Un resoconto in chiusura della mostra "Post Zang..." presso la Fondazione Prada. Imperdibile per completezza, con tutto e forse troppo da vedere in una volta sola, letta in chiave cronologica e con un allestimento che riprendeva esposizione del passato ed un ricchissimo supporto documentale, fotografico, testimoniale ed autografo, moltissima architettura e tanta scultura, soprattutto A. Martini e Wildt ma anche Melotti e Fontana, poca ceramica rispetto al previsto ma un delizioso bulldog di Munari e la stupenda morte di una madre di Leoncillo, con tutto il tragico della guerra.
Autori non "bilanciati" ma ricreando precedenti allestimenti la scelta dei lavori era quasi obbligata con un unico Donghi, unico Rosai ad es. e moltissimi lavori di Sironi e Casorati.
Mi hanno colpito l'arazzo di Depero, il volo aereo di Tato, un Balla verde esplosivo, per uscire un pò dai soliti i cementi di Fontana, un materiale che non avevo mai visto utilizzare da lui, un cavallino di Scipione in chiusura nello spazio dedicato all'omonima galleria veneziana, la famiglia di Giò Ponti ritratta da Campigli (splendido il suo lavoro più "tipico"), altro interno familiare di Menzio, il De Pisis più "nervoso" poi l'astrattismo/razionalismo con il lavoro di Radice di Claudio Borghi, più grande e bello di quanto mi aspettassi, due Reggiani regali, due Rho, uno cromaticamente splendido ed uno piccolo elegnte collezione Caramel e piccolo Badiali, ma si sa che questo segmento è uno dei miei "pallini", c'era pure il libro storico Kn di Belli a completare il tutto.
Una vera chicca la lettera scritta da Depero in quel di New York a Marinetti, in cui raccontava la messa in lavorazione dei suoi prodotti tessuti con tempi velociszzati grazie ai macchinari, rappresentando le caratteristiche di quella società evoluta e dinamica e l'influsso positivo della componente ebrica per spirito imprenditoriale e visione illuminata, rispetto a quel contesto provinciale, un pò invidioso e cialtrone che connotava invece la società italiana anche in quel tempo.