Obbligazioni bancarie Gruppo CreVal: sub e senior (1 Viewer)

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Creval, il misterioso socio francese ora cerca sponde a Milano
I contatti con le banche d’affari del riservatissimo (primo) azionista Dumont
  • Corriere della Sera
  • 26 Nov 2017
  • di Fabrizio Massaro
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Se il presidente della Vigilanza Unica, Danièle Nouy, spinge le banche a fondersi per creare gruppi più robusti, il Credito Valtellinese potrebbe essere il primo istituto italiano a rispondere alla chiamata. L’occasione c’è: l’aumento di capitale da 700 milioni in programma per febbraio, colossale visto che la ex popolare lombarda adesso vale poco più di 150 milioni. L’obiettivo è fare piazza pulita dei crediti in sofferenza arrivando entro il 2020 al 9,6% lordo di npl dall’attuale 21,1%. Un modo per presentarsi con i conti in regola a quel matrimonio che il direttore generale Mauro Selvetti definisce «ineluttabile» e che potrebbe anche essere transnazionale, il primo nell’Eurozona sotto Bce. E Creval, assistito da Mediobanca ed Equita, potrebbe guardare alla Francia, visto che suo primo azionista è da poco un riservato imprenditore francese, sconosciuto ai più, soprattutto in Italia: Denis Dumont.

Entrato a maggio al 3,8% con la holding lussemburghese DGFD Sa — quando il titolo era ben oltre i 3 euro, più del doppio di oggi — si è portato al 5,8% un mese dopo. A Selvetti, che lo ha incontrato per presentargli il piano industriale, avrebbe detto di avere il 6,5%.

Originario di Lione, 58 anni, è uno degli uomini più ricchi di Francia, anche se dal 2011 risiede in Svizzera. Pochi giorni fa il giornale elvetico Bilan l’ha confermato nell’elenco dei milionari francesi in Svizzera, al 23esimo posto, accreditandolo di un patrimonio di 600 milioni di franchi svizzeri (circa mezzo miliardo di euro), cento milioni in più rispetto al 2015, senza contare ricchezze come una villa sul lago di Ginevra comprata per 32 milioni di franchi. La fortuna di Dumont è legata a doppio filo al marchio

Grand Frais, una catena di mercati rionali di frutta, verdura, prodotti freschi e gastronomia di alto livello. Nata nel 1992, controllata dalla holding Prosol Gestion, ha circa 180 punti vendita in Francia, con un giro d’affari di oltre 1 miliardo di euro. Da poche settimane Prosol è sbarcata in

Italia, a Torino, dove ha aperto un primo insediamento a Beinasco con il marchio Banco Fresco. Un secondo è il programma, sempre nel Torinese, ad Altessano.

Grand Frais non è più solo di Dumont. Dopo vari giri con i fondi di private equity in minoranza – gli ultimi, Sagard, Siparex e Carvest, erano entrati nel 2016 a una valutazione (ufficiosa) di circa 700 milioni – a marzo 2017 ha venduto la maggioranza al colosso francese Ardian (già Axa private equity) per un valore stimato di oltre 1 miliardo, secondo Les Echos, mantenendo comunque una quota nel capitale.

Ma Dumont diversifica. Nell’ottobre 2016 è entrato in una start up francese, Shapr, una sorta di Tinder dei professionisti. Ora si espande nelle banche. Finora nel Creval dovrebbe avere investito poco più di 20 milioni. Se vorrà seguire l’aumento dovrebbe versarne altri 50-60. Lo farà? Chiederà a Banca d’Italia di andare oltre il 10%? «Se, e quando riterrà di parlare lo farà lui», ha glissato Selvetti, rinviando all’assemblea del 19 dicembre a Morbegno. Lì il primo azionista potrebbe materializzarsi e svelare i suoi programmi. Sul mercato si ipotizza che Dumont sia la testa di ponte di qualcun altro, una banca o più probabilmente un private equity. Di certo c’è che il francese sta cercando sponde. E da qualche giorno ha cominciato a presentarsi alle banche d’affari di Milano, rappresentato da uno studio legale-tributario.
 

dulcamara

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Creval, via libera di Bankitalia all' attività di Creval Più Factor

Creval, via libera di Bankitalia all' attività di Creval Più Factor

(Teleborsa) - Continua sulla strada degli acquisti Credito Valtellinese che fin da stamane si mostra in rialzo. Il titolo riprende quota dopo il recente crollo seguito all'annuncio del maxi-aumento di capitale da 700 milioni.

Intanto, il gruppo annuncia che Creval Più Factor, società interamente controllata da Credito Valtellinese, ha ottenuto da Banca d'Italia l'autorizzazione allo svolgimento dell'attività di concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico.

La società - spiega una nota - è stata costituita da Creval in data 10 maggio 2017 con l'obiettivo di sviluppare l'attività di factoring pro-soluto e pro-solvendo a favore della clientela del Gruppo bancario Credito Valtellinese. L'iniziativa è coerente con gli obiettivi del Piano industriale al 2020.

Secondo le proiezioni economiche - finanziarie del Piano industriale, CreVal prevede che la start-up possa raggiungere nel 2020 un volume di turnover superiore a 1,5 miliardi di euro, con un risultato netto della gestione operativa di circa 5,8 milioni di euro, un utile netto di circa 2 milioni di euro e un outstandig stimato a circa a 0,7 miliardi di euro.


 

dulcamara

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Fisac Cgil Creval: crisi dei crediti deteriorati e coalizione sindacale | Fisac Portale Nazionale


Fisac Cgil Creval: crisi dei crediti deteriorati e coalizione sindacale

27 novembre 2017


Cara/o collega,

la ristrutturazione e la crisi finanziaria accelerano sul nodo dei crediti deteriorati coinvolgendo altre banche italiane, tra cui Carige, dove la crisi scorre da anni, e ora anche la banca dove operiamo, il Gruppo Creval.

Sono e saranno tempi burrascosi per le banche italiane, sono ora messe in discussione le nostre prospettive occupazionali, salariali e professionali.

È necessario attrezzarsi e difendersi unendo le forze con la coalizione sindacale.

Leggi il volantino e distribuiscilo a tutte le colleghe e i colleghi interessati.

Segreteria di Coordinamento Fisac-Cgil
Gruppo Credito Valtellinese


http://www.fisac-cgil.it/wp-content/uploads/2017/11/La-crisi-dei-crediti-deteriorati.pdf
 

dulcamara

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La crisi della banca? Colpa della crisi economica generale e dal mancato intervento dello Stato.

"Creval paga la crisi un prezzo un po' più alto"

"posseggo 20 mila azioni a 8 euro"

"faro' adc"

"capisco azionisti che si trovano a soffrire questa situazione"

spiagazione ai piccoli azionisti valtellinesi (dal minuto 8)

"cosa rischia la banca? niente!"

"misura aumento? pulizia totale"

"chiediamo una volta noi viaggiamo in condizioni di assoluta tranquillità"

"in questo viaggio siamo accompagnati da Md"

spiega la garanzia verso il minuto 12

"consorzio di garanzia a gennaio"

"opa su creval?"

"ridurre i costi"

questi se va bene l'aumento pensano di fondersi (con altre banche con parametri buoni)

"adc con diritto di opzione"

"fuggi fuggi? ma no...." (verso minuto 20)
 
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Creval, il lato grigio della Valtellina un matrimonio dopo il maxi aumento

Creval, il lato grigio della Valtellina un matrimonio dopo il maxi aumento

Vittoria Puledda Una volta era il Piccolo credito valtellinese. Ora centodieci anni dopo la fondazione - il “Piccolo” è caduto nell’oblio e resta il Gruppo Creval, una banca passata dai 19 sportelli dell’inizio degli anni Ottanta, alle 440 filiali attuali (che dovranno drasticamente dimagrire, con il nuovo piano industriale); passando per una campagna acquisizioni di piccole banche locali - a partire dal 1996 - che l’ha portata ad espandersi dal Piemonte alla Sicilia, attraverso una politica di espansione (benedetta dall’allora governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio) che l’ha fatta diventare grande senza farla diventare forte. I risultati si sono visti a Piazza Affari, dove il Creval ha perso il 97,5% del suo valore da gennaio 2008 ad oggi, mentre nello stesso periodo il Ftse Mib ha ceduto poco più del 40 e la cugina-rivale, la Popolare di Sondrio, ha perso “solo” il 60%. La fragilità si è riversata anche nei conti: in quelli chiusi in rosso, dal 2012 ai primi nove mesi del 2017, il gruppo ha perso 1,383 miliardi, mentre ha guadagnato solo 130 milioni nei due anni in nero, dopo un aumento di capitale da 400 milioni tre anni fa e la cessione, l’anno dopo, della quota nell’Istituto centrale di banche popolari, con beneficio sui conti di 250 milioni. Fino ai nostri giorni, alle ultime settimane, quando il titolo è passato da 3 euro a uno e mezzo (nonostante il rimbalzo recentissimo) seguito all’annuncio shock: un aumento di capitale da 700 milioni. Un multiplo imbarazzante della capitalizzazione di Borsa ma anche con un obiettivo ambiziosissimo: dimezzare l’esposizione lorda dei crediti deteriorati, scendendo ad un tasso lordo del 9,6% al 2020 (ma già al 10,6% lordo nel 2018). Una cura da cavallo che porterà ad ulteriori rettifiche sui crediti fino ad un massimo di 772,5 milioni; in pratica, poco più dell’aumento di capitale (necessario a far fronte alle perdite conseguenti). Un piano ambizioso, che porterà la banca a guadagnare 150 milioni nel 2020 ma già 73 nel 2018 (al netto delle voci per il fondo esuberi). Un piano da cui ripartire, dopo un biennio difficilissimo per tutte le banche, certo, ma che non ha salvato il Credito Valtellinese.
Con il senno del poi, se la “disponibilità” dell’ex popolare ormai spa da un anno fa avesse trovato una sponda, forse i problemi del Creval avrebbero trovato una diversa sistemazione. Di sicuro ci sarà un un matrimonio in futuro. «Credo che il ragionamento non valga solo per il Creval, tutto il sistema va verso un maggior consolidamento. E questo vale a più buona ragione per le banche di medio-piccole dimensioni, come la nostra », spiega il direttore generale, Mauro Selvetti, alla guida della banca dal maggio 2016. Anche in questo caso, un manager che viene dall’interno (è entrato in banca nel 1981). Finora il canovaccio consolidato - al di là dell’apprezzamento diffuso di cui gode Selvetti - è stato sempre rispettato al Valtellinese per scegliere i suoi vertici. Si entra in banca con i calzoncini corti, si diventa direttore generale e poi amministratore delegato, mentre quest’ultimo diventa presidente e il vecchio presidente diventa presidente onorario. Qualche volta non c’è l’ad (ora, appunto) ed è il direttore generale che regge il timone. E’ andata così con Giovanni De Censi, “grande padre” del Credito Valtellinese entrato in banca nel ‘57 e attuale presidente onorario. Cattolicissimo, è stato anche nel Consiglio di sovrintendenza dello Ior dal 2009 al 2011 (in quello stesso periodo il Credito artigiano, banca del gruppo Creval, aveva segnalato alla Banca d’Italia un bonifico da 23 milioni di euro che l’istituto del vaticano voleva eseguire, ma privo delle garanzie anti-riciclaggio richieste da Via Nazionale). Ha avuto la grande intuizione di trasformare l’Istituto centrale di banche e banchieri da ente di tesoreria consortile in un grande player nei sistemi di pagamenti, con CartaSì: il Creval, primo azionista dell’Icbpi (come si chiamava l’attuale Nexi) portò a casa un bel boccone, al momento della cessione. Ma proprio la fine del mandato, da presidente, non è stato indenne da critiche, espresse nelle assemblee ma, più spesso, nei corridoi. Molto legato a Comunione e liberazione invece Miro Fiordi. Miro Fiordi , presidente di Creval </p>
© Riproduzione riservata27 Novembre 2017
 

dulcamara

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Il Creval vuole tornare a crescere - Giornale di Sondrio

Il Creval vuole tornare a crescere

Il Piano Industriale ha convinto gli investitori finanziari
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Il Creval vuole tornare a crescere, il dg Selvetti ha concluso il road show.

Il road show
Dopo la presentazione del Piano industriale 2018-2021 e l’annuncio dell’aumento di capitale da 700 milioni di euro, i vertici del Gruppo bancario Credito Valtellinese sono stati protagonisti di un road show. Un tour durato due settimane e che ha portato il direttore generale Mauro Selvetti e il Cfo Ugo Colombo a toccare Milano, Parigi, Londra, Boston e New York. Un road show concluso giovedì scorso e che ha creato un clima positivo e di grande interesse attorno alla banca di piazza Quadrivio.

L’intervista al direttore Selvetti
Con quali sensazioni è tornato in Valtellina? Come è stato accolto il Piano industriale del Creval dalla comunità finanziaria italiana, europea e americana?

«Le sensazioni sono ottime – ha esordito il top manager – Abbiamo incontrato circa 80 persone, tra potenziali investitori e realtà finanziarie già presenti nel capitale della nostra banca. Il Piano industriale è stato accolto con grande interesse. Tutti hanno compreso che si tratta di un percorso che permetterà al Credito Valtellinese di chiudere i problemi con il passato causati dal settore dei crediti deteriorati accumulati in questi dieci anni di crisi, ma anche di gettare le bassi per tornare a correre, crescere, svilupparsi, generare utili e dare soddisfazione agli azionisti e naturalmente ai clienti».
Cosa è piaciuto di più?
«La semplicità e la trasparenza complessiva del Piano industriale; l’obiettivo di risolvere definitamente il problema degli Npl, i crediti deteriorati, con una soluzione rapida e coerente a un Piano industriale ambizioso».
Le migliori sensazioni le ha raccolte sulla piazza milanese o su quelle internazionali?
«L’apprezzamento è stato positivo ovunque. Ma se a Milano i nostri incontri sono coincisi con le turbolenze di Piazza Affari che stavano penalizzando i titoli bancari, sulle piazze europee e americane il clima era decisamente più disteso, sereno e ci ha permesso di entrare con maggiore attenzione nel merito del Piano industriale».
C’è un particolare di questo road show che l’ha colpita in modo particolare?
«Quando siamo saliti al venticinquesimo piano di un palazzo nel centro di New York e un investitore ci è venuto incontro sorridente con in mano il Piano industriale del Creval. Lì ho avuto la prova che il mondo è davvero globalizzato, che le distanze non esistono più, che c’è un forte interesse nei confronti delle banche popolari diventate Spa».
Il capitale del Creval, come di molte altre banche italiane, è per buona parte detenuto da fondi e istituzioni finanziarie [???? questa e' nuova] . Dopo l’assemblea del 19 dicembre, che sarà chiamata a esaminare la proposta dell’aumento di capitale da 700 milioni, aumenterà questa presenza?
«Questo non lo posso prevedere. Posso dire che le banche popolari che si sono trasformare in Spa hanno iniziato navigare in un mare aperto, che il loro capitale oggi è aperto al mondo, che si tratta di una svolta capitale».
All’indomani della presentazione del Piano industriale e dell’aumento di capitale il titolo del Creval è stato fortemente penalizzato a Piazza Affari. Poi in quest’ultima settimana, coincisa con il road show, l’azione ha recuperato quasi interamente il suo valore. Perché queste turbolenze?
«Qualche volta il mercato diventa isterico, reagisce d’istinto, assimila situazioni diverse, perde il contatto con la realtà, ma questo è il mercato e non dobbiamo sorprenderci. Noi siamo tranquilli e sereni, soprattutto dopo le rassicurazioni che abbiamo raccolto durante questo road show. La nostra tranquillità deriva anche dai fondamentali della banca: il Creval ha 1,4 miliardi di patrimonio netto contabile e 400 milioni di valore in immobili, anche se capitalizza solo 200 milioni a Piazza Affari. Bisogna saper distingue tra valore in Borsa e valore reale».
Quindi il messaggio che rivolge ai soci e ai clienti è quello di tranquillità e serenità?
«Certamente. Il messaggio rassicurante deriva dai numeri e dai progetti che abbiamo messo a punto. Il Piano industriale getta le basi per un Creval più forte che vuole tornare a crescere, sostenere l’economia reale – cioè le piccole e medie imprese e le famiglie – diventare motore dei territori nei quali operiamo. Non c’era alcuna ragione di preoccuparsi prima, ancor meno ve ne sono oggi. L’aumento di capitale darà più forza alla banca ma anche ai suoi territori, e in particolare alla Valtellina».



Commento personale: se c'è così tanto interesse da parte degli investitori non capisco perché una campagna così martellante sui media locali. Inoltre si dice sempre al futuro ma non si fa mai autocritica al modus operanti passato: se il management è lo stesso come aveva bruciato risorse in passato così può altrettanto fare in futuro. Sempre che rimanga lo stesso dopo l'adc (e/o qualcuno non lanci subito una opa)
 

dulcamara

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Nei primi nove mesi risultato netto a meno 83 milioni

Nei primi nove mesi risultato netto a meno 83 milioni


27 Novembre 2017

<p>I principali dati economico patrimoniali dei primi nove mesi del 2017 mostrano per il Credito Valtellinese proventi operativi per 296 milioni di euro mentre gli oneri operativi hanno raggiunto i 379 milioni. Il risultato netto della gestione operativa è stato negativo per 83 milioni di euro. Le rettifiche di valore su crediti e altre attività finanziarie hanno raggunto i 386 milioni di euro. Il risultato netto dei primi nove mesi è stato negativo per 403 milioni. Al 30 settembre 2017 i crediti verso la clientela si sono attestati a 17,1 miliardi di euro, sostanzialmente stabili rispetto a fine dicembre 2016. Le nuove erogazioni hanno totalizzato 1,66 miliardi di euro. (a.b.) </p>

Commento: qui il problema prima degli Npl è il risultato netto della gestione operativa
 

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