HOUSTON!!! HO 3000 PROBLEMI!

....e nessun costituzionalista e nessun giudice che dica mah .......


Il nuovo decreto-legge del governo, approvato in Consiglio dei ministri nella giornata del 14 dicembre
ed in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale,
ha prorogato lo stato di emergenza dal 31 dicembre 2021 al 31 marzo 2022,
superando il limite massimo dei 24 mesi stabilito dal D.Lgs. n. 1/2018 (art. 24).


Quanto successo merita qualche considerazione di natura squisitamente giuridica.


Il D.Lgs. n. 1/2018 è un atto avente valore e forza di legge disciplinato dal primo comma dell’art. 77 della Costituzione,

dunque fonte del diritto di rango primario, come il decreto-legge, disciplinato dal secondo comma dell’art. 77,

che però ha solo forza di legge, il valore lo acquisisce solo successivamente con la conversione in legge da parte delle Camere entro sessanta giorni.

Alla luce del criterio della successione delle leggi nel tempo (“lex posterior derogat priori”), il decreto-legge del 14 dicembre 2021 “supera” il D.Lgs. n. 1/2018.


Ma in che modo?


Il recente decreto-legge, nello specifico, non modifica né abroga espressamente il terzo comma dell’art. 24 del D.Lgs. n. 1/2018,
ma si limita a prorogare le date dello stato di emergenza inizialmente previste da due precedenti decreti-legge
(successivamente convertiti in legge) del marzo-maggio 2020 (d.l. n. 19 del 25/3/2020 e d.l. n. 33 del 16/5/2020).

Si tratta dunque di una modifica implicita del Decreto Legislativo,
una forzatura con la quale si viene tacitamente a creare una antinomia nell’ordinamento,
dal momento che - a rigore - si aggiunge una nuova disposizione a quella precedente, senza necessariamente sostituirla.


Un esempio da manuale di “mala legislazione”.


Ci sono però altri aspetti che vanno sottolineati.


Fin dall’inizio dell’emergenza si sono sovrapposti due diversi modelli “emergenziali”:

da un lato l’emergenza delineata dal codice della protezione civile, dunque lo schema dettato dal D.Lgs. n. 1/2018
secondo il quale la delibera dello stato di emergenza spetta al Consiglio dei ministri
con sua deliberazione nei limiti temporali dei 12 mesi prorogabili per ulteriori 12 mesi,

dall’altro il modello dei Dpcm e decreti ministeriali, successivamente sostituiti – dal governo Draghi – con decreti-legge.
Dagli atti amministrativi agli atti aventi forza di legge.

Lo spartiacque è rappresentato dal decreto-legge n. 105 del 23 luglio 2021
che prorogava lo stato di emergenza dal 31 luglio al 31 dicembre 2021
non più con una delibera governativa bensì con atto avente solo forza di legge.


Il recente decreto-legge ha prorogato lo stato di emergenza oltre il termine dei 24 mesi stabilito dal D.Lgs. n. 1/2018.



La difesa del governo è semplice:

decreto legislativo e decreto-legge sono entrambe fonti del diritto di rango primario,
per cui il decreto-legge successivo nel tempo può modificare (anche in modo tacito) il decreto legislativo precedente.

Va anzitutto osservato che il decreto legislativo ha una supremazia di tipo assiologico rispetto al decreto-legge

in quanto trae origine nella legge delega del Parlamento al Governo, dunque in un intervento delle Camere a priori e non a posteriori,


anche se è d’altro canto vero che tale supremazia viene superata dalla conversione in legge del decreto-legge da parte delle Camere entro sessanta giorni,

conversione che fornisce al decreto-legge (seppur eventualmente modificato) valore di legge. ( MA SE NON VIENE CONVERTITO ? )


Quello che però è più importante rilevare è che con questo modo di operare

si è superato il modello iniziale dell’emergenza, che passa da quello delineato dal codice della protezione civile

- che si basava sull’affrontare l’emergenza con gli strumenti tipici forniti dal D.Lgs. n. 1/2018 -

a quello costruito dal governo Draghi, che si fonda sul trasformare i mezzi straordinari dell’emergenza in mezzi ordinari.


Che questo venga fatto via decreto-legge non modifica il carattere dell’atto amministrativo:
il decreto-legge fornisce al governo solo l’alibi della conversione, che però appunto è solo un alibi.


Non più, dunque, mezzi straordinari in deroga ai mezzi ordinari da utilizzarsi per “limitati e predefiniti periodi di tempo” (12 mesi + 12 mesi),

come previsto dal codice della protezione civile, bensì mezzi eccezionali trasformati in ordinari per periodi di tempo,

sì, determinati, ma che possono essere modificati a piacimento del governo.



In questo modo non avremo più la legge che disciplina il potere, ma il potere che disciplina la legge.
 
Alla fine la montagna della Commissione
ha partorito un topolino di direttiva sugli immobili,
o meglio una topa piuttosto invadente,
ma meno di quanto si temesse.

Però attenti che qualche grossa sorpresa c’è.


Prima di tutto la bozza proposta la potete trovare a questo link, lasciamo a voi farvi, se volete, la vostra idea.

Se leggete la bozza noterete come è piena di correzioni all’ultimo minuti.

Ci sono intere parti cancellate, parole pesanti e influenti, che sono state cancellate all’ultimo secondo.

Qualche telefonata dalle capitali europee ha fatto uscire i funzionari della commissione dalla propria bolla?


Vediamo qualche parte interessante :
  1. Gli edifici pubblici dovranno essere ristrutturati entro il 2030 secondo i criteri di neutralità climatica, cioè classi A e B.

  2. Vedremo se lo faranno.

  3. I grandi lavori di ristrutturazione degli edifici esistenti, indipendentemente dalle loro dimensioni,
  4. offrono l’opportunità di adottare misure convenienti per migliorare le prestazioni energetiche.
  5. Per ragioni di economicità, dovrebbe essere possibile limitare i requisiti minimi di prestazione energetica
  6. alle parti rinnovate che sono più rilevanti per la prestazione energetica dell’edificio.
  7. Gli Stati membri dovrebbero poter scegliere di definire una “ristrutturazione importante”
  8. in termini di percentuale della superficie dell’involucro edilizio o in termini di valore dell’edificio.
  9. Se uno Stato membro decide di definire una ristrutturazione importante in termini di valore dell’edificio,
  10. valori come il valore attuariale o il valore attuale basato sul costo di ricostruzione,
  11. escluso il valore del terreno su cui è situato l’edificio, potrebbe essere usato.
  12. Quindi se si ristruttura, a seconda della dimensione della ristrutturazione,
  13. potranno essere imposti i vincoli di neutralità climatica.
  14. La scelta è lasciata agli stati.

  15. Viene definito un database nazionale degli edifici di proprietà pubblica
  16. (Quindi incluse le case popolari) con necessità di loro classificazione per dispersione energetica
  17. ed un piano di ristrutturazione verso la classe A e B con tanto di verifica del piano stesso quinquennale.

  18. Sorge una banale domanda: Chi pagherà le ristrutturazioni ?

  1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che i requisiti minimi di prestazione energetica
  2. per gli edifici o le unità immobiliari siano fissati al fine di raggiungere almeno livelli ottimali in funzione dei costi.
  3. La prestazione energetica è calcolata secondo la metodologia di cui all’articolo 43.
  4. I livelli ottimali in funzione dei costi sono calcolati secondo il quadro metodologico comparativo di cui all’articolo 65.
  5. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che siano fissati requisiti minimi di prestazione energetica
  6. per gli elementi edilizi che fanno parte dell’involucro edilizio
  7. e che hanno un impatto significativo sulla prestazione energetica dell’involucro edilizio
  8. quando vengono sostituiti o adattati, al fine di al raggiungimento di almeno livelli ottimali in termini di costi.
  9. Nel fissare i requisiti, gli Stati membri possono distinguere tra edifici nuovi ed esistenti e tra diverse categorie di edifici.
  10. Quindi queste sono le normative a cui saranno sottoposti gli obiettivi nuovi.

  11. Saranno possibili alcune esenzioni per immobili abitati meno di quattro mesi l’anno
  12. o per quelli di culto , ma NON saranno esentati immobili di carattere storico/artistico.

  1. Ed ora la parte più “Acida”.

  2. Art 8. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che,
  3. in caso di ristrutturazioni importanti di edifici, la prestazione energetica dell’edificio
  4. o della sua parte ristrutturata sia migliorata al fine di soddisfare i requisiti minimi di prestazione energetica
  5. fissati a norma dell’articolo 54, nella misura in cui ciò sia tecnicamente , funzionalmente ed economicamente fattibile.
  6. Tali requisiti si applicano all’edificio o all’unità immobiliare ristrutturata nel suo insieme.
  7. In aggiunta o in alternativa, possono essere applicati requisiti agli elementi edilizi ristrutturati.
  8. 2. Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per garantire che,
  9. quando un elemento edilizio che fa parte dell’involucro edilizio
  10. e ha un impatto significativo sulla prestazione energetica dell’involucro edilizio,
  11. viene adattato o sostituito, il rendimento energetico dell’edificio
  12. soddisfa i requisiti minimi di prestazione energetica nella misura in cui ciò che è tecnicamente,
  13. funzionalmente ed economicamente fattibile.
  14. Quindi le ristrutturazioni che comporteranno modifiche alle parti esterne dovranno prevedere l’isolamento dell’immobile.
  15. Si prevede che gli stati incentivino questi interventi: andiamo verso un 110% permanente?

  16. A norma dell’articolo 15, gli Stati membri sostengono il rispetto di
    standard minimi di prestazione energetica mediante tutte le seguenti misure:

  17. a) fornire adeguate misure finanziarie, in particolare quelle mirate, a famiglie vulnerabili,
  18. persone colpite da povertà energetica o che vivono in condizioni sociali alloggio, in linea con l’articolo 22 della direttiva

  19. (b) fornire assistenza tecnica, anche attraverso sportelli unici;

  20. (c) progettare schemi di finanziamento integrato;

  21. (d) eliminazione degli ostacoli non economici, compresi gli incentivi frazionati;

  22. (e) monitorare gli impatti sociali, in particolare sui più vulnerabili.

La normativa quindi non prevede più un oggettivo esproprio,

ma una serie di vincoli fortissimi, a privati e stati membri,

per obbligare comunque a effettuare delle costose e non si sa quanto utili ristrutturazioni.


Il cambiamento climatico è l’alibi che permette ormai una vera e propria cancellazione dei diritti degli stati e personali,

praticamente è il nuovo leit motiv per la sovietizzazione delle società.


Il tutto ovviamente fra le adulazioni dei media.
 
...dovranno mettere finestre e tetto al Colosseo...ma il nucleare é diventato "verde"....
......i "furbi" pagheranno ai francesi incentivi e costi per riscaldare il triste inverno...
....le scorie nucleari ci verranno, gentilmente, regalate...
 
I semiconduttori, i microchip, sono alla base della nostra tecnologia attuale.

Automobili, smartphone, televisori Lcd, nulla potrebbe funzionare senza questi essenziali componenti,
la cui scarsità può portare a forte restrizioni nella capacità produttiva, come abbiamo assaggiato nel 2020.

Ecco i prodotti in cui i microchip trovano applicazione:

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Ora vi proponiamo un’infografica di Visual Capitalist che spiega molto bene cosa succede nella catena logistica dei microchip.
Dopo l’immagine una spiegazione scritta.

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Qual’è la struttura della catena logistica dei microchip?

Una catena di fornitura integrata di semiconduttori coinvolge migliaia di aziende, milioni di persone e miliardi di dollari.

La catena può essere suddivisa in fasi che si verificano in tutto il mondo, meglio conosciute come il modello della “fonderia”, “Foundry Model”:
  • Progettazione: i progetti di chip a semiconduttore vengono creati per l’utilizzo di dispositivi specifici o generali.

  • Produzione (Front End): i wafer di silicio vengono elaborati attraverso un’ampia serie di passaggi di produzione, quindi tagliati a cubetti in più chip (chiamati anche matrici o dispositivi).

  • Produzione (Back End): i chip vengono stratificati e assemblati in pacchetti che possono essere montati su circuiti stampati.
  • I chip confezionati vengono quindi testati in diverse condizioni elettriche e di temperatura.

  • Integrazione nel prodotto finale: i chip vengono integrati dai produttori di componenti elettronici e apparecchiature per creare prodotti finali per i consumatori.

  • Utilizzo: i prodotti finali vengono spediti ad aziende, rivenditori e consumatori in tutto il mondo.
L’intero processo, dall’inizio della progettazione e produzione fino all’integrazione del prodotto finale, richiede mesi.

Ma alla fine, quei chip prodotti finiscono in smartphone, computer, automobili, server, case intelligenti e altre tecnologie in tutto il mondo.

Diversi tipi di aziende nella produzione di semiconduttori

Nel 2020, nonostante il rallentamento economico causato dalla pandemia,
sono state spedite in tutto il mondo circa 1400 miliardi di unità di chip a semiconduttore.

Quei chip sono stati prodotti da molti tipi di aziende che occupano parti diverse della catena di approvvigionamento.

Alcuni sono nomi familiari nell’elettronica,
mentre altri sono aziende di produzione meno conosciute responsabili della maggior parte del consumo mondiale di chip.

Queste aziende operano secondo il modello della fonderia, noto anche come design fabless.


Il modello affida ad aziende specializzate diverse fasi della produzione:
  • Le aziende di semiconduttori Fabless e i produttori di elettronica (e aziende di progettazione indipendenti) creano il design e le specifiche richieste per i loro chip.

  • Le fonderie sono incaricate di produrre i chip progettati.

  • Le aziende OSAT (assemblaggio e test di semiconduttori in outsourcing) assemblano, confezionano e testano i chip per il consumo.
  • ASE Global è il leader di mercato nei servizi di assemblaggio e collaudo, godendo del 30% del mercato globale OSAT nel 2021.

  • Le aziende OEM (produttori di apparecchiature originali) e EMS (servizi di produzione elettronica)
  • a contratto integrano il chip confezionato nei dispositivi.
  • ASE Global è anche un fornitore leader di EMS e, nel corso della storia dell’azienda, ha contribuito a produrre più di tre trilioni di chip.
I dispositivi vengono quindi venduti dalle aziende fabless e dai produttori di elettronica all’inizio della catena.

Allo stesso tempo, ci sono anche IDM (produttori di dispositivi integrati) che progettano, producono e vendono i propri chip.

Questo era il modello tradizionale di sviluppo dei chip e gli IDMS in genere non erano considerati parte del modello di fonderia,
ma molti IDM ora esternalizzano anche parte dei loro cicli di produzione.

Quindi abbiamo due catene alternative:
una di sviluppo esterno, in cui la grande società effettua solo il design,
e una in cui tutto è invece sviluppato internamente.

Le aziende che compongono la filiera dei semiconduttori sono sparse in tutto il mondo,
dagli Stati Uniti alla Cina, Corea del Sud, Taiwan e Germania.

Un chip finito può contenere componenti che hanno percorso più di 25.000 miglia al momento dell’integrazione del prodotto finale.

È una catena di approvvigionamento complicata ma necessaria che potenzia la tecnologia del presente e del futuro.

Dai progressi nel 5G e nell’intelligenza artificiale alle fabbriche intelligenti
e ai progressi nel settore automobilistico e dell’informatica quantistica,
le aziende nella catena di fornitura dei semiconduttori rendono tutto possibile.
 
I National Archives il 15 dicembre hanno reso noti quasi 1.500 documenti governativi
precedentemente segreti sull’assassinio del presidente John F. Kennedy nel 1963,
in linea con una scadenza fissata dal presidente Joe Biden in ottobre.


Trump, per la verità, aveva promesso di rendere noti TUTTI i documenti, ma Biden ha ridotto l’obiettivo.


I 1.491 documenti sono stati distribuiti in conformità con uno statuto federale
che richiede al governo di rilasciare gli atti in suo possesso riguardanti l’assassinio di Kennedy.

Includono cavi segreti della CIA,
promemoria interni
e altri documenti collegati all’assassinio di Kennedy a Dallas, il 22 novembre 1963,
per il quale l’uomo armato Lee Harvey Oswald fu arrestato.

Oswald è poi morto quando gli hanno sparato circa due giorni dopo,
ucciso dal proprietario di un locale notturno e presunto associato mafioso Jack Ruby.


Molti dei file fanno luce sulle visite di Oswald all’ambasciata sovietica e cubana
e menzionano le tensioni tra gli Stati Uniti e Cuba
ed una dichiarazione del leader Fidel Castro sulle possibili minacce per i leader statunitensi
se avessero aiutato in qualsiasi tentativo di eliminare i leader di Cuba.”


I documenti includono anche la discussione, nei giorni successivi all’assassinio,
del potenziale coinvolgimento di Cuba nell’uccisione di Kennedy.

Un documento della CIA contrassegnato come “Segreto” afferma che un individuo
con cui l’assassino di Kennedy ha parlato, era il console dell’ambasciata sovietica,
che aveva legami con il “dipartimento assassini” del KGB.

La coppia ha discusso degli sforzi del sicario per ottenere un visto per visitare l’Unione Sovietica, secondo i documenti.

Il 3 ottobre 1963, più di un mese prima dell’assassinio,
Oswald tornò negli Stati Uniti attraverso un valico al confine con il Texas.


Un altro documento descrive in dettaglio cosa si dice fossero complotti della CIA per assassinare Castro,
incluso uno schema del 1960 “che prevedeva l’uso della malavita criminale con contatti all’interno di Cuba”.


È stato anche reso pubblico un rapporto secondo cui gli australiani nel 1962
avevano ricevuto una soffiata da un uomo che sosteneva che ci fosse un complotto per uccidere Kennedy.

L’uomo ha affermato di essere un autista per i diplomatici sovietici.

Ne è seguita un’indagine, ma i funzionari hanno concluso che la pista non era credibile.


Insomma ci sono ancora più misteri attorno a un crimine avvenuto 60 anni fa…
 
Un gruppo di esperti che consiglia i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) sui vaccini
si incontrerà giovedì per discutere gli aggiornamenti sulle modalità d’uso del vaccino COVID-19 di Johnson & Johnson,
dopo gli aggiornamenti circa un effetto avverso grave.

Il panel ascolterà le presentazioni dei funzionari del CDC sulla trombosi con sindrome da trombocitopenia (TTS),
che secondo la FDA statunitensi ha una “relazione causale” legata al vaccino,
secondo una bozza di ordine del giorno per l’incontro.



La sindrome è una combinazione di coaguli di sangue e bassi livelli di piastrine nel sangue.


La preoccupazione per i pazienti che hanno contratto la sindrome dopo aver ricevuto il vaccino
ha portato a una pausa quasi nazionale nella somministrazione del vaccino in primavera,
ma la pausa è stata revocata dopo che la Food and Drug Administration (FDA)
ha stabilito che i benefici del vaccino superavano i suoi rischi.


Da allora, sono emerse ulteriori prove che collegano la sindrome al vaccino.


I ricercatori del CDC il mese scorso hanno scoperto che le persone che hanno ricevuto il vaccino Johnson & Johnson (J&J)
avevano molte più probabilità di sperimentare la sindrome rispetto alle persone che hanno ricevuto un vaccino Moderna o Pfizer COVID-19.

Il tasso di segnalazione al Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS),
un sistema gestito dal CDC e dalla FDA, è stato di 3,55 per milione di dosi somministrate per il vaccino Johnson & Johnson,
rispetto a 0,0057 per milione di dosi somministrate dopo uno degli altri vaccini .

Il tasso era il più alto tra le donne di età compresa tra 30 e 39 anni.

Al 16 dicembre, 1.700 casi di TTS a seguito della somministrazione del vaccino di J&J
sono stati segnalati al VAERS, secondo una revisione del database di Epoch Times.

Ci sono state anche 1.429 segnalazioni di trombosi e 265 segnalazioni di trombocitopenia.

Complessivamente, si dice che le condizioni abbiano provocato 89 morti.


Ricordiamo che VAERS è un sistema passivo a cui chiunque può riferire,
ma gli studi hanno indicato che il numero di segnalazioni presentate al sistema è una sottostima dei problemi successivi alla vaccinazione.


La FDA ha aggiornato le schede informative per il vaccino questa settimana,
avvertendo le persone con una storia di TTS dopo la vaccinazione di non ricevere il vaccino J&J.

La TTS è ora elencato come controindicazione.

Ciò significa che le persone possono potenzialmente ottenere esenzioni mediche dai mandati vaccinali
se hanno avuto reazioni avverse ai vaccini con vettore di adenovirus come il colpo di J&J.


Una semplice domanda: FDA e EMA hanno autorizzato, anche se emergenzialmente, questo vaccino.


Sulla base di quali dati è stata fatta questa scelta?


Sul fatto solo che bisognava prendere tutti a bordo?
 
Oltre 90 miliardi di metri cubi di metano in fondo al mare italiano.

120 miliardi, se si considerano le risorse potenziali di gas non ancora accertate
.


In questo momento sono lì, ad attendere che qualcuno ne faccia qualcosa.

Di sicuro sono passati due anni e mezzo da quando è scattata la moratoria su permessi e concessioni in attesa del Pitesai.

Ci sono impianti bloccati nell'Alto adriatico, dall'Emilia Romagna, per esempio al largo di Comacchio,
alle Marche al largo di San Benedetto del Tronto e Alba Adriatica, sospensioni al largo della Puglia e forti potenzialità anche lungo le coste della Sicilia.


C'è per esempio il caso Argo-Cassiopea, a Gela.
Qui Eni-Med in joint-venture con Edison puntava a investire fino a 1,8 miliardi per sfruttare il gas nel canale di Sicilia,
attraversi 4 pozzi sottomarini collegati a una centrale di trattamento da realizzare all'interno del perimetro della raffineria di Gela.


Come scrive sul Messaggero Roberta Amoruso,
ora il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee,
la mappa delle attività possibili, potrebbe essere arrivato al traguardo dell'ok degli enti locali.

Ma nel frattempo gli investimenti delle imprese si sono quasi azzerati.

Ci vorrebbero comunque anni per rimettere in moto la macchina.

È come essere seduti su un tesoro che vale almeno 150 miliardi di euro,
considerato il prezzo di un metro cubo di gas,
ma lasciare che a trarne beneficio siano altri.

La Croazia, per esempio, o l'Albania e la Grecia, che succhiano come possono e senza stop
dagli stessi giacimenti in fondo al mare, ma lo fanno dalla loro “cannuccia”, dall'altro lato dell'Adriatico.


Oggi di quei 120 miliardi di metri cubi, l'Italia ne produce soltanto 4.

Ma ne consuma oltre 70.


Il resto lo compra all'estero, dalla Russia, dal Qatar, dall'Algeria, dalla Norvegia e anche dagli Stati Uniti.

Senza contare che trasportare tutto questo gas ha il suo impatto sull'ambiente.


L'Italia potrebbe dunque produrre in casa al costo di 5 centesimi
e anche rivenderne una parte e guadagnarci anche tanto.



Invece è costretta ad acquistare al prezzo che decide il mercato.

Ieri un metro cubo di gas è arrivato a sfiorare 140 centesimi (con massimi a 138).

E quel che è peggio è che il metano ha trascinato con sé anche i prezzi dell'elettricità, ben oltre quota 300 per megawattora.


E magari potrebbe arrivare anche l'ok della Germania al North Stream 2,
il nuovo gasdotto che collega la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico, aggirando quindi l'Ucraina.

Mancano i requisiti e permangono dubbi sulla sicurezza, dicono per ora da Berlino.

Il premier Draghi ha però capito che non c'è tempo da perdere:
va attuato un piano strutturale salva-bollette che metta al riparo l'Italia
da una crisi energetica che può rivelarsi più lunga del previsto.


L'Italia deve poter mettere mano ai suoi giacimenti di gas.


La moratoria delle trivelle scattata a febbraio ha di fatto congelato circa 150 autorizzazioni:

73 permessi di ricerca già in vigore

e altri 79 per i quali è pendente la richiesta.


Più altre 5 richieste di prospezione, che nel gergo tecnico significa sempre esplorazione del sottosuolo,
ma senza l'utilizzo di macchine per la perforazione.


Eppure, che più di
qualcosa stava cambiando si è capito già mesi fa, ad aprile,
quando è arrivato il Via libera ambientale a 10 progetti per sfruttare i giacimenti nazionali di metano e petrolio
nascosti nel sottosuolo emiliano (società petrolifere Po Valley e Siam)
e sotto i fondali dell'Adriatico (Po Valley ed Eni) e del Canale di Sicilia (Eni).
 
Ma chi dirigeva il governo quando è stata presa questa decisione ? Uno a caso.


Conte si è detto determinato

«a introdurre una normativa che non consenta più il rilascio di nuove concessioni di trivellazione per estrazione di idrocarburi.

Chi verrà dopo di noi, se mai vorrà assumersi l’irresponsabilità di far tornare il Paese indietro, dovrà farlo modificando questa norma di legge».




E c'è chi lo aveva previsto :

"E' una grande presa in giro degli Italiani. Non perforando in Italia
semplicemente importeremo il gas dall'estero. Pagandolo di più.
Inquinando di più. Togliendo lavoro alle Aziende Italiane".

Scritto il 28 Settembre 2019
 

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