HOUSTON!!! HO 3000 PROBLEMI!

Sempre più buio ....Così ti vogliono " inserito in un percorso"
dal quale non potrai più uscire. La limitazione della TUA libertà personale.


Prima è stata la volta del Green pass,

strumento ufficiale di discriminazione di Stato,

un certificato virtuale pensato per pesare sulle tasche dei non vaccinati

(costretti a sottoporsi regolarmente a tampone per poter lavorare)

e costringerli così a rinunciare al proprio diritto di scelta.



Poi è arrivata la versione Super,

una forma ancora più esplicita di ricatto:

non bastano più i test,

per avere una vita normale è necessario essere guariti dal Covid

o aver ricevuto l’inoculazione.




Una strada ben precisa, quella intrapresa dal governo italiano.

Con un solo interrogativo rimasto: quale sarà il prossimo passo?

Presto detto.


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Il Super Green pass, fin qui, non è stato certo il successo sperato da Draghi & co.

I numeri parlano di ritardi nella popolazione anziana e tra i pazienti “fragili”,
tutt’altro che celeri nel rispondere alla chiamata dell’esecutivo.


E così, come raccontato da Niccolò Carratelli sulle pagine della Stampa,

all’interno del Comitato tecnico-scientifico si ragiona già sulla mossa successiva,

la riduzione della durata del Green pass.


A confermare l’ipotesi è stato Fabio Ciciliano, medico della Protezione civile e della polizia nonché membro del Comitato tecnico-scientifico.



Ciciliano ha affrontato con preoccupazione il tema degli over 60 che ancora non si sono presentati per la terza dose:

“Non me lo spiego. Dopo aver completato il primo ciclo vaccinale, non ha senso ritardare il richiamo, specie per chi è più fragile.
Credo sia necessario comunicarlo nel modo più chiaro possibile: dopo il quinto mese bisogna muoversi per fare la terza dose”.



Tra i possibili deterrenti, che rallentano la corsa alla nuova inoculazione,
potrebbe esserci proprio la durata del Green pass, al momento ancora valido per 9 mesi.


Secondo Ciciliano, infatti, la durata della certificazione virtuale “non rappresenta un incentivo,
come lo è invece il Super Green pass per i non vaccinati.

Si pensava che chi aveva aderito in passato alla campagna vaccinale fosse ormai inserito in un percorso,
ma stiamo vedendo che non è per tutti così.

Bisogna chiarire alle persone che la capacità immunologica del vaccino
e la validità amministrativa del Green pass sono due cose ben diverse”.


Possibile, dunque, che si proceda nei prossimi mesi a una revisione della durata del certificato,
che potrebbe a questo punto essere ridotta a 6 o 7 mesi, così da accelerare la corsa alla terza dose.
 
Eh già, a conoscere tutte le manipolazioni dei media .......

La morte dell’ultimo presidente del Sudafrica prima della fine dell’era dell’apartheid
dà motivo di fermarsi a riflettere sullo storico passaggio di potere da Frederick Willem de Klerk a Nelson Mandela 27 anni fa.

All’epoca, i principali media di tutto il mondo descrivevano la fine dell’apartheid come un «miracolo»
e salutavano la nascita della «Nazione Arcobaleno».

I giornalisti americani hanno visto l’inaugurazione di Mandela come il trionfo della democrazia liberale,
mentre i media hanno visto il 1990 come l’anno in cui i liberali hanno sconfitto i mali gemelli del comunismo sovietico e dell’apartheid.


Ma la verità è che, forse per incompetenza o per deliberato disegno,

i media mainstream hanno costantemente sbagliato l’interpretazione della storia del Sudafrica.


Negli ultimi anni, i conservatori hanno notato come la maggior parte dei media
abbia dato priorità alle cause progressiste o di sinistra mentre demonizzava la destra.


E molti potrebbero non rendersi conto che lo stesso giornalismo fallace
è stato vivo per decenni nel riferire della politica sudafricana.


Di conseguenza, ciò che l’Occidente comprende dell’era dell’apartheid, della segregazione e della politica post-apartheid,
non è altro che una narrazione distorta, squilibrata e creata ad arte.


Fin dall’inizio, i media si sono opposti ai politici e ai governi conservatori in Sud Africa, come il National Party (Np).

Allo stesso tempo, si è preferito mettere in luce positivo i «movimenti di liberazione» nei Paesi in via di sviluppo e sulla decolonizzazione.



Di conseguenza, l’African National Congress (Anc) e Mandela, allineati ai comunisti, sono diventati i beniamini dei media.


Una narrazione standard creata da questi giornalisti

era quella dei «cattivi» bianchi e razzisti che sfruttavano e reprimevano le vittime nere.



In effetti, durante la lotta decennale tra Np e Anc,
il pubblico in Occidente ha ascoltato solo notizie positive su un lato della lotta,
similmente a come i media mainstream di oggi hanno ritratto il panorama politico rosso-blu negli Stati Uniti.


Quindi spacchettare come queste società di media abbiano riportato erroneamente la transizione da De Klerk a Mandela è illuminante.


Innanzitutto, la decisione di De Klerk di rilasciare Mandela dal carcere non è stata un «miracolo».

Sarà sembrata un miracolo solo ai giornalisti dei media mainstream
perché avevano costantemente scelto di fraintendere l’apartheid per decenni.


Uno dei problemi principali è la reale difficoltà – e la riluttanza – che i giornalisti di sinistra
hanno avuto nel fare i conti con le motivazioni del governo Np.

Di conseguenza, hanno finito per costruire una narrazione secondo cui De Klerk
sembrava miracolosamente «vedere la luce» e riconoscere il male dell’apartheid.


Ma in realtà, De Klerk era un politico pragmatico e strategico.


Non ha avuto un miracolo «sulla strada per Damasco».

Al contrario, è stata la caduta del muro di Berlino nel novembre 1989
ad innescare il famoso annuncio di De Klerk del febbraio 1990,
che ha visto Mandela liberato dalla prigione,
l’Anc permesso di nuovo nel Paese
e l’inizio dei negoziati su una nuova costituzione.


De Klerk persuase il Np sul fatto che un blocco sovietico crollato
rappresentasse un’opportunità unica per negoziare la costituzione,
perché la caduta del regime comunista aveva gravemente indebolito l’African National Congress (Anc), alleato dei comunisti.


Tuttavia, il «discorso del miracolo» ha guadagnato terreno
perché i media non avevano informato l’Occidente
che l’Anc faceva parte di un gruppo di «movimenti di liberazione»
allineati ai sovietici in tutto il mondo in stretta collaborazione durante la Guerra Fredda.


Per De Klerk, la caduta del muro di Berlino ha rappresentato un’opportunità
per porre fine a 30 anni di guerriglia (finanziata dai sovietici)
e guerre terroristiche che hanno imperversato in tutta l’Africa meridionale.



Questi conflitti si erano persino intensificati in una guerra convenzionale in Angola,
dove le forze sudafricane si erano impegnate in alcune delle più grandi battaglie di carri armati
della storia contro le forze cubane, angolane, sovietiche e della Germania orientale.


Nel frattempo, il crollo sovietico ha visto prosciugarsi il flusso di fondi e armi all’Anc e al Partito Comunista Sudafricano (Sacp).

Quindi, De Klerk ha concluso che questo era il momento di sconfiggere i suoi avversari di vecchia data.


Tuttavia gli eventi si sono rivoltati contro De Klerk, e così hanno dimostrato che si sbagliava.


I media mainstream hanno completamente perso le sue motivazioni ed i suoi ragionamenti.


Decenni di informazioni errate e di interpretazioni erronee delle complesse questioni in Sudafrica

hanno portato i giornalisti a non comprendere i dibattiti del Np sulla transizione a un modello di governo consocializzato,

che avrebbe visto ogni gruppo etnico nel Paese eleggere i propri rappresentanti,

che poi avrebbero governato insieme come autorità centrale (liberamente modellata sul sistema svizzero).



L’Anc era in realtà entusiasta dell’idea più classica
di un sistema in cui tutti i cittadini avrebbero votato
per un unico governo per controllare l’intero Paese
(come avviene nella maggior parte delle democrazie).


Tuttavia, il Np ha respinto questo modello
perché le elezioni nel Continente avevano dato vita a molti governi che erano espressione di specifiche etnie.

Il Np ha sostenuto che un modello maggioritario del tipo «il vincitore prende tutto»
avrebbe reso tutti i gruppi di minoranza politicamente impotenti: u
na situazione comune nella maggior parte delle «democrazie» africane di oggi.

Infatti, durante i negoziati durati quattro anni,
gruppi di minoranze etniche come indiani, africani (come Mangosuthu Buthelezi)
e leader di comunità di razza mista hanno sostenuto il modello di condivisione del potere del Np.


All’inizio, i negoziati andavano a favore del Np.

Tuttavia, l’Anc ha presto scatenato l’«opzione Lipsia»,
che portava a proteste di massa e violenze per destabilizzare i colloqui.


Inoltre, i giornalisti che vedevano questi problemi attraverso paraocchi basati su specifiche ideologie e narrazioni

– che ruotano attorno alla decolonizzazione – davano una mano agli sforzi dell’Anc volti a minare la visione di de Klerk.


I legami sovietici dell’Anc sono stati trascurati nei resoconti dei media,

e l’intera guerra fredda e la dimensione comunista della lotta sudafricana sono state ignorate.


Mandela è stato ritratto come un individuo che lotta per la liberazione e la democrazia,

mentre il suo ruolo nella creazione di Umkonto, l’ala militare guerrigliera-terrorista dell’Anc, è stato minimizzato o omesso.



Successivamente, il mondo – e Hollywood – hanno creduto che la condanna in prigione di Mandela

fosse dovuta alle sue opinioni politiche, mentre in realtà era stato imprigionato per terrorismo.




Il risultato è stata la vittoria finale dell’Anc nel vedere la sua visione radicata nella nuova costituzione e l’inizio del declino costante del Sudafrica.

Ciò ha significato che il mondo di oggi ha ancora poca comprensione di cosa fosse l’apartheid e delle ragioni dietro i conflitti del Paese.


Al pubblico internazionale è stato detto che l’apartheid riguardava il razzismo bianco e la segregazione,

ma la realtà, secondo l’ex segretario di Stato per gli affari africani Chester Crocker,

era che i media mainstream americani «hanno semplificato il trauma del Sudafrica in una serie di frasi emotive sui diritti civili».





Eric Louw è un professore in pensione di comunicazione politica con una carriera che abbraccia le università sudafricane e australiane.
In precedenza, è stato un attivista, giornalista e formatore dei media sotto l’African National Congress,
dove ha lavorato alla transizione del Sudafrica nell’era post-Apartheid.
Louw è un esperto di affirmative action e politiche di potenziamento economico dei neri.
Il suo dottorato è stato conseguito nello studio del marxismo e dei suoi sviluppi postmoderni.
È autore di nove libri tra cui «The Rise, Fall and Legacy of Apartheid» e «The Media and Political Process».
 
La Groenlandia era una terra verde e poi si ghiacciò: spiegatelo a Greta


Questo è un primo articolo sulla cattiveria umana osservata dal punto di vista politico.

Gli economisti si sono finalmente trovati abbastanza d’accordo sul fatto
che far scomparire la povertà dalla Terra è, fra l’altro, un ottimo affare.

Una di quelle cose che gli americani chiamano “Win-Win”, vinci tu che vinco anche io, vincono tutti.

Per molto tempo la soluzione tentata era stata quella di far sparire materialmente i poveri,
ma non ha mai funzionato. Ciò è promettente.


Anche il fulminante presidente del Consiglio Draghi l’ha detto recentemente, da economista:

«Far sparire la povertà è un eccellente affare perché stabilizza le società e attiva non solo le coscienze, ma anche i mercati».



Ho citato più volte in passato il giovanissimo e tisico (morì a vent’anni) filosofo illuminista napoletano
Gaetano Filangieri il quale premette su Benjamin Franklin affinché il nuovo grande Stato rivoluzionario
– gli Stati Uniti d’America – adottassero fra i loro principi irrinunciabili
il diritto a cercare ciascuno la propria dedicata dose di felicità, “The Pursuit of Happiness”,
che non vuol dire il diritto alla felicità.

Che non significa nulla, ma il diritto a cercare col proprio lanternino la propria piccola personale felicità.

Sembra nulla, ma è tutto.


Gli esseri umani come noi – Sapiens, non più clava ma bancomat – sono in giro da pochi minuti geologici: centomila anni.
In questi centomila anni hanno prevalso gli impulsi e il tentativo di organizzarli in collettività oppure di predare i risultati degli impulsi altrui.
Da pochi secondi appena, siamo su una strada nuova e si comincia a chiedere seriamente
che cosa siano la cattiveria e la bontà, lasciando da parte Francesco
che è sicuro che circoli Satanasso in persona che abbiamo sempre sognato di intervistare.


Prima osservazione.

La cattiveria e la bontà umane vanno d’accordo con la meteorologia.

La politica anche: si è diffusa la catastrofica notizia di una nuova variante – che merita il nome di mutazione del maledetto Covid – ed è un’altra bestiaccia.
Per cui di colpo è crollato il prezzo del petrolio grezzo nella previsione di un arresto planetario della produzione industriale
ed una serie di studi di mosse e contromosse per arginare popolazioni affamate, popolazioni terrorizzate e sempre alla ricerca di un capro espiatorio.

Questa la parola chiave: capro espiatorio.

Se qualcosa di male accade, di qualcun altro deve esserci una colpa.

Idea: uccidiamolo fra atroci torture. morti viventi e i viventi che potrebbero morire,
come accadde con la prima grande peste del XIV Secolo descritta da Giovanni Boccaccio
che cambiò lo stato del mondo, del bene e del male, dell’economia, della poesia, della politica,
della letteratura, del commercio, della grandezza dei fiumi.



Che cosa era successo?

Una sciocchezza: era finito il mezzo millennio di surriscaldamento del pianeta

che aveva liquefatto tutti i ghiacci e ghiacciai e iceberg, era tornato il freddo, anzi il gelo,

il grano moriva, le bestie morivano e un terzo dell’umanità morì di fame e di peste

che derivava dal non smaltibile accumulo di cadaveri e carogne in tutto il mondo.



Avvenne quasi di colpo: con Dante, andava ancora bene.

Con Boccaccio, arrivo del morbo, fine della già dimenticata felicità,
la fine del paradiso terrestre del mondo caldo, caldissimo, molto più caldo di oggi,
quando si coltivavano uve rarissime vicino al Polo Nord e le popolazioni dei ghiacci,
come nel Trono di Spade, non trovandosi più davanti al naso muri di ghiaccio e orsi affamati,
poterono finalmente scendere a vele spiegate sull’Islanda, la Groenlandia,
e poi sulle isole inglesi in cui – come racconta drammaticamente Winston Churchill
nel primo volume della sua Storia dei Popoli di Lingua Inglese - non rimase traccia di una sola parola di latino,
fu spazzato via tutto ciò che era appartenuto all’antica preda del console Britannicus
quando ancora “Britannia” non comandava sulle onde e sui popoli.


Era un mondo che moriva, e non c’erano i dinosauri.

C’erano i cristiani, c’erano i musulmani, gli ebrei, i pagani e forme di società tribali sanguinarie.

Cambiò la cattiveria, la distruttività, la capacità di progettare
anche se i nuovi venuti dal nord furono chiamati Normanni
e fecero castelli bellissimi e Federico II talmente s’appassionò al gioco
da creare una lingua italiana artificiale e per poco non ci riuscì con un gruppo di poeti pazzi come Ciullo d’Alcamo.


Rischio: quello che i lettori, specialmente quelli con uno zainetto politico omologato
da portare come una seconda parte di sé, potrebbero obiettare che qui si raccontano favole, per favore parliamo di cose serie.



Basta partire da due date facili:

dall’incoronazione di Carlo Magno nella notte di Natale dell’800,
alla morte di Dante, visto che siamo di settecentenario, 1321.

Mezzo migliaio di anni.

Che accadde?

Un caldo da far paura, altro che l’ultima estate.

Dove correvano tutti quei pinguini?

Come mai i vichinghi si erano piazzati nella lussureggiante Terra Verde,
la Green Land o Groenlandia e facevano legna per le flotte
con cui traversavano un braccio di mare abbastanza corto e si insediavano in Canada?



E poi, con Dante, come sanno gli scolari, vennero Petrarca e Boccaccio.

Boccaccio ci interessa, per la peste.

Lasciando da parte il Decamerone
– un Netflix animato in una lontana cascina per proteggersi in quarantena contro la peste, e godersi gioie proibite –
Boccaccio fu anche un eccellente cronista.


Mi è capitato di leggere in inglese la relazione di Boccaccio sull’arrivo a Messina di navi provenienti dall’Oriente
che portavano con i topi e le pulci, la peste nera che si abbatté rapidamente sull’umanità
eliminandone un terzo e cambiandone per sempre tutti gli aspetti civili, religiosi, politici, letterari.


La peste arrivò in seguito – non scriviamo “a causa” – di un evento climatico:

la Terra, il nostro grazioso pianetino blu passato alla svelta dal caldo al freddo.

Arrivò una piccola micidiale glaciazione.

Le meravigliose terre ai confini del polo che davano i vini più dolci

e la Groenlandia che era piena di paesini di pietra, chiese di pietra

e grandi montoni che rifornivano di pelle tutta Europa, si congelò nell’orrore universale.



Un papa finanziò una spedizione per andare a indagare perché i cari fratelli di Groenlandia non dessero più notizie:

«Sono tutti morti congelati nelle loro case e chiese, con le bestie senza trovare la forza di saltare su una barca e tentare la fuga».

«Preghiamo rispose il papa, affinché il maledetto ghiaccio liberi le nostre terre amate e i cristiani che le abitavano».


Poi passano i secoli e compaiono titoli brutali:

«Si sta fondendo il ghiaccio della Groenlandia e di tutte le terre che fanno da ponte fra America ed Europa: è un disastro».




Alla piccola Greta, sempre più pop, cercando finché possono di tenerle nascosto l’evento.
 
Ultima modifica:
Secondo punto.

Compratevi se già non l’avete letto Il Capro espiatorio di René Girard, in Italia presso Adelphi,
sul telefonino a sette euro, che è un testo sconvolgente in cui si radunano tutte le notizie, vere o fantastiche,
ma di numerosi autori fra loro ignoti che narrano come l’umanità fosse traumatizzata dalle epidemie
che provocarono quarantene e lockdown talvolta ispirati alla segregazione razziale
anche perché – come ti sbagli – a fare le spese della peste e del vaiolo,
erano sempre gli ebrei accusati di avvelenare pozzi e fiumi con miscele torbide e putride e venefiche
loro fornite da gruppi di cristiani loro complici.

Molte delle notizie che oggi circolano sul grande complotto dietro il Covid sono del tutto simili,
anche se oggi la parola “Ebrei” è stata parzialmente sostituita da “Multinazionali” che ne sono in parte l’up-grade.



Ma non perdiamo di vista il filo conduttore: la temperatura.

Secondo filo: la fragile e mostruosa capacità umana di dedicarsi alla distruzione dei suoi simili.


Detto di passaggio ma mica tanto,
quando andai in Africa alle radici della nascita del mercato
che trasferì in America milioni di africani venduti ai mercanti francesi, inglesi, spagnoli e olandesi,
appresi che c’erano dei trafficanti portoghesi che acquistavano nell’Africa lusitana
popoli interi di tribù prigioniere di re africani, i cui componenti sarebbero stati messi a morte secondo una cerimonia rituale.

Lo stesso facevano i romani quando trascinavano intere popolazioni sotto di loro.

Archi di trionfo per poi rifornire i denti del parco belve del Colosseo
o risolvere il problema dell’illuminazione notturna delle strade consolari
con torce umane impiastrate di grasso e dunque di lunga durata.

L’uso del fuoco per uccidere con lentezza da bagnacauda, era estremamente popolare ed ammirato:

il cronista che descrisse l’agonia di Giordano Bruno tra le fascine di Campo de’ Fiori
scrisse che “il corpo era grasso ed ardeva allegramente”.

Quando Thomas More, il celebrato Tommaso Moro amico di Erasmo da Rotterdam che per lui scrisse l’Encomion Moriai,
maltradotto come “Elogio della pazzia” mentre si trattava di gioco di parole per alludere all’elogio di Moro (“Moriae”), bene:
lo stesso Thomas, ancora al solerte servizio del suo re Enrico VIII prima che quello si incaponisse con Anna Bolena,
provvedeva personalmente a caricare di legna i cestoni di ferro in cui venivano cotti gli eretici
i quali si vedevano negare o favorire una morte più veloce implorando:
“Più legna, sir Thomas, più legna, in nome di Dio, stiamo soffrendo troppo”.

Tornando in America, il cerino in mano di nazione schiavista è rimasto agli Stati Uniti
che, in quanto nazione libera, non acquistò più schiavi ai mercati arabi e africani
(salvo alcune imprese di pirateria di sottocosta) mentre le nazioni che introdussero e alimentarono fino alla fine
lo schiavismo in America furono prima di tutto i portoghesi, poi gli spagnoli, poi a pari merito francesi e inglesi.

Le tredici colonie americane avevano una dotazione di personale servile (schiavi) per usi agricoli
che i land-owner di Dixieland (i futuri Stati Confederati della guerra civile americana)
erano convinti di trattare con eccellente welfare, visto che davano loro tetto, lavoro, cibo, medicine
e – negli Stati più avanzati – l’accesso ad alcune chiese cristiane – ancora oggi a prevalenza nera come gli Episcopali
con tutela delle unità familiari e la protezione delle donne dal diritto padronale di stupro.
 
Per mezzo millennio, fra Carlo Magno e Dante
il pianeta terra si riscaldò molto di più di quanto sia bollente oggi
e prosperò in uno dei periodi più fecondi e di maggior progresso.

Questa storia è interessante sia perché ci riguarda da un punto di vista cronologico,
sia perché è anche la storia di una verità coperta.


Se si fa credere oggi che il buon pianeta terra si sia arroventato per colpa dei bipedi umani
che soffiano anidride carbonica come neanche i vulcani sanno fare
e che per colpa loro stiamo andando incontro la più grande catastrofe della storia planetaria,
si deve omettere per forza l’approfondimento su ciò che con pudore viene chiamata l’ “anomalia del medioevo”,
una curiosa bizzarria di cui sarebbe meglio non parlare altrimenti Greta si arrabbierebbe.


La bizzarria non era affatto tale visto che è soltanto quella più recente
e non risale ai tempi dei dinosauri ma dell’Europa più o meno come la conosciamo oggi.


Ho già ricordato che la Groenlandia era la Green Land
ovvero la terra verde coperta dalle foreste con cui si costruivano le navi vichinghe dirette inCanada
e che tutti i suoi abitanti cristiani erano crepati di freddo, ancora visibile attraverso le lastre di ghiaccio di quella terra.

Ma se aprite i giornali scoprirete che spurgano urla di dolore perché, orrore degli orrori,
in Groenlandia si stanno scongelando i ghiacciai.

Non si scongelano soltanto i ghiacciai della Groenlandia ma anche quelli del circolo polare,
tant’è che tutte le nazioni interessate ai minerali si sono catapultate sui mari che erano coperti di ghiaccio
e si minacciano fra loro con navi armate e diplomazie minacciose.

Ma la cosa forse più interessante e istruttiva per noi
non è che cosa accadde durante il mezzo millennio di caldo quasi tropicale,
ma ciò che successe quando il caldo finì.


Le masse dei poveri a quell’epoca si nutrivano soltanto di pane,
o comunque cibo fatto con dei cereali che non erano esattamente come i nostri
che si potevano coltivare durante il caldo quasi ovunque sfamando milioni di persone.

Poi arrivò una prima estate con piogge e grandine anche a giugno e a luglio, mentre ad agosto sembrava già Natale.

E allora accadde che i grani non maturarono e marcirono
e le strade si riempirono di morti perché a quell’epoca si moriva di fame per strada.


Nell’indifferenza generale, il freddo portò la peste
e la peste distrusse quasi un terzo dell’umanità arrivando per nave a Messina coi corpi dei marinai,
dei topi e delle pulci e provocando delle reazioni spropositate di cui non abbiamo memoria diretta.


Si può leggere il famoso saggio di René Girard Il capro espiatorio per avere un’idea delle reazioni di allora
per farne un modesto paragone con le reazioni di oggi.

Gli esseri umani sono sempre stati abituati a cercare chi perseguitare come responsabile di ciò che accade.

Infastidendolo e anche uccidendolo.

In genere a fare da capro espiatorio bastavano gli ebrei che erano stati accusati anche in quella occasione
di avere avvelenato fiumi e pozzi e pagarono questo inesistente delitto con soppressioni di massa e omicidi rituali,
nel consenso pressoché unanime di tutti i persecutori e senza che questi eventi lasciassero alcuna traccia etica nella storia
ma soltanto dei verbali di tribunale tuttora esistenti, rintracciabili e leggibili.

La peste provocò un rilancio della caccia alle streghe e nei processi in cui le donne venivano condannate ad ardere vive
in mezzo alla piazza nessuno dubitava, neppure le condannate pienamente confessa, dell’esistenza della stregoneria,
dei sabba col demonio con cui le imputate confessavano di avere sempre avuto rapporti carnali
benché in una dimensione da sogno, e tutti trovavano ciò perfettamente normale.



La normalità del male era granitica, senza scalfiture né dubbi.

Cosa che a noi oggi riesce difficile da comprendere
ma soltanto perché abbiamo rivisto qualcosa di simile con la shoah,
un evento in cui sei milioni di ebrei sono stati liquidati
perché si erano accoppiati sia col demonio del capitalismo
che con quello della rivoluzione sovietica,
e comunque qualcuno doveva pur pagare per la incomprensibile sconfitta della Germania
alla fine della Prima guerra mondiale, quando i tedeschi stavano vincendo e di colpo furono costretti ad arrendersi.

La politica, i politici non hanno tempo da perdere per leggere libri e studiare la storia.

E questo è grave.


Ma ciò che accade oggi col Covid e con le furiose consorterie che si creano,
le leggende torbide, gli auguri di morte, le maledizioni e le urla,
l’uragano di insulti e di escrementi che passa attraverso internet e i social,
sono la dimostrazione evidente ed eloquente del fatto che l’essere umano
contiene al proprio interno non soltanto un vago orientamento sul bene e il male
ma anche una scatola nerissima che lo porta ad agire nelle direzioni che noi consideriamo irrazionali
o come si dice ormai frequentemente di pancia, per cui far prevalere il buon senso scientifico, l
a logica, la statistica, la realtà nel suo complesso, è praticamente impossibile.


Ciò che prevale è ormai la narrazione, traduzione dall’inglese the narrative,
che vuol dire appunto la prevalenza del racconto fantastico
sul resoconto autentico di come stanno le cose.


Il Trecento, inteso come l’enigmatico quattordicesimo secolo,
fu spaccato fra il pensiero dantesco che si occupava delle donne che hanno intelletto d’amore,
e quello del Boccaccio cronista della peste.

Ma non ci fu soltanto la peste.

Ci furono stragi reattive ovunque,
una depressione crescente
ed una serie di riti che sostanzialmente miravano tutti alla caccia del colpevole,
il quale non era colpevole di nulla e per questo veniva chiamato il capro espiatorio,
la vittima sacrificale che paga per la collettività e che con il suo sangue,
ecce “agnus dei qui tollis peccata mundi”, riscatta dal male e apre le porte del paradiso ovvero quelle della vita.


Passate le ondate di peste il mondo si raffreddò raggiungendo le soglie di una piccola glaciazione
che spazzò via ogni germoglio di cereale sui terrazzamenti, le colline, le montagne.


Terminata la peste, constatate le perdite, guardato il termometro che ancora non esisteva
ma si riconosceva nella ridottissima produzione dei frutti,
i superstiti si riorganizzarono,
fecero tesoro del fatto che la strage aveva lasciato ai superstiti molto posto e molte risorse, ed il mondo ripartì.
 
I dispositivi di protezione individuali continuano ad essere la prima arma per la lotta al Covid.

Ma bisogna fare attenzione: in circolazione ce le sono anche di non sicure.

Ufficiali di Polizia Tributaria e Polizia Giudiziaria di Adm – Ufficio delle Dogane di Napoli 1 -
ed i finanzieri del II Gruppo della Guardia di Finanza di Napoli hanno intercettato,
all’interno del porto di Napoli, nel contesto delle attività congiunte di analisi di rischio in ambito doganale,
una partita di 1.390.000 mascherine chirurgiche provenienti dalla Cina,
non conformi ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa comunitaria e nazionale di settore.

La partita di mascherine era destinata a una società del settore degli apparati medicali,
con sede operativa a San Giuseppe Vesuviano (NA).

Le mascherine, sottoposte ad analisi eseguite presso il Laboratorio Chimico di Adm,
non hanno superato la prova attestante i requisiti di respirabilità
previsti per i dispositivi medici di “Tipo I”.

L’intera spedizione, che, qualora immessa sul mercato avrebbe fruttato illeciti profitti per oltre un milione di euro,
è stata sequestrata e il rappresentante legale della società è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Napoli
per falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico, vendita di prodotti industriali con segni mendaci e contrabbando.
 
Viviamo nel ventunesimo secolo, tra comodità e agiatezze.

Eppure si muore ancora di freddo.

A Roma le temperature sono in calo da giorni, tra la pioggia battente e il gelo,
si torna alla conta dei senza fissa dimora che non ce la fanno a passare la notte.

Come c’è chi ha un tetto sotto il quale stare, una casa a cui tornare per scaldarsi,
c’è chi non ha nemmeno quella e dorme per strada.

Per loro, i clochard, gli ultimi, i dimenticati, sopravvivere è difficile.

Così arriva così la prima vittima.

Un uomo di circa 30 anni che non ce l’ha fatta.

Trovato ieri sera, intorno alle 22, in piazza dei Cinquecento,
nei pressi della stazione Termini di Roma da un passante che ha notato il corpo senza vita.

Morto di ipotermia.
 
Prima la condanna in appello per peculato, quando era già morto.

E ora la richiesta di interdizione in carcere per l’esecuzione della pena, diventata nel frattempo esecutiva.

Una storia paradossale che ha per protagonisti un uomo, deceduto nel 2019,
e la giustizia italiana, per la quale l’imputato era semplicemente ‘irreperibile’.


Tutto ha inizio nel 2010 quando l’uomo, che viveva a Sesto Fiorentino in provincia di Firenze
e lavorava come custode di un impianto sportivo, viene indagato dalla procura di Firenze per peculato.

Come amministratore di fatto di un’agenzia di pratiche auto,
secondo l’accusa avrebbe trattenuto i soldi relativi ai bolli che invece andavano versati all’Aci.


Riconosciuto colpevole, viene condannato in primo grado a un anno a quattro mesi,
in un processo celebrato con rito abbreviato.

Ma per la Procura la condanna non è adeguata, quindi ricorre in appello.

Dopo ben 7 anni, nel 2019, viene quindi fissato il processo di secondo grado.

Ma il suo avvocato, Giovanni Marchese, non riesce a rintracciarlo.


Il 14 novembre del 2019 arriva la sentenza: la condanna viene aumentata a due anni e due mesi di reclusione.

Il difensore, continuando a cercare il proprio assistito, scopre la verità in modo del tutto casuale,
poche ore prima del verdetto, tramite un conoscente in comune.


L’uomo era deceduto a maggio 2019 a soli 53 anni.


Quando lo riferisce ai giudici, ormai è tardi:
la sentenza era già stata emessa e non poteva essere annullata, nonostante la morte estingua il reato.


La notizia viene riportata in un foglietto allegato alla documentazione sul caso, probabilmente poi andato perso.

E così la macchina della giustizia è andata comunque avanti, nonostante tutto.

Fino a qualche giorno fa, quando l’ufficio esecuzioni penali della procura generale ha notificato al difensore l’ordine di esecuzione pena.


Nel documento si legge che il condannato
ha diritto a richiedere misure alternative alla detenzione, come i domiciliari, entro 20 giorni.

Se non lo farà, finirà dritto in carcere.


Morto per tutti da due anni e mezzo, tranne che per la legge.
 
Come mai a me non capita mai ?
Io darei tanti calci nel sedere ed un benservito sia a quelli sopra
sia a questi che "trovano i soldi nel muro di casa".......



Un bis di “tesoretti” che spuntano fuori dalla revisione dei conti pubblici al 30 di novembre.

Il primo “tesoretto” pari a tre miliardi e 300 milioni sono soldi destinati ma non spesi

che adesso saranno impiegati per acquistare vaccini (1,85 miliardi),

per gli straordinari delle forze dell’ordine (49 milioni) con un plus di lavoro dovuto ai sabati no vax e ai controlli del green pass,

un miliardo e 400 milioni assegnati alle infrastrutture ferroviarie.


Il secondo “tesoretto” è pari a circa un miliardo di euro e sarà destinato a Pmi
e fasce di reddito basse per combattere il caro bollette.

Sale così a tre miliardi e 800 milioni il fondo 2022 per combattere l’aumento del costo del gas e della luce elettrica.


Le previsioni dicono che con la primavera la corsa al rialzo si fermerà e inizierà la discesa.

Se questo sarà, come dicono gli analisti, l’ultimo stanziamento contro il caro-bollette,
da luglio 2021 a marzo 2022 il governo avrà investito su questo fondo 8 miliardi e trecento milioni.


Tutte risorse destinate a piccole e medie imprese e alle famiglie con le fasce di reddito più basse.


A proposito delle “misure inique” del governo Draghi che hanno convinto Cgil e Uil
a proclamare lo sciopero generale per il prossimo giovedì (16 dicembre).


Il Consiglio dei ministri, nell’aria come tutti i giovedì, è stato convocato quasi all’improvviso poco dopo le 14.

Per tutta la mattina i tecnici del Mef hanno fatto e rifatto i conti
fino ad avere la certezza di aver messo le mani sui due tesoretti.



Notizia degna di essere sottoposta e condivisa il prima possibile con tutto il governo.

E così è stato: intorno alle 16 le segreterie hanno ricevuto la distinta dei conti,
alle 16 e 30 è iniziata la riunione che si è conclusa dopo un’ora.

Senza alcun riferimento allo sciopero del 16.

“Non c’è stato cenno alcuno” conferma una fonte di governo seduta al tavolo.


Quei soldi, una volta trovati, sarebbero stati investiti comunque.

Nessuna mano tesa o ramoscello d’ulivo dunque ai leader di Cgil e Uil
che hanno proclamato lo sciopero nazionale contro il governo
e contro una legge di bilancio “iniqua perché non combatte le disuguaglianze”.


Anche questi quattro miliardi destinati a vaccino, trasporti, sicurezza e caro bollette sono “spesa sociale”.

Ma non sono in alcun modo il tentativo di “blandire” Landini e Bombardieri.

Che, attaccati un po’ da tutto il sistema mediatico e anche da molti leader politici,
rischiano adesso l’isolamento proprio in quel mondo del lavoro in nome del quale hanno indetto lo sciopero.


La Cisl, che ha bollato lo sciopero come “inopportuno, sbagliato e anche infondato”,
sta organizzando, sempre il 16, la contro-manifestazione
per spiegare cosa ha fatto il governo e per quali miglioramenti è necessario lottare ancora.
 
Ci sarà da aspettare.

Ancora un po’.

Anche l’incontro di ieri fra la ministra della Giustizia Marta Cartabia
e gli esponenti della maggioranza che sostiene il governo sulla riforma del Csm e della magistratura
si è concluso, infatti, con un sostanziale nulla di fatto.

La Guardasigilli si è riservata di presentare gli ormai attesissimi emendamenti al disegno di legge di riforma,
incardinato dal lontano 2019 in Commissione giustizia alla Camera.


Chi ha partecipato all’incontro racconta di un clima “di grande affabilità e cortesia reciproca”.

Per Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia a Montecitorio,
è stata «una riunione di lavoro interlocutoria: la ministra ha preso molti appunti e ha detto di voler approfondire le nostre proposte».

Da parte sua la ministra ha fatto sapere che terminata questa “fase di ascolto”,
presumibilmente la prossima settimana, convocherà una nuova riunione collegiale di maggioranza
dove illustrerà le sue proposte che dovrebbero andare in Consiglio di ministri entro Natale.


Non essendoci, dunque, un testo ma solo tante indiscrezioni,
l’unico dato certo è che ministra non ha intenzione di farsi dei nemici in questa fase politica molto particolare,
con l’elezione del nuovo capo dello Stato alle porte.

Carica alla quale, forse, aspira.



L’obiettivo – non dichiarato apertamente – è quello di cercare un compromesso
che riesca a soddisfare le diverse anime della variegata compagine che appoggia l’esecutivo Draghi
e, al contempo, senza causare una rottura con le toghe.

Rottura che, come è noto, non porta mai bene.

Vedasi Matteo Renzi,
prima di lui Clemente Mastella,

e prima ancora Silvio Berlusconi.

Se queste sono le premesse, allora, è certo che il testo Cartabia non risolverà alcunché,
lasciando di fatto immutato l’attuale assetto togato by Luca Palamara.

Archiviato definitivamente il sorteggio,
la soluzione ipotizzata per l’elezione dei componenti togati del Csm
darà ancora più potere alle correnti più forti, stroncando definitamente ogni possibilità di dissenso.


Gli ormai ex davighiani Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita hanno già messo le mani avanti al riguardo.


«La nuova legge elettorale farà sparire ogni possibile opposizione allo strapotere delle correnti

che sottometteranno definitivamente i magistrati liberi che sono la maggioranza»,


hanno affermato i due ex pm antimafia, ora consiglieri togati al Csm, in una nota congiunta ieri.


«Sarebbe il trionfo del correntismo», proseguono,

ipotizzando un futuro dove sulle nomine e incarichi sarà sacrificato il “merito”

e premiato “chi milita nei gruppi che hanno più numeri al Csm”.




Uno scenario non esaltante,

che farà quindi rimpiangere il “Sistema” di Palamarache,

che almeno, manuale Cencelli alla mano,

riusciva ad accontentare un po’ tutti.
 

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