HO FATTO IL TEST PER IL QI... TUTTO BENE, SONO NEGATIVA!

Apple ha accettato di rispettare le disposizioni della legge
sulla preinstallazione obbligatoria del software russo sui prodotti elettronici venduti in Russia:
dal 1 aprile i dispositivi, una volta attivati nella Federazione Russa, vedranno installate di base app “Made in Russia”.

Questa scelta giunge alla fine di una lunga contrattazione fra la casa di Cupertino e il Ministero degli affari digitali della Federazione Russa


Gli accordi prevedono che quando accendi per la prima volta un dispositivo Apple acquistato in Russia,
durante l’installazione, l’utente vedrà una finestra di dialogo in cui gli verrà chiesto d’installare le applicazioni
scelte in un elenco approvato dal governo che faranno parte dell’installazione di base predefinita.

Non tutte le app saranno obbligatorie, ma sarà possibile e selezionarne o deselezionarne alcune.

Tutto questo è stato confermato dalla Apple.

Inoltre dal 1 aprile, attraverso le schermate per l’attivazione di nuovi dispositivi,
agli utenti verrà offerta una scelta di applicazioni create dall’attività di sviluppatori russi
che potranno arricchire quindi installazione sul proprio iPhone o iPad
questo non dovrebbe inficiare la scelta degli utenti, ma solo dare loro la possibilità di preferire i software creati in Russia:

“Il Ministero non è affatto interessato alla posizione dominante dei programmi inclusi in l’elenco per la preinstallazione obbligatoria.
Se sul mercato compaiono offerte alternative interessanti per gli utenti e che stanno rapidamente guadagnando popolarità,
verranno incluse in questa selezione e verranno offerte anche per la preinstallazione ”

hanno affermato fonti ministeriali, facendo capire che la scelta delle App preinstallate
sarà flessibile e legata alle preferenze dei consumatori, purché le scelte siano russe.


In questo modo si agevola lo sviluppo di software house russe e di tecnologia informatica russa.


Nell’Unione Europea invece ci si lamenta dell’arretratezza nello sviluppo del settore
e si buttano via miliardi nella creazione d’improbabili “Campioni nazionali”,
che poi sopravvivono solo se sovvenzionati.



Non sarebbe meglio invece una politica di questo genere,
che obblighi chi esporta telefoni nell’unione a installare, di base, una quota di software sviluppati in Europa?
 
Più di 150 persone sono state arrestate durante il fine settimana delle vacanze di primavera a Miami, il tradizionale “Spring Break”,
che vede gli studenti universitari invadere le località di mare: Il tutto per aver ignorato le misure anti covid della città, ancora in vigore.


Miami Beach Police fire pepper balls to disperse crowd at 7th St and Ocean Drive about 7:45 pm. Crime scene set up there now, says resident Kevin Green, who took video & shared w/ @MiamiHerald. Green says appears cops responded to separate incident and then took issue with crowd. pic.twitter.com/ykTsgJrw2y

— Martin Vassolo (@martindvassolo) March 13, 2021




Oltre 120 degli arrestati sono stati catturati solo venerdì, secondo il Daily Mail,
che ha osservato che la polizia ha sequestrato pistole, droghe e denaro
in mezzo a violenti scontri venerdì sera che hanno richiesto l’implementazione di misure di controllo della folla, compreso l’utilizzo di spray urticante.


Rough Spring Break Friday night on #MiamiBeach. This just happened at 8th & Ocean Dr. It appears to show a bodyslam takedown as police try to control a crowd. Witnesses who sent me this video say cops were forced to deploy pepper spray which caused a stampede. @wsvn #Exclusive pic.twitter.com/s8gS3Silxe

— Sheldon Fox-7 News (@fox_sheldon) March 13, 2021




Sabato le cose si sono calmate con appena 30 arresti effettuati.

In totale, 42 persone sono state accusate di crimini durante il fine settimana.

Negli arresti sono stati sequestrati cocaina crack, crystal meth, marijuana e denaro contante, oltre a pistole, passamontagna e cartucce.


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Due agenti sono rimasti feriti e sono stati trasportati in ospedale durante i disordini.

“La folla ha finito per accendersi contro quegli ufficiali”, ha detto Ernesto Rodriguez della polizia di Miami Beach in una dichiarazione a Local10.


About last night Dancing on a police car. @MiamiBeachNews crazy! #MiamiBeach #Southbeach #miami pic.twitter.com/zOH3IIhcFz

— UrbanYap (@UrbanYap) March 13, 2021


Il sindaco di Miami Beach Dan Gelber ha risposto alla situazione, dicendo
“Stiamo assistendo a troppe presenze per le vacanze di primavera”, aggiungendo
“Abbiamo un problema con troppe persone che vengono qui a scatenarsi.”


Matthew Wellington, direttore delle campagne di sanità pubblica
per un gruppo di ricerca sull’interesse pubblico degli Stati Uniti ha dichiarato all’Orlando Sentinel:

“C’è sicuramente una preoccupazione per le vacanze primaverili,
che le persone che stanno viaggiando in Florida possano portare a casa qualcosa di più
del semplice bicchiere di souvenir quest’anno”

.”Sappiamo che questo virus prospera sulle persone che viaggiano”, ha aggiunto.


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Detto ciò, però i contagi in Florida stanno seguendo questa curva…


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Nei prossimi giorni vedremo se ci sarà un boom di contagi oppure no…
 
Il fido bancario è una forma di credito rilasciato dalla banca al correntista
per un determinato periodo di tempo prestabilito contrattualmente.

Talvolta, può accadere che la Banca di riferimento, di fronte ad una motivazione legittima,
decida di interrompere la concessione della linea di credito al proprio cliente e di effettuare,
quindi, una revoca del fido bancario.


Secondo l’articolo 1845 del Codice civile, la Banca, qualora si trovi davanti a validi motivi quale insolvenza e inaffidabilità,
può decidere in qualsiasi momento di sospendere la concessione del fido bancario.


La revoca del fido bancario comporta delle conseguenze per il cliente e, in alcune situazioni, può diventare illegittima.

In questi casi, è molto importante che il cliente sappia difendersi
e sappia sfruttare determinati strumenti durante una trattativa con il proprio istituto di credito.


Se una banca interrompe immediatamente e senza preavviso l’affidamento bancario,
ci si trova davanti ad una revoca illegittima ed è possibile affidarsi a professionisti
che aiutino il cliente a comprendere come funziona la revoca del fido bancario.


Qualsiasi istituto di credito, per eseguire correttamente la revoca del fido bancario deve rispettare i seguenti termini:


  • Se il contratto con il cliente è a tempo determinato,
  • la banca non può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se non per giusta causa.
  • Quest’ultima deve essere esplicitamente comunicata da volontà di recesso,
  • in forma scritta e con specifiche motivazioni, e deve rispettare un termine non inferiore a 15 giorni
  • in cui la cifra utilizzata deve essere restituita, come specificato dall’articolo 1845 del c.c.

  • Se l’apertura di un credito o fido bancario è a tempo indeterminato,
  • il fido deve essere rivalutato annualmente con la possibilità di essere aumentato, diminuito o revocato,
  • e ciascuna delle due parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito durante la contrattazione,
  • che può variare da 1 a 15 giorni.

Il recesso improvviso e arbitrario è illegittimo perché viola i principi di correttezza e buona fede
specificati negli articoli 1175 e 1375 del codice civile.

Per questo motivo, durante la stipula di un fido bancario è importante leggere il contratto
ed evitare di andare incontro a clausole che consentono all’istituto di recedere dal rapporto bancario in qualsiasi momento
e di richiedere il rientro immediato della somma di denaro.


In una situazione di revoca del fido bancario, è importante che il cliente si affidi a degli analisti esperti
in grado di verificare se nei contratti stipulati con la banca manchino delle valide ragioni di recesso.

Gli analisti valutano anche il comportamento della banca e l’eventuale violazione dei doveri di correttezza e diligenza.


Se il provvedimento di revoca del fido bancario non è ingiustificato,
il cliente può affidarsi a dei legali capaci di negoziare un secondo accordo con l’istituto di credito,
così da giungere ad una proposta adeguata di un piano di rientro soddisfacente sia per il cliente, sia per la banca.


Quando si assiste ad una revoca del fido bancario, il cliente va incontro a degli effetti causati dalla mancata restituzione delle somme di denaro, che possono essere:

  • La segnalazione a sofferenza alla Centrale Rischi interbancaria, che rende impossibile accedere al credito presso altri istituti, quindi il cliente non potrà richiedere finanziamenti;

  • Un decreto ingiuntivo da parte dell’istituto di credito per recuperare le somme affidate;

  • Un precetto e pignoramento su beni mobiliari ed immobiliari;

  • Nei casi più problematici, il cliente può rischiare il fallimento dell’azienda;

  • Revoca di altre linee di credito o mutui già concesse da altri istituti di credito.
 
La leggerezza di una mano femminile che sa sfiorare senza strappare.
La precisione di un calcolo capace di tenere assieme le leggi della fisica, le condizioni atmosferiche e un pizzico di intuito.
La capacità di svuotare la mente, dimenticare tutto - soprattutto la pietà - e farsi tutt'uno col bersaglio per anticiparne le mosse con un tiro in deflessione.

Questo e molto di più è stata Ljudmila Pavlichenko per 309 volte.
Le 309 volte in cui un suo proiettile ha colpito un nemico a più di 800 metri al secondo,
a distanze impressionanti, oppure da angolazioni incredibili, dopo che lei era stata nascosta per ore nella neve e nel fango.

Questo e molto di più si trova nell'autobiografia che Ljudmila Pavlichenko (1916-1974) scrisse con penna discreta,
era laureata in storia e poliglotta, e che ora viene tradotta in italiano per i tipi di Odoya e con il titolo La cecchina dell'Armata rossa (pagg. 316, euro 22).

Ljudmila che dopo il Secondo conflitto mondiale divenne maggiore
e, dal 1945 al 1953, fu assistente ricercatore del Quartier generale della Marina Sovietica,
descrive nel dettaglio le battaglie per Odessa e Sebastopoli che contrapposero le truppe sovietiche
alle molto meglio organizzate armate dell'Asse sul fronte Sud durante le prime e trionfali, per la Germania, fasi dell'operazione Barbarossa.

Ma che senso può avere per chi non sia un cultore di cose militari leggere le pagine di Ljudmila?

Moltissimo se le si legge in filigrana.

Perché sono lo specchio di un'epoca tremenda in cui la natura profonda degli esseri umani
veniva denudata, dalla ferocia del fronte, sino alla sua essenza.

Quelli di Ljudmila non sono i diari di un grande scrittore come Ernst Jünger,
ma si respira, dall'altra sponda del fronte, la stessa attitudine ad attraversare le tempeste d'acciaio.

Ljudmila in trincea si sposò e vide il marito, tenente, dilaniato dalle granate.

Ljudmila si ritagliò uno spazio di rispetto in un ambiente prettamente maschile.

Divenne «la lince», la strega, la fattucchiera che i tedeschi non potevano uccidere.
Però la ferirono più volte e, alla fine, la propaganda sovietica decise di portarla via dalla prima linea,
serviva da viva, trasformata in icona, da esporre con ben visibile sul petto la medaglia dell'ordine di Lenin.

Iniziò così la seconda vita della «compagna cecchino» che venne anche spedita negli Stati Uniti a fare propaganda.

Attività che la schietta Ljudmila odiava.

Dall'autobiografia si intuisce e non solo perché, nonostante la retorica,
inevitabile e prudenziale in Urss se non si voleva finire in un gulag,
che alle volte le sfuggano dei commenti molti sinceri verso le bugie dello stalinismo.

Ma anche tante piccole frasi, quasi nascoste per pudore.
«Non guardavo mai il volto di chi avevo ucciso... Feci dei tremendi incubi...
Mi svegliai in stato di choc... Chiesi altra valeriana... Il terrore nelle buche».
 
Chris Kyle è stato il migliore cecchino della storia militare degli Stati Uniti:
prese parte a quattro diverse fasi della guerra in Iraq,
sopravvivendo a diversi attacchi nemici e vedendo morire molti suoi compagni.

Quando tornò a casa soffrì di disturbo post-traumatico da stress (PTSD),
una patologia che colpisce molti veterani di guerra: riuscì a uscirne, e nel 2012 raccontò tutta la sua storia in un’autobiografia (American Sniper)
che ha venduto più di un milione di copie e sarà il soggetto di un film di Steven Spielberg.

Un altro ex militare impiegato in Iraq, Eddie Ray Routh, soffrì degli stessi disturbi di Kyle ma non riuscì a superarli.
Le loro due storie si incrociarono il 2 febbraio scorso: le ha raccontate in un lungo articolo sul settimanale New Yorker Nicholas Schmidle.


Durante la guerra in Iraq Chris Kyle era arruolato nel Team 3 dei Navy SEAL.

Per i combattenti iracheni Chris Kyle era uno dei nemici più temuti e odiati:
lo chiamavano al-Shaitan Ramadi (“il diavolo di Ramadi”), dal nome della città – poco distante da Baghdad –
dove Kyle trascorse gran parte della sua permanenza in Iraq.

Nel corso delle diverse campagne militari a cui prese parte, Kyle uccise in totale 160 nemici,
e oggi viene riconosciuto come il migliore cecchino della storia degli Stati Uniti.

I ribelli iracheni misero su di lui una taglia di 80 mila dollari.


Il primo bersaglio centrato da Kyle in guerra fu una donna che avanzava verso uno degli avamposti a Nasiriyya, a marzo del 2003,
tenendo un bambino per mano e una granata nell’altra mano.

A una giornalista del Time che nel 2012 gli chiese se si fosse mai pentito anche di uno soltanto dei suoi 160 colpi mortali,
Kyle rispose di no, che ha sempre sparato per difendere i suoi compagni da un pericolo.


I colleghi di Kyle ricordano spesso uno dei suoi centri tecnicamente più difficili,
quando uccise da una distanza di quasi due chilometri un nemico che imbracciava un lanciarazzi.

Un’altra volta uccise con un solo proiettile due ribelli che andavano sullo stesso motorino.

Sul casco e sul giubbotto di tutti i soldati del plotone di Kyle era disegnato lo stemma del Punitore
(l’eroe-giustiziere Marvel che uccide i criminali senza rispettare nessuna legge).

Kyle aveva ulteriormente personalizzato la sua divisa: aveva tagliato via le maniche della maglietta
in modo da mostrare la croce rossa da cavaliere templare tatuata sul suo braccio
(«perché tutti sappiano che sono un cristiano», ha scritto nella sua autobiografia).
 
Una scorsa rapida agli attualmente positivi rispetto alla popolazione residente in alcune regioni:

CAMPANIA: 1,691

EMILIA ROMAGNA: 1,547

PUGLIA: 0,973

LOMBARDIA: 0,958

SARDEGNA: 0,781

BASILICATA: 0,755

LAZIO: 0,753

VENETO: 0,728

PIEMONTE: 0,707

TOSCANA: 0,667
 
Un canale che sicuramente non è Pro Vax fa parlare lo statistico prof. Maurotti,
che insegna questa materia in ambito universitario.

Ecco cosa ne risulta :

“Bisogna prima definire se esistono nessi di causalità tra gli eventi avversi e il vaccino.
In fase di sperimentazione, per il caso del #Johnson&Johnson ma vale su tutti gli altri vaccini,
abbiamo osservato una proporzione di 30 casi ogni 60.000 persone di eventi avversi.
30 su 60.000.
Ma non nella popolazione vaccinata, ma nella parte di campione
a cui era stata somministrata la soluzione fisiologica, quindi il campione di controllo.
Che vuol dire?
Che nella popolazione, nella vita di tutti i giorni, questi eventi avversi accadono”.


Quindi sono eventi avversi, cioè cosa brutte, per essere chiari, posso succede a tutti.

Nel test ci sono stati 30 eventi avversi (morti) su 60 mila persone inoculate.


Ora in Italia i vaccini hanno mostrato 30 eventi avversi su 5 milioni.


Quindi bisogna pensare, ed agire, con freddezza, non farsi portare dalla Merkel, la comandante d’Europa.

Perfino a Radio Radio lo statistico dice che il vaccino è sicuro.

Però ognuno deve essere libero di scegliere.

 

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