca con le macchinine viene considerata nelle migliori delle ipotesi un adorabile maschiaccio che tanto prima o poi indosserà una gonna, un bambino che apprezza ed usa i giochi da bambine genera un’ampia dose di sgomento. Nove volte su dieci, lo sgomento sfocerà in “ah, quel bambino ama il rosa, diventerà gay di sicuro”. Segue risatina.

Sarah Hoffman è la madre di quel bambino: età non definita, perfettamente in salute, nessun problema di sorta, se non che non disdegna il rosa (roba da femmine) non gli dispiacciono le bambole (puah, roba da femmine) e prende lezioni di balletto (come le femmine). Il che, pur non suscitando nessun tipo di preoccupazione o ansia nella legittima madre, non manca mai di suscitare commenti e preoccupazioni da parte delle altre madri. Sara ha raccontato la storia di suo figlio e dei tanti commenti non richiesti e non graditi in uno splendido articolo su Salon, un compedio di parecchi luoghi comuni – altrui – sull’infanzia e su come dovrebbe comportarsi un bambino/bambina per non turbare i genitori i cui bambini si comportano in “maniera normale”.

Fastidi della povera Sarah a parte, che giustamente non ne può veramente più di persone varie espertissime su come dovrebbe educare suo figlio, la questione è particolarmente interessante per quel che ci riguarda perché riporta l’attenzione sulle deliranti teorie di Joseph Nicolosi, sedicente psicologo statunitense molto attivo nel campo delle teorie riparative.
L’idea –folle – che soggiace alle terapie riparative è che l’omosessualità sia un problema, correggibile attraverso una serie di pratiche (assai poco piacevoli o scientifiche) che riportano il soggetto a comportarsi come si deve. Ovvero, in conformità genere.
I bambini lanceranno macchinine e le bambine ramazzeranno, l’ordine del cosmo verrà ripristinato e nessuna madre subirà intensi momenti di panico osservando i pargoli degli altri che indossano magliette rosa.

E si torna dunque alla ramazza-regalo, che spero ora guardiate con un po’ più sospetto rispetto dieci righe fa: la discriminazione non è un gioco, come dimostrato da questa bella iniziativa di Un altro genere di comunicazione.
Vi sfido a guardare le foto che hanno pazientemente raccolto e non pensare che sì, c’è qualcosa che non va se alle bambine viene presentato un unico modello ed ai bambini un altro, diametralmente opposto per forma intenti e contenuti.
Il problema non è la ramazza in sè e per sè, innocente oggetto atto ad evitare che la casa si riempia di formiche causa briciole, ma l’idea che solo alle bambine sia dedicata la ramazza in questione, mentre i bambini devono starne ben lontani, onde evitare d’essere tacciati come piccoli omosessuali in fasce. Gli adulti che non vorranno la casa piena di formiche causa briciole si spera possano essere ambo i sessi e senza un preciso orientamento sessuale, che le formiche poi non vanno tanto per il sottile nei loro attacchi e colonie.

Le formiche non discriminano: fare le pulizie è “un gioco” per tutti.
 
e qui:)

"Per lei" o "per lui": la discriminazione di genere inizia dai giochi | Pronews.it

La discriminazione di genere comincia fin da piccolissimi, tra le corsie dei negozi di giocattoli. Nella netta distinzione tra i giochi “rosa” per le “femminucce” e quelli “blu” per i “maschietti” non si limita soltanto la creatività dei bambini, ma si alimenta il pensiero sessista che vuole assegnare ad ognuno i propri “compiti”. Dopo aver monitorato per mesi l’industria italiana per l’infanzia e aver analizzato il catalogo dei giocattoli dello scorso anno, realizzando l’inchiesta “Infanzia Made in Italy” , le blogger di “Un altro genere di comunicazione” - un blog contro il sessismo, l’omofobia e tutte le discriminazioni di genere- ha deciso di lanciare la campagna “La discriminazione non è un gioco”. Questa iniziativa- nata nel 2012 ad opera di Medusa Colectivo, un collettivo femminista cileno, con cui il blog italiano è in contatto e che ha fornito il materiale iniziale- prevede la segnalazione dei giocattoli sessisti mediante un adesivo, che può essere scaricato come immagine dal sito, stampato su carta adesiva e poi utilizzato nei vari negozi. Se si riesce, si può anche scattare una foto, che verrà pubblicata sul blog e sulla pagina Facebook: al momento ci sono circa quaranta foto da sette città italiane. E, come i giochi, anche i libri dedicati ai bambini presentano le stesse caratteristiche: nel caso specifico insistono in un lessico differente, insegnando alle bambine ad usare un modo di comunicare più “consono” al loro sesso.

“Gli aspetti della discriminazione di genere che intendiamo mettere in luce attraverso la campagna sono quattro macro aree discriminatorie, per ognuna delle quali esiste un adesivo con il compito di segnalare i giocattoli che le incarnano. Si tratta, ad esempio, di discriminazione di genere in base al cosiddetto ‘ruolo biologico’. I giochi ‘di accudimento’ o di simulazione di gioco domestico/casalingo sono tutti destinati a piccole donne: sono rosa e hanno solo bambine raffigurate sulle loro confezioni.” spiega Laura, una delle blogger. “Segnaliamo poi anche la discriminazione nelle scelte e le possibilità professionali , venduta con giocattoli diversi per maschio e femmina, insegnando ai piccoli che esistono lavori ‘da maschio’ e ‘da femmina’ ( solo i bambini fanno gli operai, solo le bambine fanno le estetiste )- continua.- ”Inoltre, troviamo nocivi anche tutti quei giocattoli che propongono a bambine, anche molto piccole, un canone estetico falsato, irreale, e per di più sessualizzato: non parliamo solo del ‘modello Barbie’, ma anche di tutti quei giochi makeup-trucco-parrucco che relegano la creatività femminile a imbellettarsi per piacere. Più in generale consideriamo, e segniamo come sessisti, tutti quei giochi di cui esista una versione femminile diversa dal maschile, falso ‘neutro’ universale. Spesso, anche quando un gioco è destinato ad entrambi i generi, esiste una sua versione femminile, che si tinge di rosa, abbassa il livello delle conoscenze richieste, cambia gli ambiti di apprendimento ( relegati spesso nel mondo dell’estetica: trucco, gioielli, vestiti ).

Una tematica che ha avuto un buon riscontro, un alto apprezzamento e anche partecipazione da parte dei lettori del blog, racconta Laura. “Le istituzioni non le abbiamo interpellate, ma in generale il nesso ‘stereotipi-violenza’ o comunque discriminazione, oggettivizzazione, svilimento delle donne non è ancora chiaro a molti, sia tra persone comuni che anche tra chi legifera in Parlamento. Molti giornali, anche quotidiani nazionali, si sono interessati alla campagna, il nostro scopo è diffonderla il più possibile, sperando attecchisca in tutta Italia.” Una rivoluzione chiesta anche in altri paesi europei e che ha già sortito alcuni effetti. ”Di campagne simili conosciamo la petizione inglese ‘Let toys be toys’ e il tentativo svedese di realizzare cataloghi gender friendly, senza differenziazioni di destinazione dei giocattoli in base al genere. Vogliamo però credere che l’azione delle Medusa e la nostra possa essere più incisiva perché non passa solo da internet, né parte da una catena multinazionale di giocattoli, ma da mediattiviste e femministe che si organizzano e fanno rete” sottolinea Laura.

La petizione “Let Toys be toys” lanciata per Regno Unito e Irlanda, ha fatto sì che la catena di giocattoli “Toys’R'Us” decidesse di eliminare la divisione dei giocattoli “per bambini” e “per bambine” dai propri negozi, realizzando inoltre un catalogo in cui i vari giochi vengono utilizzati indipendentemente dal sesso dei bambini. “Let toys be toys” ha coinvolto anche altre catene come Tesco, Sainsbury’s, Boots, Marks & Spencer, oltre a decine di piccoli negozi sparsi nel Regno Unito, e ad alcuni siti di e-commerce online. Sul sito della petizione sono riportate molte testimonianze di genitori che sottolineano come i propri figli spesso soffrissero nel doversi adeguare a ciò che le convenzioni sociali avevano già scelto per loro. Bambini che provavano vergogna nel chiedere una bambola, o ancora bambine che evitavano di giocare con “giochi da maschio” per paura di fare “qualcosa di sbagliato”: segno che la strada che si sta percorrendo è quella giusta. In Francia il libro “Contre le jouets sexistes” propone dei suggerimenti per combattere le discriminazioni proprio a partire dai giochi per l’infanzia; mentre in Australia c’è chi chiede di eliminare la discriminazione dai giocattoli dell’Happy Meal di Mc Donald’s.

Tanti piccoli passi per un cambiamento necessario e che dovrà essere reale. Una maggiore consapevolezza che ci auguriamo riesca ad imporsi su cliché e stereotipi, in modo che la discriminazione non venga più alimentata da convenzioni ed errate abitudini. “Il periodo natalizio è chiaramente il più utile a dare risalto a questa campagna, con l’assalto ai negozi che contraddistingue le feste.” spiega Laura. “Dopo Natale continueremo comunque a lavorare e a analizzare la produzione delle industrie italiane, vagliandone gli eventuali mutamenti. E per il prossimo anno sicuramente avremo qualche altra idea da mettere in pratica!”
 
Segnalo inoltre che una nostra fan a Salerno ha addirittura stampato volantini :eek:
e li ha distribuiti, attaccandoli anche abusivamente su delle affissioni di Casa Pound :-o

:clap:
 

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