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Ma, tornando ai giornalisti, spicca

Ilario Lombardo de La Stampa,
protagonista di più di un battibecco con Meloni durante conferenze stampa
e punti stampa della premier con i cronisti al suo seguito.

Lo stesso quotidiano torinese del Gruppo Gedi che prontamente ha pubblicato un articolo
in cui si dà conto del report europeo.

«Il rapporto di Media Freedom: con il governo Meloni la libertà di stampa è a rischio»,
il titolo del pezzo pubblicato ieri sulla versione online de La Stampa.

Ma fanno di più La Repubblica e Il Fatto Quotidiano.

I due giornali, infatti, affidano il resoconto sul rapporto che parla di libertà di stampa a rischio
agli stessi giornalisti che hanno collaborato al lavoro di Media Freedom Rapid Response.

«Il report europeo sulla libertà di stampa boccia ancora l'Italia», il titolo del sito di Repubblica.

A curare il pezzo è Matteo Pucciarelli.
Nome che appare anche in calce al report in qualità di stakeholder.

Identica operazione fa Il Fatto.

Martina Castigliani
scrive l'articolo sul documento anti-Meloni
e compare anche tra chi ha collaborato al report-denuncia.

Uguale Domani.

Francesca De Benedetti si occupa per il suo giornale della missione del Media Freedom Rapid Response
e figura tra i giornalisti coinvolti nell'iniziativa.

A completare il quadro Anna Bredice di Radio Popolare e Nello Trocchia inviato di Domani.


Casa e bottega.
 
Ahahahahahah ma prova ad andare in ucraina e scrivi qualcosa contro il nazi-ucraino.

“Il rapporto Ue sullo Stato di diritto
rileva la presa dei media pubblici da parte del governo in Italia.
L’Italia è un caso di studio particolarmente interessante,
perché mostra quanto rapidamente uno Stato relativamente liberale
possa diventare illiberale nel giro di pochi mesi“.


Lo dichiara a LaPresse il Segretario generale della Federazione europea dei giornalisti Ricardo Gutierrez.

“Nel caso dell’Italia,
il rapporto contiene chiare istruzioni della Commissione europea
che chiedono al governo italiano di ristabilire
l’indipendenza della televisione pubblica e di garantire il finanziamento.
Si chiede inoltre di proseguire la riforma della legge sulla diffamazione,
in particolare per evitare procedimenti legali abusivi contro i giornalisti (SLAPP).
Lo consideriamo un passo positivo da parte dell’Ue”
.


Dichiarazioni farneticanti. Proprio la rai che è "egemonia della sinistra". Ahahahahahah
Eh già. Il potere passa di mano e se ne va......lontano.....lontanoooooooo.
 
Eccoli "i puffi"

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Ed eccoci arrivati allo scontro maschio/femmina contro femmina

Giovedì 1 agosto l'italiana Angela Carini,
una delle pugili più brave del panorama italiano,
salirà sul ring olimpico e incrocerà i guantoni con Imane Khelif, pugile dell'Algeria.

La boxe femminile è uno sport di nicchia,
quindi il suo nome non è particolarmente noto ai più,
ma tra gli addetti ai lavori c'è grande fermento
e indignazione per la sua partecipazione.


Il motivo?

"Finge di essere donna",
così ha dichiarato Umar Kremlev,
il presidente dell’International Boxing Association (Iba),
a seguito dei test del dna per la determinazione del sesso a cui sono obbligatoriamente sottoposti i pugili.

Test che, infatti, hanno di fatto escluso Khelif dal mondiale di boxe
in quanto dal suo dna è emersa la presenza di cromosomi XY,
tipici del sesso biologico maschile.
 
Di fatto, è un uomo.

Ma in nome dell'inclusione a tutti i costi,
le Olimpiadi di Parigi 2024
ammettono nel circuito femminile un pugile che si identifica come donna
.

Come è possibile?

Semplice, bypassando l'Iba e creando una commissione ad hoc, la Boxing Unit di Parigi 2024,
che dà molta libertà ai Paesi di valutare i propri atleti ma, soprattutto,
perché alle Olimpiadi non vengono effettuati test sul sesso.

Imane Khelif si sente una donna?

Benissimo, può salire sul ring e prendere a pugni le malcapitate avversarie nel tentativo di agguantare l'oro.

E allora a queste Olimpiadi nel nome dell'inclusione e del buonismo
all'Arena Paris Nord il pubblico sarà chiamato ad applaudire un uomo biologico che malmena una donna.

"Questa è la Francia", diceva con orgoglio Emmanuel Macron durante la cerimonia di apertura
che ha offeso miliardi di cristiani nel mondo.


Dirà lo stesso per lo spettacolo che si prospetta nell'incontro tra Khelif e Carini?
 
Il pugno di un uomo biologico è circa il 160% più forte
rispetto a quello di una donna biologica
e gli effetti di questa potenza si sono osservati sul volto di Brianda Cruz,
una delle ultime pugili che ha affrontato Khelif
prima della squalifica dai mondiali.


"I suoi colpi mi hanno fatto molto male, non credo di essermi mai sentita così nei miei 13 anni da pugile,
né nei miei sparring con gli uomini. Grazie a Dio quel giorno sono uscita dal ring sana e salva, ed è bello che finalmente se ne siano accorti",

ha raccontato subito dopo la sconfitta.

Dopo essere state sostituite dalle trans e drag queen in molti contesti,
vedasi la stessa cerimonia di apertura,
le donne biologiche se vogliono partecipare alle Olimpiadi
devono pagare lo scotto di sottoporsi al pestaggio di un uomo.



Hanno uno strano concetto di uguaglianza dalle parti della Parigi woke.

"Uno schiaffo all'etica dello sport e alla credibilità delle Olimpiadi".

Certo, vorrebbe dire rinunciare al sogno olimpico dopo tanta fatica,
ma vale la pena rischiare la vita per una medaglia?

Tamara, dopo aver combattuto con Khelif, è stata chiara:

"Grazie a Dio quel giorno sono uscita dal ring sana e salva".

E se un'altra pugile non avesse la stessa fortuna?
 

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