Parmalat (PLT) Parmalat (a) III cosa sarà da grande ? (1 Viewer)

zoccoloduroPa

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Buongiorno a tutti, in borsa non si fanno soldi facili, anzi la maggiorparte delle volte si ci lasciano le penne:wall:
Io credo sull'azienda Parmalat, adesso sto rischiando di non guadagnarci il 35% gia' portato a casa, ma non credo di rimetterci dei soldi, opa non opa sotto 1,90 non ci va
 

zoccoloduroPa

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Lactalis alle corde: al board l'Opa o l'addio a Parmalat


MILANO
Lactalis è giunta al bivio su Parmalat: prendere o lasciare. Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, il colosso alimentare francese ha infatti avviato una serie di riunioni-chiave a Parigi per decidere la mossa finale nella sempre più intricata battaglia sul controllo di Collecchio. Ufficialmente Lactalis, arrivato a detenere il 29% del più grande gruppo lattiero italiano scatenando la reazione del mondo politico, dice solo di volersi tenere aperta «tutte le opzioni», ma in realtà i vertici della società francese hanno capito che le opzioni disponibili si stanno riducendo a zero: con il Governo italiano che ha inserito la Parmalat nella lista delle aziende strategiche non cedibili a gruppi stranieri, l'assemblea rinviata di due mesi, il presidente della Consob che delinea nuovi poteri per imporre un'Opa anche sotto la soglia del 30%, l'Agenzia delle entrate che indaga e con la prospettiva di dover affrontare persino una cordata italiana concorrente creata ad hoc, le possibilità di portare a termine con successo la scalata al gruppo italiano stanno gradualmente evaporando.
Non solo. Lactalis, che contava su un aiuto dell'Eliseo per fermare il contrattacco del governo italiano, è stata chiaramente abbandonata dalla politica francese: Sarkozy (si veda l'articolo in pagina) non vuole rischiare con il caso Parmalat una nuova crisi diplomatica con l'Italia. Che fare, dunque? Sfidare da sola il Governo italiano lanciando una clamorosa Opa "anti-italiana" che tra l'altro sarebbe anche estremamente costosa? Oppure impelagarsi per mesi - e forse per anni - in dispendiose battaglie legali contro gli amministratori della Parmalat solo per aver rinviato un'assemblea? Oppure avviare una trattativa con il Governo, con l'eventuale cordata tricolore, per uscire con onore dalla partita, vendendo il pacchetto, senza perdere la faccia (e il conto economico)? Le bocche sono cucite anche perché quel 29% in mano impone responsabilità per evitare contraccolpi sulle azioni, già pagate a caro prezzo, ma di questo si sta discutendo in casa Lactalis, per arrivare, forse già in settimana, a una soluzione.
Il peso del Governo italiano, declinato in varie forme nell'ultima settimana, ha dunque aperto crepe nel finora granitico muro di Lactalis. L'inserimento di Parmalat nella lista delle aziende strategiche per il Paese è stato un messaggio chiaro di Palazzo Chigi: Lactalis non pensi di poter conquistare la società. La richiesta di Consob, come anticipato dal presidente Giuseppe Vegas nell'intervista al Sole 24 Ore, di maggiori poteri discrezionali è un altro macigno per il pretendente d'Oltralpe.
Lactalis potrebbe forzare la mano, con un'Opa sulla Parmalat. L'esito più logico al blitz del mese scorso, ma significherebbe andare a uno scontro frontale con il Governo italiano. A Piazza Affari hanno letto il coinvolgimento di Deutsche Bank nel pool di banche che assiste Lactalis (tra le quali c'è anche storicamente Mediobanca che però in questa circostanza non avrebbe preso posizione) come una conferma indiretta di questa ipotesi: la banca tedesca, in Italia guidata da Flavio Valeri, è specializzata in mega-acquisizioni e Opa. Ma nessun'azienda, per quanto grande, può pensare di mettersi contro un intero Paese. I francesi potrebbero vagliare di ricorrere alle vie legali contro il management (ieri l'ad Enrico Bondi ha visto Tremonti), ed è la seconda possibilità, ma pare troppo laboriosa. Oppure, ed è l'extrema ratio, un ripensamento dell'intera operazione. I francesi hanno finora messo sul piatto una cifra enorme, 1,5 miliardi di euro, arrivando a pagare 2,8 euro ad azione il pacchetto Parmalat in mano ai fondi (mentre oggi i titoli quotano 2,3 euro). Ma quanto può permettersi di stare sulla graticola un'azienda che ha immobilizzato una grossa fetta di capitale col rischio di stallo? I precedenti, tra l'altro, non giocano a favore: torna alla mente il caso Abertis. Quando gli spagnoli tentarono di prendersi Autostrade senza il consenso del Governo (all'epoca a Palazzo Chigi c'era Romano Prodi), si trovarono un fuoco di sbarramento tale che furono costretti a fare marcia indietro. Memori forse anche di quel flop, i francesi sarebbero anche pronti a trattare, magari ipotizzando una vendita di tutto il 29% al fondo Anti-scalate della Cdp.
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salcatal

Come i Panda
Ecco l'ipotesi Opa totalitaria Lactalis e' l'ipotesi più probabile e come detto l'unico motivo per cui non l'hanno fatta e' stato il no del sistema.

Facciamo due conti.

Investendo 3,5 miliardi si trovano in mano 500 milioni di flussi aggiuntivi, praticamente chiavi in mano.

Che potrebbero solo crescere con l'integrazione completa delle attività.

E badate che 3,5 miliardi e' calcolato a 2,8 per azione.

Ma la Lactalis l'Opa l'avrebbe lanciata, a suo tempo, se avesse avuto il placet, al massimo a 2,5.
 
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salcatal

Come i Panda
Ho letto l'intervista al Presidente di Granarolo su La Stampa.

Dice che stanno aspettando una deroga dell'antitrust per lanciare l'operazione.

Che una legge dello Stato ha azzerato i debiti di Tanzi (il che la dice lunga sullo spessore sogliolesco del personaggio).

Che loro sono meglio di Lactalis perché comprerebbero latte italiano.

Ora io vorrei dire solo una cosa a cotanto personaggio di bassa lega.

Andando contronatura nascono i mostri.

E la pecora, per di più ammalata, che vuole mangiare il lupo significa andare contro natura.
 
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salcatal

Come i Panda
Allora vediamo il sistema che si sta mettendo in piedi delineato da Onado:

1) Le fondazioni bancarie sono azioniste della Cdp;

2) le banche faranno gli aumenti di capitale;

3) si ipotizza che alcune fondazioni dovranno indebitarsi per fare l'aumento di capitale;

4) le banche finanzierebbero le fondazioni per consentire loro di acquistare azioni di altre banche;

5) una quota rilevante di azioni dell'aumento di capitale verrebbe assorbita dalla Cdp che ha già il 149% del patrimonio netto assorbito da investimenti azionari.

Tutto questo in uno scenario di sistema, da leggere come 'scambio incrociato di favori'.

A buon rendere.

Mamma mia.

Dovrò riscrivere l'articolo sulla Cdp.
 
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zoccoloduroPa

Forumer attivo
Parmalat, interviene Bruxelles: «Chiarite le norme anti-Opa»


Bruxelles accende un faro su Parmalat: i servizi del commissario Ue al mercato interno, Michel Barnier, hanno chiesto alle autorità italiane «informazioni» sulle norme già varate e su quelle in cantiere che hanno come obiettivo quello di fermare le scalate di gruppi stranieri in settori considerati di interesse strategico, come è appunto il tentativo della francese Lactalis di conquistare il controllo del gruppo di Collecchio. Tuttavia «nessun fascicolo formale è stato ancora aperto», ha detto la portavoce del commissario.
«Siamo in stretto contatto con le autorità italiane - ha affermato - anche se per il momento non sono in programma altri incontri tecnici». Incontri svoltisi negli ultimi giorni e che hanno coinvolto anche i servizi dell’Antitrust della Ue, guidato dal commissario alla Concorrenza, Joaquin Almunia. Lo scopo di tali riunioni è stato quello di capire ciò il governo italiano può fare e ciò che non può fare, pena la violazione delle regole europee.
Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, infatti, ha sempre affermato di volersi ispirare alla legislazione francese, le cui norme anti-Opa, però, non hanno ancora ricevuto il via libera definitivo da Bruxelles. E lo stesso Barnier, intervistato dall’agenzia </B>Radiocor</B>, ha ricordato che «qualche anno fu la Francia ad agitare la bandiera del patriottismo nazionale», riferendosi al tentativo di acquisizione della Danone da parte di Pepsi-Cola nel 2005: una vicenda che l’ha visto coinvolto in prima persona. «Allora io ero ministro del governo francese ed espressi questa convinzione: il livello del patriottismo economico si misura a livello europeo, non Paese per Paese se guardo il mondo così com’è veramente». In ogni caso, il commissario ha detto di non aver ancora incontrato Emmanuel Besnier,il presidente di Lactalis, che intanto ha presentato richiesta al Tribunale di Parma per sospendere la delibera del cda di Parmalat di venerdì scorso sul rinvio dell’assemblea a fine giugno.
A Piazza Affari, ieri Parmalat ha sofferto per l’ipotesi, ventilata da indiscrezioni di stampa, di una possibile ritirata dalla battaglia per il controllo di Collecchio - proprio a causa della dura posizione assunta dal governo italiano - da parte dei francesi, che attualmente detengono il 29% circa del gruppo alimentare: il titolo Parmalat ha perso il 2,45% a 2,31 euro.
 

dariomilano

novellino
Eccezionale articolo di Onado sul Sole.

Più soldi in cassa, ma non di Stato.

Che conferma la mia tesi.

Parmalat un pretesto.

Se qualcuno lo può postare.


UN FORTE SEGNALE
di Marco Onado

Il maxiaumento di capitale deciso da Intesa è un segnale forte, ma apre anche scenari da valutare. È bene che la ricapitalizzazione prenda l'avvio, perché su questo tema troppe banche avevano finora adottato la tecnica dei mariti infedeli: negare tutto, anche contro l'evidenza.
In questo caso, escludendo la necessità di aumenti di capitale, dato che le banche italiane erano state colpite meno duramente delle altre dalla crisi. Il che è indubbiamente vero, ma stende un velo fin troppo pietoso sul fatto che i pur blandi stress test di luglio scorso avevano messo le banche italiane (e, si badi, Banca Intesa e UniCredit meno delle altre) in una zona non troppo lontana da quella critica.
È un bene per le banche, ma prima di tutto per l'economia italiana perché la crisi finanziaria non ha esaurito i suoi effetti negativi; anzi, in tutta Europa è sempre più forte il rischio che un sistema bancario senza capitale sia costretto a chiudere drasticamente i rubinetti del credito. È uno scenario descritto negli anni 30 da Irving Fisher (la cosiddetta "deflazione da debiti") e che senza risalire tanto lontano, abbiamo visto recentemente in Paesi sviluppati: la Scandinavia all'inizio degli anni 90 e il Giappone per oltre un decennio. E in entrambi i casi il principale problema era un sistema bancario troppo povero di capitale e troppo intento a leccarsi le ferite della precedente bolla speculativa per preoccuparsi del sistema produttivo.

Prima però di affermare che sugli schermi italiani si sta proiettando la prima sequenza di un "happy end" degno dei film di Frank Capra, bisogna fare almeno due considerazioni, una sullo scenario interno e l'altra su quello internazionale. Il problema tutto italiano riguarda chi sottoscriverà le azioni di nuova emissione. Le fondazioni hanno già dichiarato di far la loro parte, ma Intesa Sanpaolo ha ben il 57% del capitale votante sul mercato, cui vanno aggiunte le quote dei soci che non sottoscriveranno l'aumento, cioè almeno un altro 10 per cento. È dunque molto probabile che una quota rilevante di azioni verrà sottoscritta dalla Cassa depositi e prestiti cui, con mirabile e non casuale tempismo, è stato consentito d'investire in "aziende strategiche".
In una situazione d'emergenza come quella attuale, non ci si deve meravigliare che si debba ricorrere a capitali pubblici. Ma le modalità con cui ciò avviene destano gravi interrogativi. L'assetto proprietario delle grandi banche italiane è già dominato da fondazioni che hanno avuto grandi meriti, ma che non possono essere considerate come investitori istituzionali perché hanno una governance autoreferenziale e troppo vicina al potere politico locale. L'intervento della Cassa, in cui è forte il peso delle fondazioni, rischia di affidare il controllo delle principali banche a una ragnatela di relazioni, sotto la regia di un ministero dell'Economia che diventerebbe il vero centro di gravità del sistema finanziario italiano.
L'intreccio risulterebbe ancora più complesso e inquietante se le fondazioni s'indebitassero (come qualcuno già ipotizza) per acquistare le azioni di nuova emissione, in un gioco degli specchi da far girare la testa: le banche finanzierebbero le fondazioni per consentire loro di acquistare azioni di altre banche. Non c'è da stupirsi più che tanto: molto spesso da noi si scrive "operazione di sistema" e si legge "scambio incrociato di favori". A buon rendere, s'intende.
Il secondo problema fondamentale è quello internazionale, perché su tutte le banche europee pende la spada di Damocle del debito di Grecia, Portogallo e Irlanda. Varie ricerche dimostrano che quanto più peggiorano le prospettive dei Paesi periferici, tanto più aumenta il costo della raccolta delle banche sul mercato e ciò pregiudica i conti economici del futuro, dunque la remunerazione dei capitali da raccogliere. È questo il meccanismo di trasmissione fra la traballante situazione del debito sovrano e la non meno incerta situazione delle banche europee.
Del resto, se Grecia e Portogallo pagano sul proprio debito spread superiori ai 700-800 punti base, è evidente che anche le banche di quei Paesi rinnovano il loro debito in scadenza a condizioni che rendono impossibile l'equilibrio economico futuro. Ma anche i Paesi meno esposti, a cominciare dall'Italia, pagano spread compresi fra 50 e 100 punti base che intaccano la redditività futura. Questo differenziale non sarà colmato solo per effetto degli aumenti di capitale annunciati, per quanto cospicui.
Quando su giornali autorevoli come Der Spiegel o Financial Times (edizione tedesca, quando si dice la combinazione) si parla apertamente di ristrutturazione del debito greco, è evidente che gli annunci di Bruxelles sulla politica europea di sostegno ai Paesi periferici non sono più credibili. È giunto il momento di prendere il toro per le corna e valutare realisticamente quali sono le prospettive di rientro del debito dei Paesi traballanti e quindi qual è il valore del debito sovrano in circolazione e quali le perdite che derivano per le banche europee, in particolare le più esposte come quelle inglesi, spagnole e tedesche.
Senza questo, il mercato continuerà a far pagare molto cara la propria incertezza non solo ai Paesi emittenti ma anche alle banche creditrici, senza distinguere adeguatamente fra quelle più esposte e quelle meno, penalizzando così le seconde, fra cui ci sono proprio le banche italiane. L'incertezza domina ancora i mercati e in mancanza di una chiara presa di posizione politica a livello europeo, sia gli aumenti di capitale sia gli stress test di giugno si riveleranno per quello che realmente sono: condizioni necessarie, sì, ma non sufficienti.
 

sulpicio

Nuovo forumer
Ecco l'ipotesi Opa totalitaria Lactalis e' l'ipotesi più probabile e come detto l'unico motivo per cui non l'hanno fatta e' stato il no del sistema.

Facciamo due conti.

Investendo 3,5 miliardi si trovano in mano 500 milioni di flussi aggiuntivi, praticamente chiavi in mano.

Che potrebbero solo crescere con l'integrazione completa delle attività.

E badate che 3,5 miliardi e' calcolato a 2,8 per azione.

Ma la Lactalis l'Opa l'avrebbe lanciata, a suo tempo, se avesse avuto il placet, al massimo a 2,5.


Confermi che l'ipotesi Opa Lactalis è la più probabile secondo te? Io sinceramente ormai capisco gran poco; su che basi lo affermi? Un saluto a tutti...:)
 

salcatal

Come i Panda
Confermi che l'ipotesi Opa Lactalis è la più probabile secondo te? Io sinceramente ormai capisco gran poco; su che basi lo affermi? Un saluto a tutti...:)

Su nessuna base, che non sia quella della razionalità delle cose.

Se prevale la ragione, Lactalis si prende tutte le attività all'estero di Parmalat, garantendo a Granarolo la sopravvivenza in Italia, in qualche modo.

Non so quale.
 

sulpicio

Nuovo forumer
Su nessuna base, che non sia quella della razionalità delle cose.

Se prevale la ragione, Lactalis si prende tutte le attività all'estero di Parmalat, garantendo a Granarolo la sopravvivenza in Italia, in qualche modo.

Non so quale.


Bene ti stimo per la lucidità che ancora hai. Dopo qiesti tonfi degli ultimi periodi io non penso più nulla (e non voglio diventare Ministro, giuro :) ); in un'ora oggi ha perso 1,5% ...:(
 

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