Val
Torniamo alla LIRA
....e nessun costituzionalista e nessun giudice che dica mah .......
Il nuovo decreto-legge del governo, approvato in Consiglio dei ministri nella giornata del 14 dicembre
ed in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale,
ha prorogato lo stato di emergenza dal 31 dicembre 2021 al 31 marzo 2022,
superando il limite massimo dei 24 mesi stabilito dal D.Lgs. n. 1/2018 (art. 24).
Quanto successo merita qualche considerazione di natura squisitamente giuridica.
Il D.Lgs. n. 1/2018 è un atto avente valore e forza di legge disciplinato dal primo comma dell’art. 77 della Costituzione,
dunque fonte del diritto di rango primario, come il decreto-legge, disciplinato dal secondo comma dell’art. 77,
che però ha solo forza di legge, il valore lo acquisisce solo successivamente con la conversione in legge da parte delle Camere entro sessanta giorni.
Alla luce del criterio della successione delle leggi nel tempo (“lex posterior derogat priori”), il decreto-legge del 14 dicembre 2021 “supera” il D.Lgs. n. 1/2018.
Ma in che modo?
Il recente decreto-legge, nello specifico, non modifica né abroga espressamente il terzo comma dell’art. 24 del D.Lgs. n. 1/2018,
ma si limita a prorogare le date dello stato di emergenza inizialmente previste da due precedenti decreti-legge
(successivamente convertiti in legge) del marzo-maggio 2020 (d.l. n. 19 del 25/3/2020 e d.l. n. 33 del 16/5/2020).
Si tratta dunque di una modifica implicita del Decreto Legislativo,
una forzatura con la quale si viene tacitamente a creare una antinomia nell’ordinamento,
dal momento che - a rigore - si aggiunge una nuova disposizione a quella precedente, senza necessariamente sostituirla.
Un esempio da manuale di “mala legislazione”.
Ci sono però altri aspetti che vanno sottolineati.
Fin dall’inizio dell’emergenza si sono sovrapposti due diversi modelli “emergenziali”:
da un lato l’emergenza delineata dal codice della protezione civile, dunque lo schema dettato dal D.Lgs. n. 1/2018
secondo il quale la delibera dello stato di emergenza spetta al Consiglio dei ministri
con sua deliberazione nei limiti temporali dei 12 mesi prorogabili per ulteriori 12 mesi,
dall’altro il modello dei Dpcm e decreti ministeriali, successivamente sostituiti – dal governo Draghi – con decreti-legge.
Dagli atti amministrativi agli atti aventi forza di legge.
Lo spartiacque è rappresentato dal decreto-legge n. 105 del 23 luglio 2021
che prorogava lo stato di emergenza dal 31 luglio al 31 dicembre 2021
non più con una delibera governativa bensì con atto avente solo forza di legge.
Il recente decreto-legge ha prorogato lo stato di emergenza oltre il termine dei 24 mesi stabilito dal D.Lgs. n. 1/2018.
La difesa del governo è semplice:
decreto legislativo e decreto-legge sono entrambe fonti del diritto di rango primario,
per cui il decreto-legge successivo nel tempo può modificare (anche in modo tacito) il decreto legislativo precedente.
Va anzitutto osservato che il decreto legislativo ha una supremazia di tipo assiologico rispetto al decreto-legge
in quanto trae origine nella legge delega del Parlamento al Governo, dunque in un intervento delle Camere a priori e non a posteriori,
anche se è d’altro canto vero che tale supremazia viene superata dalla conversione in legge del decreto-legge da parte delle Camere entro sessanta giorni,
conversione che fornisce al decreto-legge (seppur eventualmente modificato) valore di legge. ( MA SE NON VIENE CONVERTITO ? )
Quello che però è più importante rilevare è che con questo modo di operare
si è superato il modello iniziale dell’emergenza, che passa da quello delineato dal codice della protezione civile
- che si basava sull’affrontare l’emergenza con gli strumenti tipici forniti dal D.Lgs. n. 1/2018 -
a quello costruito dal governo Draghi, che si fonda sul trasformare i mezzi straordinari dell’emergenza in mezzi ordinari.
Che questo venga fatto via decreto-legge non modifica il carattere dell’atto amministrativo:
il decreto-legge fornisce al governo solo l’alibi della conversione, che però appunto è solo un alibi.
Non più, dunque, mezzi straordinari in deroga ai mezzi ordinari da utilizzarsi per “limitati e predefiniti periodi di tempo” (12 mesi + 12 mesi),
come previsto dal codice della protezione civile, bensì mezzi eccezionali trasformati in ordinari per periodi di tempo,
sì, determinati, ma che possono essere modificati a piacimento del governo.
In questo modo non avremo più la legge che disciplina il potere, ma il potere che disciplina la legge.
Il nuovo decreto-legge del governo, approvato in Consiglio dei ministri nella giornata del 14 dicembre
ed in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale,
ha prorogato lo stato di emergenza dal 31 dicembre 2021 al 31 marzo 2022,
superando il limite massimo dei 24 mesi stabilito dal D.Lgs. n. 1/2018 (art. 24).
Quanto successo merita qualche considerazione di natura squisitamente giuridica.
Il D.Lgs. n. 1/2018 è un atto avente valore e forza di legge disciplinato dal primo comma dell’art. 77 della Costituzione,
dunque fonte del diritto di rango primario, come il decreto-legge, disciplinato dal secondo comma dell’art. 77,
che però ha solo forza di legge, il valore lo acquisisce solo successivamente con la conversione in legge da parte delle Camere entro sessanta giorni.
Alla luce del criterio della successione delle leggi nel tempo (“lex posterior derogat priori”), il decreto-legge del 14 dicembre 2021 “supera” il D.Lgs. n. 1/2018.
Ma in che modo?
Il recente decreto-legge, nello specifico, non modifica né abroga espressamente il terzo comma dell’art. 24 del D.Lgs. n. 1/2018,
ma si limita a prorogare le date dello stato di emergenza inizialmente previste da due precedenti decreti-legge
(successivamente convertiti in legge) del marzo-maggio 2020 (d.l. n. 19 del 25/3/2020 e d.l. n. 33 del 16/5/2020).
Si tratta dunque di una modifica implicita del Decreto Legislativo,
una forzatura con la quale si viene tacitamente a creare una antinomia nell’ordinamento,
dal momento che - a rigore - si aggiunge una nuova disposizione a quella precedente, senza necessariamente sostituirla.
Un esempio da manuale di “mala legislazione”.
Ci sono però altri aspetti che vanno sottolineati.
Fin dall’inizio dell’emergenza si sono sovrapposti due diversi modelli “emergenziali”:
da un lato l’emergenza delineata dal codice della protezione civile, dunque lo schema dettato dal D.Lgs. n. 1/2018
secondo il quale la delibera dello stato di emergenza spetta al Consiglio dei ministri
con sua deliberazione nei limiti temporali dei 12 mesi prorogabili per ulteriori 12 mesi,
dall’altro il modello dei Dpcm e decreti ministeriali, successivamente sostituiti – dal governo Draghi – con decreti-legge.
Dagli atti amministrativi agli atti aventi forza di legge.
Lo spartiacque è rappresentato dal decreto-legge n. 105 del 23 luglio 2021
che prorogava lo stato di emergenza dal 31 luglio al 31 dicembre 2021
non più con una delibera governativa bensì con atto avente solo forza di legge.
Il recente decreto-legge ha prorogato lo stato di emergenza oltre il termine dei 24 mesi stabilito dal D.Lgs. n. 1/2018.
La difesa del governo è semplice:
decreto legislativo e decreto-legge sono entrambe fonti del diritto di rango primario,
per cui il decreto-legge successivo nel tempo può modificare (anche in modo tacito) il decreto legislativo precedente.
Va anzitutto osservato che il decreto legislativo ha una supremazia di tipo assiologico rispetto al decreto-legge
in quanto trae origine nella legge delega del Parlamento al Governo, dunque in un intervento delle Camere a priori e non a posteriori,
anche se è d’altro canto vero che tale supremazia viene superata dalla conversione in legge del decreto-legge da parte delle Camere entro sessanta giorni,
conversione che fornisce al decreto-legge (seppur eventualmente modificato) valore di legge. ( MA SE NON VIENE CONVERTITO ? )
Quello che però è più importante rilevare è che con questo modo di operare
si è superato il modello iniziale dell’emergenza, che passa da quello delineato dal codice della protezione civile
- che si basava sull’affrontare l’emergenza con gli strumenti tipici forniti dal D.Lgs. n. 1/2018 -
a quello costruito dal governo Draghi, che si fonda sul trasformare i mezzi straordinari dell’emergenza in mezzi ordinari.
Che questo venga fatto via decreto-legge non modifica il carattere dell’atto amministrativo:
il decreto-legge fornisce al governo solo l’alibi della conversione, che però appunto è solo un alibi.
Non più, dunque, mezzi straordinari in deroga ai mezzi ordinari da utilizzarsi per “limitati e predefiniti periodi di tempo” (12 mesi + 12 mesi),
come previsto dal codice della protezione civile, bensì mezzi eccezionali trasformati in ordinari per periodi di tempo,
sì, determinati, ma che possono essere modificati a piacimento del governo.
In questo modo non avremo più la legge che disciplina il potere, ma il potere che disciplina la legge.