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Forumer storico
Parmalat, arriva il manager dei fondi
L'insoddisfazione dei fondi sulla gestione industriale non è nuova. Dal loro punto di vista il gruppo Parmalat potrebbe dare di più. Ma ora i fondi azionisti hanno veramente deciso di farsi sentire. È così che, forse persuaso dalla moral suasion del mercato o forse per anticipare le mosse degli investitori, l'amministratore delegato Enrico Bondi – secondo quanto risulta al Sole 24 Ore – ha deciso di rinnovare il vertice del gruppo con un nuovo direttore generale «esperto». La selezione è stata fatta e la scelta dovrebbe essere caduta, in linea proprio con i desiderata dei fondi, su un manager di lungo corso del settore alimentare. Il nome è top secret, ma appare evidente che la scelta debba ricadere su un dirigente o ex di gruppi concorrenti. Parmalat, contattata, non ha smentito: ha risposto «no comment». E i fondi azionisti – tra gli altri il canadese Mackenzie Cundill e l'americano Fir Tree – non hanno risposto alla chiamata. Ma questo silenzio, in fondo, conferma che la partita sta per iniziare: Bondi da un lato, fondi dall'altro.
Il gruppo Parmalat in realtà è sotto i riflettori da mesi. La scorsa estate mise a segno un poderoso rally in Borsa, proprio trainato dalle voci – poi smentite dai fatti – di possibili imminenti offerte pubbliche d'acquisto. Poi la speculazione si è spenta, anche perché l'attenzione dei mercati si è spostata sul crack Lehman e sul conseguente crollo delle Borse. Per Parmalat il giorno nero è stato il 20 ottobre, quando ha subìto una sconfitta giudiziaria negli Stati Uniti: la Corte del New Jersey ha infatti respinto la maxi-causa di risarcimento danni avviata contro Citigroup e ha condannato il gruppo alimentare a risarcire alla banca americana 364 milioni di dollari. Bondi ha prontamente annunciato ricorso, ma il titolo il giorno dopo ha perso in Borsa quasi il 20%. È in questo momento, quindi, che i fondi azionisti hanno deciso di muoversi: ormai hanno capito che la "fonte" delle cause legali è quasi esaurita e che la gestione industriale della Parmalat deve diventare la priorità. Nel mondo degli hedge fund si dice addirittura che presto potrebbero spedire una lettera al vertice della Parmalat per contestare la gestione industriale.
Le voci che circolano tra gli hedge fund indicano in Mackenzie Cundill il più attivo in questa partita. Con sede a Vancouver, in Canada, il fondo è entrato nell'azionariato della Parmalat di recente: a settembre comparì nei tabulati della Consob con il 2,348%, portando poi la partecipazione al 5,65% il 21 ottobre e al 7,565% il 18 novembre. Oggi, dunque, è il primo azionista del gruppo di Collecchio. E forse è per questo che ha più di tutti il dente avvelenato. Al secondo posto (con una quota del 2,28%) c'è l'hedge fund newyorkese Fir Tree e al terzo (con il 2,013%) Goldman Sachs Asset Management. Ma tanti sono i fondi con quote non visibili nel sito della Consob, perché sotto il 2%. Mettendosi eventualmente insieme, dunque, potrebbero far sentire la loro voce con forza. È vero che lo statuto della Parmalat è "blindato", ma ugualmente potrebbero rendere la vita del top management più difficile. Probabilmente è per questo che Bondi ha iniziato la ricerca di un nuovo direttore generale. Un uomo del settore alimentare. Un uomo di lunga esperienza. Un uomo che possa, almeno in parte, calmare l'insoddisfazione dei fondi.
da www.ilsole24ore.com
L'insoddisfazione dei fondi sulla gestione industriale non è nuova. Dal loro punto di vista il gruppo Parmalat potrebbe dare di più. Ma ora i fondi azionisti hanno veramente deciso di farsi sentire. È così che, forse persuaso dalla moral suasion del mercato o forse per anticipare le mosse degli investitori, l'amministratore delegato Enrico Bondi – secondo quanto risulta al Sole 24 Ore – ha deciso di rinnovare il vertice del gruppo con un nuovo direttore generale «esperto». La selezione è stata fatta e la scelta dovrebbe essere caduta, in linea proprio con i desiderata dei fondi, su un manager di lungo corso del settore alimentare. Il nome è top secret, ma appare evidente che la scelta debba ricadere su un dirigente o ex di gruppi concorrenti. Parmalat, contattata, non ha smentito: ha risposto «no comment». E i fondi azionisti – tra gli altri il canadese Mackenzie Cundill e l'americano Fir Tree – non hanno risposto alla chiamata. Ma questo silenzio, in fondo, conferma che la partita sta per iniziare: Bondi da un lato, fondi dall'altro.
Il gruppo Parmalat in realtà è sotto i riflettori da mesi. La scorsa estate mise a segno un poderoso rally in Borsa, proprio trainato dalle voci – poi smentite dai fatti – di possibili imminenti offerte pubbliche d'acquisto. Poi la speculazione si è spenta, anche perché l'attenzione dei mercati si è spostata sul crack Lehman e sul conseguente crollo delle Borse. Per Parmalat il giorno nero è stato il 20 ottobre, quando ha subìto una sconfitta giudiziaria negli Stati Uniti: la Corte del New Jersey ha infatti respinto la maxi-causa di risarcimento danni avviata contro Citigroup e ha condannato il gruppo alimentare a risarcire alla banca americana 364 milioni di dollari. Bondi ha prontamente annunciato ricorso, ma il titolo il giorno dopo ha perso in Borsa quasi il 20%. È in questo momento, quindi, che i fondi azionisti hanno deciso di muoversi: ormai hanno capito che la "fonte" delle cause legali è quasi esaurita e che la gestione industriale della Parmalat deve diventare la priorità. Nel mondo degli hedge fund si dice addirittura che presto potrebbero spedire una lettera al vertice della Parmalat per contestare la gestione industriale.
Le voci che circolano tra gli hedge fund indicano in Mackenzie Cundill il più attivo in questa partita. Con sede a Vancouver, in Canada, il fondo è entrato nell'azionariato della Parmalat di recente: a settembre comparì nei tabulati della Consob con il 2,348%, portando poi la partecipazione al 5,65% il 21 ottobre e al 7,565% il 18 novembre. Oggi, dunque, è il primo azionista del gruppo di Collecchio. E forse è per questo che ha più di tutti il dente avvelenato. Al secondo posto (con una quota del 2,28%) c'è l'hedge fund newyorkese Fir Tree e al terzo (con il 2,013%) Goldman Sachs Asset Management. Ma tanti sono i fondi con quote non visibili nel sito della Consob, perché sotto il 2%. Mettendosi eventualmente insieme, dunque, potrebbero far sentire la loro voce con forza. È vero che lo statuto della Parmalat è "blindato", ma ugualmente potrebbero rendere la vita del top management più difficile. Probabilmente è per questo che Bondi ha iniziato la ricerca di un nuovo direttore generale. Un uomo del settore alimentare. Un uomo di lunga esperienza. Un uomo che possa, almeno in parte, calmare l'insoddisfazione dei fondi.
da www.ilsole24ore.com