Gramellescion

massimo gramellini



In Italia non esiste una destra liberale perché in Italia la destra, quando non è il peronismo senza Evita di Berlusconi, è la democrazia cristiana in salsa ciellina di Lupi. Ieri il ministro dei Trasporti Amorosi ha negato che l’ingresso surreale delle Poste nell’azionariato di Alitalia configurasse un aiuto di Stato. Formalmente ha ragione lui, ed è nel bosco dei formalismi che vivono i Lupi. Però le Poste dipendono in toto dal ministero dell’Economia, che almeno fino a ieri sera faceva ancora parte dello Stato italiano. Lupi va capito: non essendo riuscito a mettere in pista le Ferrovie (forse vagheggiava dei rivoluzionari treni con le ali), ha dovuto accontentarsi di una società che fa i soldi con i libretti dei pensionati e in materia di aviazione ha già dato prova di sé rilevando la compagnuccia aerea di Bud Spencer senza mai farne decollare i bilanci, tendenti al profondo rosso.
Alitalia doveva essere ceduta cinque anni fa, ma è stata tenuta artificialmente in vita con motivazioni da bar (la relazione, inesistente, tra flussi turistici e compagnia di bandiera) e affidata dal propagandista Berlusconi a imprenditori che, pur avendo addossato i debiti alla collettività, sono riusciti a perdere un milione e mezzo di euro al giorno. Ora lo Stato butta altro denaro nella voragine di una società priva di radar, tra gli applausi di Epifani, mentre decine di piccole aziende falliscono nel silenzio generale. Ci si rivede fra sei mesi, quando i resti di Alitalia saranno venduti ai francesi a un prezzo più che dimezzato rispetto al 2008.
 
La polemica Brunetta-Fazio, la Rai e gli stipendi
Denunce giuste e moralismi sbagliati


Decide il mercato, soldi ben spesi se il programma ha un buon ritorno pubblicitario. Calmierare i compensi è opportuno



Se c’è da calmierare i compensi, la battaglia è più che giusta
. Se c’è da promuovere una campagna di «pulizia etnica» per restituire verginità a Viale Mazzini bisognerebbe cominciare a denunciare tutte quelle persone che occupano indegnamente un posto, dirigenti compresi, tutti quei conduttori che sono stati messi lì grazie a una raccomandazione e fanno flop, tutti i «fornitori» che profittano di un intervento dall’alto. Ho più volte criticato «Che tempo che fa» ma dovessi stabilire un ordine nell’epurazione non mi sentirei certo di considerare la trasmissione una priorità.


e ... da Crozza:
ma quanto ci fa guadagnare Brunetta ? :cool: :cool: :cool:
da quanto è in politica?
di chi era conzulente ?

Di formazione socialista, Brunetta collabora in qualità di consigliere economico con i governi Craxi I, Craxi II, Amato I e Ciampi.

Dal 1983 al 1987 è responsabile, presso il Ministero del Lavoro, di tutte le strategie per l'occupazione e la politica dei redditi.



Il Governo Amato I fu il quarantanovesimo governo della Repubblica Italiana, il primo dell'XI legislatura. Rimase in carica dal 28 giugno 1992 al 28 aprile 1993, per un totale di 304 giorni, cioè 10 mesi.
Fra i provvedimenti principali per il pareggio di bilancio si ricordano una manovra finanziaria da 100.000 miliardi di lire, la più importante dal dopoguerra, e il prelievo forzoso del 6‰ dai conti correnti delle banche italiane, nella notte tra giovedì 9 e venerdì 10 luglio 1992, legittimato ex-post con decreto d'urgenza l'11 luglio[1].


Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione (2008-2011)

Nel 2008, viene nominato Ministro per la Pubblica Amministrazione e l'Innovazione nel quarto governo Berlusconi. In tale ruolo sostiene di voler maggior trasparenza nell'amministrazione pubblica e di voler combattere i cosiddetti "fannulloni". In particolare ha dichiarato, a proposito degli obiettivi che intendeva realizzare:
« Voglio più servizi, non meno. Non voglio avere questi servizi con meno budget e meno persone, voglio che, con lo stesso budget e con le stesse persone, si aumenti la produttività del 50 per cento. E cioè più scuole, più università, più salute, più cultura.[22] »


mission accomplished ?? :mumble::mumble:
 
Complicatori e Agevolatori, spesso, sono persone perbene. Complicare (o agevolare) è un mestiere, un’occupazione quotidiana, una ragion d’essere, una fonte di reddito. La complicazione è la più grande industria italiana. Ha creato decine di migliaia di posti di lavoro, nel settore pubblico e nelle professioni private; e chi li occupa non vede di buon occhio la semplificazione. Pubblicamente denuncia la probabile anarchia; privatamente, teme la propria irrilevanza.
In inglese la burocrazia si chiama red tape : e di nastro rosso l’Italia è uno dei grandi produttori mondiali. Per carità, sempre con una giustificazione, un motivo, addirittura un anelito: impedire abusi, imbrogli, ruberie.

Dietro il Durc (Documento di regolarità contributiva)
c’è la volontà di garantire la previdenza sociale, ma fatevi raccontare cosa comporta ottenerlo, soprattutto in certe parti d’Italia. Così, le norme per la sicurezza dei luoghi di lavoro sono piene di ottime intenzioni.
Ma hanno creato una serie di situazioni surreali. Mi raccontava, sere fa, un ristoratore milanese: vengono i vigili del fuoco e mi dicono che devo aprire una finestra, viene l’Asl e mi dice che devo chiudere la finestra. Tornano tutt’e due, insieme ai carabinieri: abbiamo deciso di trasformarla in una basculante.

Il Complicatore non è cattivo, ma non è sciocco. L’agevolazione è una concessione che lascia intatto il suo potere. L’assenza di formalità è, invece, il nemico. Un nemico subdolo, lodato sui giornali e nei convegni, amato dai cittadini (almeno finché la semplificazione non tocca una fonte di reddito familiare). Per fortuna i colleghi Complicatori sono dovunque: basta lasciar fare a loro. Ricordate lo Sportello unico per le nuove imprese? La proposta dev’essere stata interpretata alla lettera: sportello unico. Nel senso che ce ne dev’essere uno solo, in Italia. E nessuno ha ancora capito dov’è.
Ai giovani imprenditori di Confindustria, riuniti in congresso a Napoli, venerdì ho provato a dare incoraggiamento (e, già che c’ero, ho ricordato che i loro papà avrebbero bisogno di una robusta iniezione di coscienza). Ma non c’è dubbio: aprire e gestire un’azienda, oggi, è un atto eroico. L’entusiasmo dell’impresa - si chiama così mica per niente - è soffocato dalla frustrazione quotidiana: corteggiare il Complicatore affinché diventi un Agevolatore, e conduca fuori dalla foresta delle regole inutili.
Regole che finiscono per strangolare gli onesti. Perché i disonesti, notoriamente, se ne fregano.
 
massimo gramellini



Il risultato della spontanea, costruttiva e assolutamente non rancorosa polemica sui compensi alle star della Rai è che il comico Maurizio Crozza farà guadagnare la tv di Urbano Cairo.

Da tifoso del Toro potrei anche rallegrarmene, specie se il mio presidente utilizzerà quei fondi per acquistare un portiere meno ingessato di Padelli (ribattezzato, dopo le uscite a vuoto contro l’Inter, Quattro Salti in Padelli).




Ma da contribuente mi dispiace che un’azienda finanziata anche da me abbia rinunciato a un artista che avrebbe portato a casa degli utili. Tanto più che Crozza non sarà rimpiazzato da qualche fenomeno incompreso (l’Italia, si sa, pullula di fenomeni incompresi), bensì dalla solita e costosissima sbobba di trasmissioni insulse che per il solo fatto di non parlare di politica vengono lasciate in pace dall’ala isterica del Pdl - partito finanziato dal capo della concorrenza - e dei Cinquestelle, il cui leader è diventato legittimamente miliardario con gli ingaggi della tv di Stato.
 

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