HOUSTON!!! HO 3000 PROBLEMI!

La Commissione Medico Scientifica Indipendente
elenca 16 motivi per cui sarebbe opportuno non vaccinare i bambini contro il Covid

Rischio Miocarditi e pericarditi, per l’Aifa massimo un caso ogni 10.000.

In Giappone miocarditi e pericarditi riconosciute dal ministero della salute
come possibili gravi effetti collaterali.

Israele, nonostante la terza dose i casi tornano a risalire per “colpa” della variante Omicron.

Una vaccinata incappa in una reazione avversa ma ottenere un’esenzione diventa difficilissimo.

“La Stampa” titola: malato di Covid rifiuta le cure e muore in casa a Padova.
I vicini: era No Vax.
Leggendo poi il testo si scopre invece che era vaccinato con due dosi.

Se la cava solo con un rimprovero il dottor Raoult accusato in Francia
di aver promosso l’idrossiclorochina contro il covid.

Green pass direttamente sul biglietto per il trasporto pubblico?

Brescia, iniziato il processo all’ex primario accusato di aver somministrato farmaci letali ai pazienti.

Grande festa a Chivasso per la riapertura della Torteria di Rosanna dopo la vittoria in Cassazione:
“precedente fondamentale anche per tutti gli altri locali, dobbiamo unirci” .
 
Prevedo tempi bui.....ma bui bui......
Ora più di prima. Ora più che mai.
FUORI DALL'EUROPA.


Il raggiungimento della neutralità climatica al 2050

e l’obiettivo intermedio del taglio del 55% delle emissioni di CO2 al 2030

passano anche dalla riqualificazione energetica degli edifici,

con nuovi standard che saranno proposti il 14 dicembre dalla Commissione Ue

nella revisione della direttiva sul Rendimento energetico dell’edilizia

(Energy performance building directive, Epbd)

che interessa gli edifici pubblici e privati.



La nuova certificazione diventa più stringente
e sarà obbligatoria per gli edifici da costruire,
da ristrutturare,
in caso di vendita
o di rinnovo dell’affitto.


Vediamo nel dettaglio cosa cambia secondo l’ultima bozza — oltre 70 pagine — visionata dal Corriere,
che deve però passare al vaglio ancora di due riunioni
(giovedì c’è la discussione tra i gabinetti e lunedì quella dei capi di gabinetto)
prima di arrivare sul tavolo del Collegio dei commissari il 14 dicembre per la sua adozione.


Quindi sono ancora possibili cambiamenti.


Il nuovo articolo 9, che stabilisce gli standard di rendimento degli edifici,

prevede al comma 1 l’obbligo per gli Stati membri di assicurare che dal 2027

gli edifici pubblici appartengano alla classe F (quindi niente più G che è la peggiore)

e dal 2030 dovranno salire di una altro gradino alla classe E.


Gli edifici residenziali, case e appartamenti, dovranno rientrare almeno nella classe F dal primo gennaio 2030

e salire almeno alla classe E dal 2033
.


Classe energetica G «fuori dal mercato»


Cambia, se la bozza viene confermata, anche la certificazione dell’efficienza energetica degli edifici.


I nuovi articoli 16 e 17 rendono più stringente il livello di certificazione degli Stati membri:


dal 31 dicembre 2025 il certificato dovrà seguire un modello (template) prestabilito europeo,

mentre ora gli Stati membri hanno più discrezionalità nel redigere il modello.


Sarà introdotto l’obbligo di rilasciare questo certificato per gli edifici e le case

che vengono costruiti,

venduti,

ristrutturati

o anche in caso di rinnovo del contratto d’affitto (finora era in caso di un nuovo contratto)
.



Questo vuol dire che gli edifici con classe energetica G, la peggiore nella classifica del rendimento energetico

resteranno automaticamente fuori del mercato a meno che non passino di classe.




Sono tuttavia previste delle esenzioni per gli edifici considerati storici,
dedicati al culto,
ufficialmente protetti o temporanei,
oppure inferiori ai 50 metri quadrati.


La prevedibile opposizione degli Stati membri

La direttiva prevede anche incentivi che possono essere usati dagli Stati membri
per aiutare la riqualificazione degli edifici pubblici e privati.

L’articolo 15 stabilisce che gli Stati membri potranno fornire strumenti finanziari appropriati, incentivi e altre misure per
«affrontare le barriere di mercato e stimolare gli investimenti necessari nel rinnovamento energetico in linea con il loro piano nazionale di rinnovamento degli edifici».


Inoltre potranno intervenire a livello regolatorio,

potranno usare il Recovery Plan,

il Social Climate Fund,

i fondi per a politica di coesione

ed il proramma InvestEu.


Potranno anche prevedere finanziari ad hoc come prestiti e mutui per le riqualificazioni degli edifici.


Questa direttiva sarà comunque difficile da far digerire agli Stati membri

che devono anche fare i conti con l’estensione del sistema Ets

(il sistema per lo scambio delle quote di emissione di CO2)

all’edilizia e ai trasporti su strada,

i cui costi — temono i Paesi Ue ma anche il Parlamento Ue — rischiano di ricadere su famiglie e imprese
.
 
Ultima modifica:
Io dico che è da "irresponsabili" mantenere delle fasce così ristrette.
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Se hai 124 ricoverati in terapia intensiva il 5 dicembre e questi sono l'8% dei posti letto disponibili,
significa che hai circa 1550 posti letto a disposizione in totale.

Oggi ne sono ricoverati 136.

Significa che ci sono circa 1414 liberi. (MILLEQUATTROCENTOQUATTORDICI)

E noi settimana prossima potremmo andare in zona gialla ? BUFFONI
 
Una riflessione che il filosofo Marco Bassani ha affidato a Facebook


L’alta borghesia milanese ha fomentato la cacciata degli ottimi amministratori austriaci nel 1848.

Nell’estate, nella pianura lombardo-veneta, i contadini accolgono gli austriaci al grido di “arrivano i nostri”.

A Milano il popolo mormora “sono stati i signori”.

Le classi agiate di Milano si sono innamorate di un sabaudo,
ben bizzarro e impraticabile progetto unificazionista e centralizzatore.


Successivamente la borghesia ha tirato un bel sospiro di sollievo
quando nel maggio del 1898 Fiorenzo Bava Beccaria massacrava la “folla che pan domandava”.

Dopo un paio di decenni guardava a San Sepolcro il nascente mussolinismo con occhio a for poco benevolo.
Ben più benevolmente la borghesia della città più importante delle aree italiche
ha guardato al regime e in parte anche a Salò.


Salvo dichiararsi antifascista e partigiana dopo il crollo del fascismo.


Nel Dopoguerra si è divisa fra filosovietici e comunisti non stalinisti,

per poi fare l’occhiolino alla più violenta sinistra extraparlamentare.



Nel 1976 l’attacco alla prima della Scala dei circoli del proletariato giovanile fu solo una guerricciola di famiglia.

Negli anni Ottanta la stessa borghesia ha appoggiato il sacco socialista di Milano,
per poi saltare sul carro degli epuratori dipietristi una volta archiviata la prima partitocrazia.


Si è un po’ divisa su Silvione, ma il personaggio era talmente sfuggente che era difficile pronunciarsi.

Alcuni tenevano al pool di Milano, altri parteggiavano per Silvio:

d’altra parte è triste riconoscerlo, ma qui non tutti tifano Milan.


Nell’ultimo decennio la borghesia milanese è frastornata,

ma come la Confindustria si schiera “sempre dalla parte del governo”, purché non sia eletto.


I quattro minuti di applausi al Presidente della Repubblica di ieri

sono in piena sintonia con tutto ciò che storicamente rappresenta la borghesia milanese:

la propria assoluta irrilevanza e subalternità.
 
Intervenendo al convegno di Torino, con Cacciari e Agamben,
Maria Rita Gismondo, direttrice del laboratorio di microbiologia clinica e virologia del Sacco di Milano,
sgancia una vera e propria bomba sul vaccino ai bambini sotto i 12 anni.


L’atto di accusa

In un lungo e argomentato j’accuse contro una politica sanitaria dominata dal dogma,

la coraggiosa ricercatrice ha definito in una efficace sintesi,

sostenendo anche di aver ricevuto diffide e intimidazioni da parte della “scienza” allineata col governo,

alcuni misteri nella gestione della pandemia la quale, con molti aspetti oscuri,

ci ha condotti ad un’unica soluzione per tutti: vaccinarsi punto e basta.



Monoclonali ignorati

Aspetti oscuri, ha sottolineato la Gismondo,

legati alle terapie domiciliari mai prese in considerazione dal Ministero della Salute,

il quale prima dei vaccini puntava su paracetamolo e vigile attesa, e all’uso dei monoclonali salvavita.


Sotto questo profilo, sottolinea duramente la virologa,

“nei discorsi istituzionali i monoclonali sono rimasti assenti.

I medici non sono stati invitati ad usarli, non sono stati formati ad usarli.

Tanto che migliaia di dosi arrivate alla scadenza poi sono state regalate all’Ungheria,
perché noi ne abbiamo utilizzate circa milletrecento su centinaia di migliaia acquistate.”



L’affondo di Gismondo sul vaccino ai bimbi

Ma l’elemento dirompente la Gismondo lo affronta verso la fine del suo discorso,
quando per l’appunto affronta la spinosa e controversa questione del vaccino ai bambini.

Così si è espressa la studiosa:

“Passo ad un argomento che io reputo particolarmente tragico

e che è stato trattato da una leggerezza da incoscienti.


Parlo dell’autorizzazione del vaccino nella fascia 5/11 anni.


Allora, 1° dicembre, la Commissione tecnico-scientifica dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco)

dà il via libera all’estensione dell’indicazione del vaccino Pfizer per i bambini da 5 a 11 anni,

con dose ridotta e una formulazione specifica.


L’annuncio arriva a sera tarda.


Dopo solo qualche ora è stata diffusa la notizia che la Commissione era riunita

e che avrebbe lavorato dal 2 al 3 di dicembre, esaminando il dossier.


Quindi son bastate due ore, forse tre, per esaminare tutto e per dare l’autorizzazione.


Nella storia dell’Aifa, sono andata a vedere,

non si ricordano tempi così brevi per l’autorizzazione di farmaci e di vaccini.


Solo qualche ora per una decisione di così importante responsabilità”.



Poi ha aggiunto:

Il documento pubblicato successivamente dall’Aifa è da sgomento.

Perché, dopo aver elencato una serie di fatti assolutamente attaccabili,

imprecisi dal punto di vista scientifico, l’Aifa aggiunge che

“la vaccinazione comporta altri benefici, ad esempio la possibilità di frequentare la scuola

e condurre una vita sociale connotata da elementi ricreativi ed educativi

che sono particolarmente importanti per lo studio psichico della personalità in questa fascia di età”.


Ma io sapevo – punta il dito la Gismondo – che l’Aifa fosse una agenzia sanitaria.


Non ha alcun diritto di esprimere giudizi sociali, men che meno larvatamente discriminativi.


La discriminazione si, sarebbe veramente un nocumento per questi bambini.


Frequentare la scuola non è una possibilità, ma è un diritto -tuona ancora la virologa -.


Io non capisco perché l’Aifa si sia spinta fino a tanto e cosa ci sia dietro a questa dichiarazione”.



Andando poi sul piano più squisitamente scientifico, così prosegue la Gismondo sul vaccino:

“I dati disponibili – dice Aifa – dimostrano un elevato livello e non si evidenziano,

al momento, segnali di allerta in termini di sicurezza.

Il contro canto è quello della Pfizer, l’azienda che produce il vaccino, che dice:

‘pochi dati sul rischio di miocardite nei bimbi; bisogna approfondire’.



Allora io mi chiedo:

perché non attendere?

Perché non seguire le stesse indicazioni che vengono pubblicate sul sito dell’Aifa per la registrazione sicura di un farmaco ?


Perché saltare gli studi su tollerabilità ed efficacia, sulla dose ottimale?

Chi ha scelto la dose ottimale?


L’unico lavoro pubblicato sulla sperimentazione
per questo vaccino dei bambini in quella fascia di età
parla di 2.000 soggetti, di cui metà vaccinati e metà no.

Quindi una significatività irrisoria.

Se ciò si mandasse a riviste serie come Lancet o Nature, verrebbe rifiutato perché non valido.


Allora – conclude la virologa – non siamo no-vax,

siamo ricercatori che hanno coscienza,

che sono attendisti nel rispetto della cautela.


E io direi che nessuno si permetta di tradurre questa dovuta prudenza e aderenza ai protocolli scientifici

per una avversità al vaccino che arrivi, se è efficace e necessario, a tutti”.




Si tratta di un bel masso gettato nell’acqua stagnante di un Paese che ha deciso,

per scelta di chi tiene in mano le redini del potere politico,

di incatenarsi alla linea oltranzista del vaccino per tutti a prescindere,

nell’insensato tentativo di pensare di arrivare alla completa estinzione del Sars-Cov-2.
 
A intervalli regolari ci viene proposta dai media
l’emergenza che ruota attorno alle terapie intensive ‘intasate’ dai malati di Covid e, nello specifico, dai non vaccinati.



I recenti dati di Agenas ci parlano di un incremento di occupazione dei posti di terapia intensiva in Italia,
con 6 regioni che rischiano di passare in zona gialla.


La sensazione è che questa ‘emergenza’ venga rappresentata come tale per poter spingere ancor di più la campagna vaccinale.


Sensazione condivisa e contestata anche da Francesco Borgonovo che, ospite a Zona Bianca, ‘affronta’ Licia Ronzulli e Fabrizio Pregliasco.

“Stiamo terrorizzando le persone” puntualizza il vicedirettore de La Verità

La realtà, dati Agenas (leggi qui) è che le terapie intensive sono al 9%: non sono piene.

Ci sono circa 800 persone ricoverate: tra questi ci sono circa 500 vaccinati, ma ci sono anche 300 vaccinati”.


Percentuale per altro confermata anche dall’allarme dato dal primario da Annamaria Cattelan,
primario di Malattie infettive dell’Azienda ospedaliera di Padova, che svela come nell’ospedale dove lavora,
il 40% di chi è ricoverato in terapia intensiva abbia ricevuto la doppia dose di vaccino.

“Il 60% di loro è no vax – spiega la dottoressa Cattelan parlando dei pazienti in terapia intensiva – hanno tra i 40 e i 60 anni.
E poi c’è un 40% di malati, in gran parte anziani e con co-morbilità che ha fatto il ciclo completo anti Covid
ma non ha ottenuto la risposta immunitaria desiderata.
Siamo tra due fuochi – ammette il primario – dobbiamo gestire dal punto di vista clinico,
comportamentale e psicologico da una parte chi ha rifiutato il vaccino,
dall’altra i delusi del Servizio sanitario nazionale al quale si sono affidati
seguendone ciecamente le raccomandazioni ma finendo ugualmente in ospedale”.


Ed infatti nell’aggiornamento nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità
relativo al monitoraggio dei dati Covid del 1 dicembre 2021 e pubblicato il 3 dicembre 2021

si conferma questo trend:


la scorsa settimana era stato registrato per la prima volta, iel superamento dei vaccinati nei casi di ospedalizzazione:

4.062 vaccinati pari al 52,2% (era il 50,9% la scorsa settimana)

e 3.733 non vaccinati pari al 47,9% (era il 49,1%).


In poche parole significa che le corsie degli ospedali sono piene più di vaccinati che non di non vaccinati.


E sempre i dati dell’ISS ci dicono che nelle terapie intensive
(dove l’efficacia della vaccinazione è obiettivamente maggiore) la situazione resta quasi immutata.

Ovvero l’emergenza non c’è, con un piccolo scostamento dello 0,2% a favore dei vaccinati:

35,6% di pazienti vaccinati

e un 64,4% di non vaccinati.
 
L’altra prima della Scala di Milano, l’apertura della stagione di ballo, rischia clamorosamente di saltare.

Tutta colpa del focolaio di Covid esploso recentemente
e che in un primo momento sembrava destare poca preoccupazione.

Alla ballerina e alle due comparse risultati positivi al virus negli scorsi giorni, però,
si sono aggiunti in queste ore altre cinque persone, facendo così salire il totale dei casi riscontrati a otto.

L’appuntamento con lo spettacolo “La Bayadère”, fissato per il 15 dicembre, è così a forte rischio.


I nuovi positivi, come raccontato da Milano Today, sono un ballerino, due maitre e due bambini.

Stando a quanto riportato dal sindacato Cub in una lettera, però, anche una parrucchiera avrebbe contratto il Covid.

In attesa di un nuovo giro di tamponi, sono state annullate le prove previste per la giornata del 9 dicembre,
mentre quelle dell’11 dovrebbero regolarmente tenersi ma a porte chiuse, in assenza di pubblico.


Sulle sorti della Bayadère si deciderà dunque a breve, non appena sarà arrivato il responso dei nuovi test sugli artisti che dovrebbero andare in scena.

Non è comunque la prima volta che alla Scala di Milano una produzione si è dovuta fermare per colpa del Covid.

La Lucia di Lammermoor, che avrebbe dovuto aprire la stagione lirica lo scorso 7 dicembre, era saltata per un focolaio nel coro.


Lo spettacolo “La Bayadère” è in cartellone fino all’8 gennaio 2022.

La coreografia è di Rudolf Nureyev, ripresa da Florence Clerc e Manuel Legrins, sotto la direzione di Kevin Rhodes.


Una situazione, quella della Scala, accompagnata da inevitabili polemiche.

Da un lato, alcune testate puntano il dito contro presunti No Vax all’interno del corpo artistico.

Dall’altro, le procedure ferree di controlli, con tamponi all’interno del teatro, erano stati al centro di proteste da parte di alcuni ballerini.


A quanto pare, però, nemmeno l’obbligo di certificazione ed il monitoraggio sono sono serviti a evitare il contagio.
 
Uhmmm...leggere questo tipo di notizie.
Quando la capiranno che il passaporto verde non garantisce nulla.
.......ed il siero, pure. "mitiga" il virus, ma " non immunizza".



Tutti regolarmente in possesso di Green pass, per legge.

E tutti vaccinati con doppia dose, come richiesto dai protocolli della compagnia.




Eppure, nonostante le rigide procedure di controllo alle quali si erano sottoposti,
i passeggeri della nave da crociera Norwegian Breakaway
si sono trovati a fare i conti con l’improvvisa esplosione di un focolaio di Covid,
con almeno una decina di persone a bordo risultate positive
quando ci si preparava già a sbarcare nella città americana di New Orleans.


Come raccontato da Usa Today, la nave era partita proprio da New Orleans per poi affrontare un viaggio
che ha portato i passeggeri attraverso il Golfo del Messico e il Mar dei Caraibi, con tappe in Belize, Honduras e Messico.

A bordo circa 3.200 persone, che stavano per sbarcare e mettere così fine alla loro vacanza.

Poi, però, la scoperta dei contagi.

Al momento, tutti sono bloccati ancora a bordo, nel porto della città statunitense:
le persone risultate positive sono state isolate, mentre proseguono i controlli per capire la reale entità del focolaio.

I passeggeri sono bloccati da cinque giorni.


Una volta completate le procedure di verifica,
la compagnia norvegese ha spiegato che i positivi saranno accompagnati nelle loro abitazioni
o in delle strutture apposite di isolamento per persone colpite dal Covid, mentre gli altri saranno liberi di muoversi liberamente.

Le autorità non si sono ancora sbilanciate sulle condizioni di salute delle persone contagiate dal virus.

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Non è la prima volta dall’inizio della pandemia che un viaggio in crociera si trasforma in un pericoloso focolaio di Covid.

Proprio per questo, molte compagnie hanno iniziato ad adottare protocolli più rigidi.

La Norwegian Cruise Lines, proprietaria della nave ferma a New Orleans,
richiede per esempio a tutti i passeggeri di essere vaccinati con doppia dose, come sottolineato sul sito della stessa azienda.


Tutto questo non è però bastato a evitare il contagio.
 
La triste realtà. Principi costituzionali che svaniscono come se nulla fosse.
Ahhhh che tristezza. Che cojoni.



Esprimere liberamente il proprio pensiero non è più, da tempo, un diritto nell’Italia di Mario Draghi,

dove basta ormai avanzare un briciolo di dubbio sull’operato del governo, fosse anche piccolo e legittimo,

per ritrovarsi etichettati come pericolosi “No Vax” da emarginare.


Con la censura già scattata in tv, dove da tempo ormai non viene più dato spazio a voci fuori dal coro.



E con gli stessi giornalisti che, come emerso in queste ore dalla ricostruzione di Michela Tamburrino sulle pagine della Stampa,
si troverebbero ormai ai ferri corti, l’uno contro l’altro, in lite per il protocollo da seguire.


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Secondo La Stampa, infatti, tre giornaliste Rai di spicco, Monica Maggioni, Lucia Goracci e Bianca Berlinguer, sarebbero “sul piede di guerra”.


Il motivo del contendere?

Le diverse sensibilità di ognuna circa l’opportunità o meno di dare risalto anche a voci fuori dal coro.


La direttrice del Tg1 Maggioni, stando a quanto raccontato da Tamburrino, sarebbe totalmente contraria alla presenza dei No Vax,


mentre Berlinguer ha optato per la linea del pluralismo di opinioni, tanto da aver ospitato nelle scorse ore
la web journalist Maddalena Loy, contraria per esempio alla vaccinazione dei bambini.



Tra le due big della Rai, dunque, opposte visioni. E, ovviamente, uno scontro inevitabile.


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Gli animi si sono accesi nelle ultime ore, dopo una serie di attacchi e contrattacchi social.


Di fronte alla categorica presa di posizione di Maggioni

è infatti intervenuta l’associazione Reporters sans frontieres,

che aveva sottolineato come, anche nel bel mezzo di una pandemia,

“il pluralismo di opionioni dei media pubblici andrebbe comunque preservato”.


Qui è scesa in campo anche la corrispondente dall’estero Goracci, che ha difeso la direttrice del Tg1:

“Ora ci pensa lei (con riferimento a Berlinguer, ndr) che ospita puntualmente No Vax urlanti

– per poter loro a sua volta gridare ‘stia zitta!’ – a tutelare l’informazione”.


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Un messaggio scritto in italiano più che trascurabile,
che ha attirato contro Goracci le ironie di utenti che (un po’ malignamente)
le hanno fatto notare la pessima grammatica.

E che ha sancito il delinearsi in maniera netta di due schieramenti opposti, con evidenti difficoltà nel trovare una sintesi.

Non è la prima volta, d’altronde, che assistiamo a contrapposizioni del genere. I

n passato, per esempio, Massimo Giletti era stato attaccato da Enrico Mentana
per la libertà di opionione concessa agli ospiti di Non è L’Arena, riuscendo però sempre a difendere la sua posizione.
 
Però. Se ne accorgono all'estero, mentre noi abbiamo dei pecoroni che sanno solo dire :
"Sì Badrone".


In Italia la situazione non è affatto buona.

Con i diritti sempre più oppressi e con misure sempre meno comprensibili, anche lo stato di salute dell’informazione è precario.


Ce ne rendiamo conto tutti i giorni, leggendo i giornaloni o ascoltando i Tg:
l’informazione va a senso unico, cioè quello a favore di governo.


Il problema è che se ne sono accorti anche al di fuori dei nostri confini e questo fa capire quanto sia grave la questione.


“La lotta alla disinformazione è un valore, ma la censura no”.



Reporters sans Frontières bacchetta così la neo direttrice del Tg1 Monica Maggioni
che nella sua prima uscita pubblica dopo la nomina
ha rivendicato che non darà mai voce a coloro che mettono in discussione la politica di vaccinazione del governo.


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“Non puoi mettere sullo stesso piano – dice la Maggioni – uno scienziato e il primo sciamano che passa per la strada.
Deve tornare a contare la competenza, non tutte le opinioni hanno lo stesso valore”, ha calcato.

Quindi al Tg1 non potranno avere voce nemmeno gli stessi scienziati che criticano il vaccino o i grandi esperti che criticano il Green pass.


“Anche in tempo di Covid il pluralismo delle opinioni nei media pubblici deve essere preservato”,
ha commentato Reporters sans Frontières che ogni anno denuncia le minacce ai giornalisti in giro per il mondo
stilando anche una classifica della libertà di stampa a livello internazionale che vede l’Italia piazzata malissimo.



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Con una serie di tweet – riporta Il Fatto Quotidiano – l’organizzazione non profit
ha stigmatizzato anche l’ex premier Monti che prima ha invocato una sorta di fatwa nei confronti delle voci di dissenso
(“Siamo in guerra serve una somministrazione dell’informazione meno democratica”),
poi ha provato ad aggiustare il tiro dicendo di esser stato frainteso, ma ribadendo il concetto
(“Non ho parlato di censura, ma di democrazia.
Il tema del ruolo dell’informazione nella gestione di una situazione di emergenza come quella del Covid si pone proprio nelle democrazie,
perché nei regimi autocratici il controllo del potere pubblico sull’informazione c’è sempre.
Teniamoci stretta questa libertà, ma c’è da chiedersi come affronta una democrazia le situazioni di emergenza”).

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Parole finite nel mirino di Reporters sans Frontières che ha fatto pure all’ex presidente del Consiglio barba e capelli:


“RSF è profondamente preoccupata per la nascente volontà politica di controllare l’informazione in Italia.

Il senatore ed ex premier Mario Monti ha recentemente chiesto restrizioni alle libertà

e modalità meno democratiche per quanto riguarda la diffusione delle informazioni”.



Per poi chiosare a proposito di libertà d’informazione e servizio pubblico

come sia sempre importante la lotta alla disinformazione, uno scopo che però

“non può essere perseguito a spese della restrizione del pluralismo dei media e della censura delle opinioni critiche nei confronti del governo”.
 

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