Resto sempre affascinato dalle colte lezioni di Gino che offrono sempre punti di vista attraenti e originali.
In tema di educazione del gusto vorrei fare un breve intermezzo su un pensiero generale che mi segue da sempre come approccio personale al mondo dell'arte, ricercandone principalmente il puro valore emozionale.
Ovviamente una infarinatura sulla storia dell'arte è indispensabile, per entrare dalla porta giusta l'arte va studiata, tutta quanta, dai primordi ai giorni nostri, specie nelle sue concatenazioni temporali, ma penso senza approfondire più di tanto, se parliamo di vera Arte, quindi comunicazione di idee e sentimenti tra esecutore e lettore in una qualsiasi forma compiuta. Ossia il momento dell'emozione, la ricerca e il raggiungimento del dialogo con l'artista e la comprensione nonché condivisione dei suoi sentimenti e motivazioni.
Poi subentra l'erudizione che è un altro discorso, un pianeta differente che analizza tutto l'intorno dell'opera artistica per sviscerarne il valore storico, simbolico e concettuale ma che nulla aggiunge al suddetto dialogo quando venga instaurato.
E' un approfondimento intellettuale aggiunto, importante e degnissimo ma a mio parere puro esercizio culturale che supera e si discosta dal momento della lettura artistica.
Tanto per fare un esempio, la prima volta che si legge l'Infinito di Giacomo Leopardi si viene colpiti, immancabilmente, da una struggente malinconia, la seconda volta si può essere perfino sopraffatti dalla sindrome di Stendhal, così la terza. La settima volta si comincia a ragionare sugli endecasillabi della metrica, poi nelle successive letture si passa a distinguere quelli a maiore e quelli a minore, l'uso frequente dell' enjambement e l'unica sinalefe.
Insomma si passa gradualmente dall'emozione allo studio erudito del testo.
Ma intanto la poesia, il suo cuore vitale espressivo quindi artistico, è andata a professioniste.
Caro
@sans souci , intendo quello che vuoi dire, ma spero di chiarire perché tu abbia forse sbagliato il bersaglio. Nel tuo intervento sostanzialmente dici: ok, senza un po' di cultura di base non si gode dell'arte, però appunto poi lasciatecela godere, e questo godere è un fatto emozionale, non intellettuale o erudito.
Secondo me, ripeto, stai sbagliando bersaglio. Io potrei essere d'accordo con te, ma poi da tutte le parti mi viene detto che è bello ciò che piace, che il bello è soggettivo ecc. ecc. Nessuno però che mi spieghi perché la Pietà Rondanini è forse un po' meglio del pastorello di Remo Brindisi. E non è vero che la cosa non ha importanza. Perché
nell'arte serve sapersi orientare, solo che quasi nessuno veramente te lo insegna.
Questo 3d è da intendersi in primo luogo come difensivo. Se è bello ciò che piace, la foto di zia Genoveffa in bikini vale quanto la Gioconda, e di questo ci sono miriadi di profittatori pronti, appunto, a profittare. Ora, il mio scopo è proprio quello di mostrare che
NON è bello ciò che piace,
è bello ciò che è bello.
Ecco perché tutto questo parlare dei "trucchi" artistici, nonché dei condizionamenti inconsci dati dal soggetto, dai colori ecc. Non è erudizione. Anche perché non sono cose che ho letto in qualche pagina, ma solo frutto della mia personale esperienza. Si tratta di informazioni e osservazioni per allenarsi NON mentre si guarda un'opera per godersela, ma prima e dopo. In tal modo, quando affronteremo il contatto con il quadro o la statua, avremo una formazione interiore capace di condurci e orientarci attraverso le rapide dell'emozione. Perché il pensiero tradizionalmente è avverso ai sentimenti, ma non è detto che debba essere così. Il pensiero può collaborare con i sentimenti, può ripercorrere in tranquillità i sentieri già battuti, può aiutarci nell'intraprenderne di nuovi. Però è necessario che con essi si armonizzi. La mamma che consulta istruzioni sanitarie su come occuparsi del figlio sta certo operando in modo intellettuale, ma non tale sarà poi il suo passare all'atto, se ha ben compreso il senso del leggere un manuale.
Io
so che Beethoven viveva 200 anni fa. Questo mi aiuta nell'accettare la sua musica, in tutto ciò che potrebbe sembrarmi "sorpassato". Ma poi l'ascolto si libera da tutte queste precondizioni. Noi siamo abituati ad una critica d'arte vanesia, che si compiace di fuffa erudita e non sa spiegare nulla, al massimo descrive. Questo già poteva bastare ad Oscar Wilde, che riteneva il critico superiore al pittore (v. 3d apposito
![He he he :grinangel: :grinangel:](/images/smilies/biggrinangelA.gif)
) ma per la comprensione e il godimento dell'arte ritengo sia cosa deleteria. Come peraltro tu sottintendi.
A me basterebbe che quanto propongo servisse a smascherare qualche "imbroglio", tipo artisti gonfiati (come quello che gonfia pure le figure) e che si imparasse a distinguere il grano dal loglio, posto che qualcuno sappia ancora che cosa sia il loglio.
Per fare questo, occorre immedesimarsi nell'agire stesso dell'artista, quasi ritrovandosi con lui nell'atto creativo, di fronte alle sue scelte, persino comprendendo e perdonando le sue debolezze, talvolta. Di fronte a chi mette insieme in un unico frullatore arance e pastasciutta io propongo, un po' disgustato, di fare anche un passo indietro
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