VI RICORDATE QUANDO SI STARNUTIVA E TI DICEVANO "SALUTE"... BEI TEMPI

“Come manco nelle favelas” scrivono gli studenti del liceo scientifico Augusto Righi di Roma.

Costretti, poveri loro, a fare i conti con le assurdità imposte al sistema scolastico
dal ministro Lucia Azzolina e con le surreali conseguenze del suo piano.

Tra le quali, la possibilità di ritrovarsi a camminare per strada con al seguito il proprio banco dotato di rotelle,
neanche fosse un cagnolino da portare a fare i bisogni onde evitare spiacevoli sorprese sul tappeto di casa.

A denunciare l’accaduto sono stati gli stessi alunni dell’istituto,
con delle immagini che hanno subito fatto il giro dei social tra i commenti stupiti e indignati degli utenti.




[IMG alt="Scuola, siamo alla follia: gli studenti spingono i banchi in strada a Roma
"]https://www.ilparagone.it/wp-content/uploads/2020/10/banc.png[/IMG]


Cosa è successo di preciso?

Per spostarsi dalla sede centrale alla succursale del liceo, gli alunni hanno dovuto attraversare un breve tratto di strada.

Nel farlo, però, è stato chiesto loro di portare con sé i preziosi banchi armati di rotelle,
lo strumento magico con il quale la titolare dell’Istruzione era sicura di poter debellare il rischio contagio tra i banchi.

E così, ecco formarsi una lunga colonna di ragazzi, in fila a lato della strada, senza protezioni.

Ognuno con la mascherina in volto e accompagnato dal fedele, prezioso compagno di plastica.



[IMG alt="Scuola, siamo alla follia: gli studenti spingono i banchi in strada a Roma
"]https://www.ilparagone.it/wp-content/uploads/2020/10/banc1.png[/IMG]


Il video è stato pubblicato sul profilot Twitter di Radio Savana, accompagnato dalla frase

“Liceo Righi, Roma: senza norme di sicurezza, sulla carreggiata per spostarsi dalla sede centrale a quella succursale.
Azzolina, Arcuri e Conte disastrosi, per colpa della loro incapacità totale siamo diventati un paese del terzo mondo”.

Nel filmato, gli stessi ragazzi ironizzano sull’assurda situazione che si trovano a vivere.

“Bellissimo” scherza uno di loro ad alta voce, tra le risate dei compagni in marcia al suo fianco nel surreale corteo.

[IMG alt="Scuola, siamo alla follia: gli studenti spingono i banchi in strada a Roma
"]https://www.ilparagone.it/wp-conten...363-42b6-8ad5-2e8b725532aa-1024x576.jpg[/IMG]


Liceo Righi, Roma: senza norme di sicurezza, sulla carreggiata per spostarsi dalla sede centrale a quella succursale.
Azzolina, Arcuri e Conte disastrosi, per colpa della loro incapacità totale siamo diventati un paese del terzo mondo.

Un filmato che conferma, ce ne fosse ancora bisogno, la portata del disastro firmato Lucia Azzolina.

Un ritorno a scuola all’insegna della fretta e dell’improvvisazione che ha dato, purtroppo, i frutti peggiori.

Tanta la rabbia degli utenti che si sono trovati di fronte il video, puntuali del commentare con sdegno e ironia.

Si passa da “ma chi ha deciso tutto questo, Fantozzi?”

a un amaro “Mamma mia, ma vi rendete conto in che mani siamo? E non si vede la fine di quest’incubo…”.

Chissà se la ministra troverà il coraggio di commentare l’accaduto.
 
È scontro via lettera tra la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e il presidente della Regione Lombardia Fontana.

La ministra ha preso carta e penna e ha scritto a Fontana perché al suo Ministero, dice,

“pervengono segnalazioni di profonda criticità attinenti la congruità e l’applicabilità
delle misure contenute nell’Ordinanza del Presidente della Regione Lombardia che prevede,
tra le altre, che ‘Le scuole secondarie di secondo grado e le istituzioni formative professionali secondarie di secondo grado
devono realizzare le proprie attività in modo da assicurare lo svolgimento delle lezioni mediante la didattica a distanza delle lezioni,
per l’intero gruppo classe, qualora siano già nelle condizioni di effettuarla e fatti salvi eventuali bisogni educativi speciali'”.


E questo alla Azzolina non va bene.


Infatti la ministra poi specifica:

“Ciò comporterà, a breve, di fatto, l’integrale sospensione delle attività didattiche in presenza
di tutti gli studenti e le studentesse delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado”.

Con queste parole la ministra Azzolina critica dunque il governatore lombardo per quanto deciso in tema di scuola
anche alla luce della situazione drammatica che sta vivendo la Lombardia,
dove i contagi hanno raggiunto vette pericolose e si inizia a temere per il numero di posti in terapia intensiva.


Evidentemente per la Azzolina, invece, va tutto bene.

E insegnanti e studenti possono tranquillamente continuare a essere supereroi immuni al Covid.

Quindi che continuino a stare ammassati sui mezzi e in classe, a lei non importa.

“In una fase così complessa per la Nazione – continua la ministra tirando le orecchie a Fontana –
desidero invitarla a lavorare insieme a tutte le istituzioni coinvolte, per trovare soluzioni differenti da quella adottata,
nel rispetto del diritto alla salute dei cittadini e del diritto allo studio dei nostri studenti e delle nostre studentesse”.

banc.png



Si conclude così la lettera inviata dal ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina al presidente della Regione Lombardia
che, nell’ordinanza regionale emanata ieri, prevede la didattica a distanza
per tutti gli studenti delle scuole superiori lombarde a partire da lunedì prossimo.

Intanto, a cercare di mediare interviene il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia:
“Serve grande collaborazione e buon senso”.


Qui la lettera ufficiale della ministra.
 
DeLuca chiude tutte le scuole, a parte gli asili, va tutto bene,

Fontana chiude le superiori, si scatena l’inferno,

due pesi e due misure anche nelle pandemie.


Dopo aver combinato una cippa sui trasporti locali.
 
"La ministra Azzolina si deve dimettere".

A dirlo chiaro e tondo è Massimo Arcangeli, docente all'Università di Cagliari
e presidente della sottocommissione che promosse il ministro dell'Istruzione all'orale per il concorso da dirigente scolastico.


Il docente, in un'intervista alla Verità, pubblicata anche da Dagospia, racconta l'esame orale di Lucia Azzolina,
ricordando come, in generale, nella sua carriera non abbia

"mai incontrato candidati tanto impreparati: ho registrato strafalcioni linguistici e lacune insostenibili per chi vuole fare il dirigente scolastico".

Per esempio, spiega Arcangeli, "una candidata, non la Azzolina, non capiva che cosa le venisse chiesto.
Alla fine ci siamo resi conto che non aveva la più pallida idea di cosa fosse una radice quadrata. Ha dichiarato di non aver mai visto quel simbolo".

L'esame del ministro non sembra essere andato molto diversamente in realtà:

"Ha preso insufficiente in inglese 5 e zero in informatica.
Al quesito composto da più domande non ha risposto male, non ha proprio risposto.
Ma conosceva le norme e l' orale è andato, informatica e inglese avevano un peso relativo nel giudizio".

E sulla pubblicazione o meno delle prove di concorso a dirigente scolastico, il docente precisa:

"Io sono solidale con i ricorrenti. Devono essere rese pubbliche tutte le prove, a maggior ragione quelle del ministro.
Come ha fatto il ministero della Giustizia per il concorso a magistrato - anche quello sub judice - che ha ritenuto di ostendere le prove.
L'ostinazione e l'arroganza del Ministero e della ministra all'Istruzione, malgrado le sentenze del Tar,
di non consentire ai candidati e a tutti di verificare gli esiti del concorso credo siano una cosa non da Terzo ma da Quinto mondo".

Arcangeli, però, non si aspetta che la Azzolina pubblichi le sue prove:

"La ministra è la negazione dell'evidenza in ogni sua azione".

E spiega:

"Ho denunciato il plagio, e sto approfondendo altri aspetti.
Ho contato almeno 42 passi copiati nelle sue tesi di primo e secondo livello
e di abilitazione all'insegnamento per il sostegno.
Non ha mai risposto se non negando l' evidenza.
Stiamo parlando di una costante azione di negazione dell'evidenza,
di mancata trasparenza. Lo ripeto senza problemi".
 
Ufficialmente il governo continua con la politica degli interventi “graduali e localizzati”,
per evitare di paralizzare nuovamente il Paese e bloccare tanto le scuole quanto le attività produttive.

In realtà, però, l’ipotesi di un nuovo lockdown generale non è stata del tutto scartata dai giallorossi,
allarmati dai dati dei contagi in costante aumento.

Addirittura, è stata già fissata anche una soglia al di sopra della quale, inevitabilmente,
l’esecutivo per bocca del premier Giuseppe Conte spiegherà agli italiani che si deve di nuovo tornare a vivere confinati in casa.


Il numero da considerare come vero e proprio punto di non ritorno, rivela il Corriere della Sera, è quota 2.300 persone in terapia intensiva.

Arrivati a quel punto, le misure drastiche saranno ufficialmente discusse dal governo.

Che al momento continua invece a muoversi di pari passo con le Regioni,
in attesa del monitoraggio dell’Istituto Superiore della Sanità considerato fondamentale per capire come muoversi.

Convinto, però, che quanto fatto fin qui non sia ancora sufficiente.


L’opinione prevalente all’interno dello staff giallorosso è infatti quella che non sia sufficiente l’obbligo di mascherina,
l’orario anticipato di chiusura dei locali e il coprifuoco già scattato in diverse Regioni a scongiurare il peggio.

La preoccupazione principale riguarda la situazione degli ospedali, per quanto al momento le strutture in affanno siano poche.

Dovesse aggravarsi ulteriormente la situazione, già pronti altri interventi:
la chiusura definitiva delle sale giochi,
un’ulteriore stretta sulle palestre per rendere obbligatorie tutte quelle attenzioni fin qui facoltative,
come la misurazione della temperatura e gli ingressi scaglionati.

Occhi puntati, inoltre, sui centri commerciali.


Alcuni governatori hanno già imposto la chiusura dei supermarket nel weekend, quando la circolazione delle persone è maggiore.

Una misura che potrebbe presto essere estesa su tutto il territorio nazionale.

Così come il coprifuoco: visto che alcune Regioni lo hanno già adottato,
si lavora per convincere tutti a uniformarsi, così da evitare che qualcuno possa sconfinare per sfuggire alle restrizioni.

Non dovesse trovarsi un’intesa, c’è anche la possibilità che scatti il divieto di spostamento da una Regione all’altra, come in passato.
 
Il governo con una mano dà, e con l’altra toglie il doppio.


Il DL che proroga i termini di ripresa delle attività della riscossione,

estendendo il periodo di sospensione delle cartelle esattoriali fino al 31 dicembre 2020,

ripresenta però il rinvio del termine di prescrizione e decadenza,

una norma già prevista dal decreto Cura Italia e successivamente cancellata dopo non poche polemiche.




Nel dettaglio, la bozza del decreto fiscale stabilisce, modificando l’articolo 68 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, che:


“Con riferimento ai carichi, relativi alle entrate tributarie e non tributarie,
affidati all’agente della riscossione durante il periodo di sospensione di cui ai commi 1 e 2 bis, sono prorogati di dodici mesi:

  • a) il termine di cui all’articolo 19, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112;

  • b) anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212,
  • e salvo quanto previsto dall’articolo 157, comma 3, del decreto-legge 9 maggio 2020, n. 34,
  • convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77,
  • i termini di decadenza e prescrizione in scadenza nell’anno 2021 per la notifica delle cartelle di pagamento.

  • Relativamente ai termini di decadenza e prescrizione in scadenza nell’anno 2020 per la notifica delle cartelle di pagamento,
  • si applica quanto disposto dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159.”

Una novità che, per l’Agenzia delle Entrate, rappresenta una misura di favore per il contribuente,
perchè, secondo un regolamento, in questo modo l’Agenzia non sarà obbligata a mandare tutte le nuove cartelle,
relative al 2015, entro fine anno.


Però questo significa che le cartelle potranno essere emesse sino al 31/12/2022 per quelle scadenti al 2020
ed alla stessa scadenza per quelle che sarebbero giunte prescrizione nel 2021.



Alla proroga di due mesi per gli adempimenti fiscali previsti nel periodo tra l’8 marzo e il 31 maggio,
il DL n. 18 del 17 marzo 2020 ha affiancato l’allungamento dei termini di prescrizione previsto dal decreto legislativo n. 159 del 24 settembre 2015.


Due mesi contro due anni.

Nella pratica, prendendo come esempio le attività di accertamento sulle dichiarazioni dei redditi,
la novità si traduce nel rinvio al 31 dicembre 2022 dei termini per i controlli fiscali
relativi al 2015 ed al 2014 nel caso di dichiarazione omessa.


Ormai si va verso la persecuzione eterna.



Il sogno per il PD , l’incubo per i contribuenti.

Il tutto fatto passare per un favore ai contribuenti.
 
Questi chiudono bar, ristoranti, quant'altro, la circolazione,
i negozi dei centri commerciali, le grandi superfici al sabato e alla domenica

PER L' 1,1% della popolazione.


Altri 70 contagi che porta il totale delle persone risultate positive a 3.822 nella provincia di Lecco.

L'allarme generale, per quanto condiviso, non deve però far perdere di vista i rapporti percentuali
tra il numero complessivo dei contagiati e la popolazione residente nel lecchese,
rapporto che a oggi è pari al 1,10% mentre la percentuale dei contagiati nella giornata di oggi,
giovedì 22 ottobre è pari allo 0,021% calcolando una popolazione stabile di 340mila abitanti.


TabellaCovidComplessiva.jpg


I grafici mostrano la situazione dinamica dove abbiamo posto il punto di partenza al 1° agosto,
giorno in cui i contagiati furono 0 mentre il loro totale, dall'inizio della pandemia era di 2.878.
 
In Lombardia oggi i nuovi positivi sono stati 4.125 che porta il totale a 33.518
(con 29 decessi per un totale di 17.152 dall'inizio dell'infezione virale).

Con 10 milioni e 60mila abitanti a fine 2019 il dato del contagio in regione espresso in percentuale è dello 0,33%

mentre il dato giornaliero è dello 0,041%.


TabellaCovid221020.jpg


I nuovi contagiati in Italia, oggi, sono stati 16.079.

In totale i positivi a livello di Paese sono 169mila che su una popolazione di poco superiore a 60 milioni di abitanti rappresentano lo 0,28%.

La crescita come si rileva dai grafici relativi alla sola provincia di Lecco è violenta
anche se al momento le strutture sanitarie non sono sotto pressione.
 

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