Quanto vuoi, ma non nel modo presentato da quella frase dell'articolo in esame (complessivamente, peraltro, ottimo).
Così cambi discorso. Non dubito della superiorità complessiva dell'azionario sul lungo periodo.
Le azioni sono frazioni di aziende e le aziende, mediamente, fanno utili e se non lo facessero in misura mediamente superiore alle obbligazioni, l'imprenditore venderebbe baracca e burattini e si comprerebbe titoli di Stato.
Rientra nell'ordine naturale delle cose che tendano a sovrapperformare obbligazionario ed affini.
Inoltre sono più adatte per una prospettiva di integrazione pensionistica che non per tanti altri fini, visto che per lungo periodo si deve intendere proprio lungo, vedi 1986-1996, allorché c'è voluto ben un decennio per trovare nuovi massimi.
E' vero che fu un'anomalia tutta italiana dettata in buona parte dal fatto che l'introduzione dei fondi comuni nel 1984 si scontrò con il problema del dover investire in una borsa che era sostanzialmente un catino e nel primo biennio portò ad una lievitazione dei prezzi talmente assurda su base fondamentale che è stata pagata per un decennio intero.
Tuttavia, già quell'esperienza dovrebbe aver insegnato come l'azionario sia uno strumento valido soprattutto per prospettive mooolto di lungo periodo ed esclusivamente nella fase della costruzione di un capitale, non nella fase della trasformazione in rendita.
La fase di erogazione della rendita è una fase completamente ed assolutamente diversa da quella della costruzione del montante.
Se vuoi dire che statisticamente un PAC azionario trentennale (magari a base di ETF, tanto per evitare di deragliare su un altro tipo di discorso

) con la sottoscrizione finale di un premio unico assicurativo è statisticamente un approccio molto più efficiente di farsi una polizza vita incentrata sulle obbligazioni, non ci piove.
Ma la fase dell'erogazione è una cosa completamente diversa perché il servizio offerto da INPS/assicurazione/fondo pensione è in buona parte la tutela della singola persona non dal rischio morte, ma dal rischio sopravvivenza (senza soldi per campare).
I sessantenni di oggi hanno, statisticamente, 26 anni di aspettativa di vita.
Questo non vuole dire, ovviamente, che creperanno tutti a 86.
L'utilità principale di questi soggetti (a cui personalmente attribuisco una grandissima funzione sociale, proprio per questo, a dispetto dei sovraccosti enormi delle assicurazioni private) è che se crepi a 61 anni non te ne frega niente del fatto di non prendere più la pensione (sei morto, che te frega

) mentre se raggiungi e superi gli 86 è importante che continui ad avere la pensione pagata con i contributi di quelli che hanno tirato le zampe subito.
E' quella la funzione sociale importante di questi soggetti nella fase di erogazione.
Non è ragionevole richiedergli chissà quale rivalutazione nella fase di erogazione in uno dei pochissimi paesi con un minimo di peso che, lo ricordo, nel XX secolo hanno avuto un settore obbligazionario che non ha tenuto nemmeno il passo con l'inflazione (anche se considerando che gli altri sono stati Germania, Giappone e Francia non è che ci voglia molto a capire l'incidenza di averne prese tante durante la seconda guerra mondiale).
