Val
Torniamo alla LIRA
Con la sentenza 18 novembre 2021, n. 42415 (testo in calce)
le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a risolvere la questione di diritto
se il sequestro di somme di denaro giacenti su conto corrente bancario
debba sempre qualificarsi come finalizzato alla confisca diretta del prezzo o del profitto
derivante dal reato anche nel caso in cui la parte interessata fornisca la prova della derivazione del denaro da titolo lecito.
Sul punto, un primo orientamento ha affermato che è ammissibile il sequestro preventivo
finalizzato alla confisca di somme di denaro che costituiscono profitto del reato
sia nel caso in cui la somma si identifichi proprio in quella che è stata acquisita attraverso l'attività criminosa,
sia quando sussistono indizi per i quali il denaro di provenienza illecita risulti depositato in banca ovvero investito in titoli,
trattandosi di assicurare ciò che proviene dal reato e che si è cercato di occultare (Cass. pen., Sez. Un., 24 maggio 2004, n. 29951).
Sempre le Sezioni Unite hanno avuto modo di recepire una nozione di profitto funzionale alla confisca
capace di accogliere al suo interno non solo i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell'illecito,
ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell'attività criminosa,
con la conseguenza che la trasformazione che il denaro, profitto del reato, abbia subito in beni di altra natura,
fungibili o infungibili, non è di ostacolo al sequestro preventivo il quale ben può avere ad oggetto il bene di investimento così acquisito
(Cass. pen., Sez. Un., 30 gennaio 2014, n. 10561).
Il denaro, quindi, essendo il bene fungibile per eccellenza,
non solo si confonde necessariamente con le altre disponibilità del reato,
ma perde anche qualsiasi connotato di autonomia quanto alla relativa confiscabilità fisica.
Ciò che rileva è che le disponibilità monetarie del percipiente si siano accresciute di quella somma,
il che legittima sempre la confisca diretta del relativo importo, ovunque o presso chiunque custodito nell'interesse del reo.
Con espresso riferimento al quesito posto alla loro attenzione, gli ermellini precisano che,
ai fini della confisca diretta del pretium delicti rappresentato da una somma di denaro,
è indifferente l'identità fisica del numerario oggetto di ablazione rispetto a quello illecitamente conseguito.
A tal fine, quale numerario fungibile destinato ex lege a servire da mezzo di pagamento,
il denaro è, infatti, ontologicamente e normativamente indifferente all'individuazione materiale del relativo supporto nummario:
natura e funzione del denaro rendono recessiva la sua consistenza fisica,
determinando la sua automatica confusione nel patrimonio del reato, che ne risulta correlativamente accresciuto.
Per la confisca del prezzo o del profitto del reato che sia consistente in una somma di denaro
è irrilevante che il numerario conseguito dall'autore sia materialmente corrispondente a quello sottoposto a confisca;
la somma di denaro che ha costituito il profitto o il prezzo del reato non va considerata nella sua fisica consistenza,
ma nella sua ontologica essenza di bene fungibile e paradigma di valore.
Se il prezzo o il profitto del reato è rappresentato da una somma di denaro,
essa si confonde con le altre componenti del patrimonio del reo
e perde ogni giuridico rilievo la sua identificabilità fisica.
Non sarà quindi necessario ricercare le medesime banconote,
conseguite dall'autore come diretta derivazione del reato da lui commesso,
e nessuna rilevanza sarà attribuibile all'eventuale esistenza di altri attivi monetari
in ipotesi confluiti nel patrimonio del reo,
anche a seguito di versamenti di denaro aventi origine lecita nel suo conto corrente bancario.
Di conseguenza, al quesito sottoposto alle Sezioni Unite si deve rispondere nei seguenti termini:
Qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro,
la confisca viene eseguita, in ragione della natura del bene,
mediante l'ablazione del denaro comunque rinvenuto nel patrimonio del soggetto,
che rappresenti l'effettivo accrescimento patrimoniale monetario da quest'ultimo conseguito per effetto del reato;
tale confisca deve essere qualificata come confisca diretta e non per equivalente
e non è ostativa alla sua adozione l'allegazione o la prova dell'origine lecita del numerario oggetto di ablazione.
CASSAZIONE, SS.UU. PENALI, SENTENZA N. 42415/2021 >> SCARICA IL PDF
le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a risolvere la questione di diritto
se il sequestro di somme di denaro giacenti su conto corrente bancario
debba sempre qualificarsi come finalizzato alla confisca diretta del prezzo o del profitto
derivante dal reato anche nel caso in cui la parte interessata fornisca la prova della derivazione del denaro da titolo lecito.
Sul punto, un primo orientamento ha affermato che è ammissibile il sequestro preventivo
finalizzato alla confisca di somme di denaro che costituiscono profitto del reato
sia nel caso in cui la somma si identifichi proprio in quella che è stata acquisita attraverso l'attività criminosa,
sia quando sussistono indizi per i quali il denaro di provenienza illecita risulti depositato in banca ovvero investito in titoli,
trattandosi di assicurare ciò che proviene dal reato e che si è cercato di occultare (Cass. pen., Sez. Un., 24 maggio 2004, n. 29951).
Sempre le Sezioni Unite hanno avuto modo di recepire una nozione di profitto funzionale alla confisca
capace di accogliere al suo interno non solo i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell'illecito,
ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell'attività criminosa,
con la conseguenza che la trasformazione che il denaro, profitto del reato, abbia subito in beni di altra natura,
fungibili o infungibili, non è di ostacolo al sequestro preventivo il quale ben può avere ad oggetto il bene di investimento così acquisito
(Cass. pen., Sez. Un., 30 gennaio 2014, n. 10561).
Il denaro, quindi, essendo il bene fungibile per eccellenza,
non solo si confonde necessariamente con le altre disponibilità del reato,
ma perde anche qualsiasi connotato di autonomia quanto alla relativa confiscabilità fisica.
Ciò che rileva è che le disponibilità monetarie del percipiente si siano accresciute di quella somma,
il che legittima sempre la confisca diretta del relativo importo, ovunque o presso chiunque custodito nell'interesse del reo.
Con espresso riferimento al quesito posto alla loro attenzione, gli ermellini precisano che,
ai fini della confisca diretta del pretium delicti rappresentato da una somma di denaro,
è indifferente l'identità fisica del numerario oggetto di ablazione rispetto a quello illecitamente conseguito.
A tal fine, quale numerario fungibile destinato ex lege a servire da mezzo di pagamento,
il denaro è, infatti, ontologicamente e normativamente indifferente all'individuazione materiale del relativo supporto nummario:
natura e funzione del denaro rendono recessiva la sua consistenza fisica,
determinando la sua automatica confusione nel patrimonio del reato, che ne risulta correlativamente accresciuto.
Per la confisca del prezzo o del profitto del reato che sia consistente in una somma di denaro
è irrilevante che il numerario conseguito dall'autore sia materialmente corrispondente a quello sottoposto a confisca;
la somma di denaro che ha costituito il profitto o il prezzo del reato non va considerata nella sua fisica consistenza,
ma nella sua ontologica essenza di bene fungibile e paradigma di valore.
Se il prezzo o il profitto del reato è rappresentato da una somma di denaro,
essa si confonde con le altre componenti del patrimonio del reo
e perde ogni giuridico rilievo la sua identificabilità fisica.
Non sarà quindi necessario ricercare le medesime banconote,
conseguite dall'autore come diretta derivazione del reato da lui commesso,
e nessuna rilevanza sarà attribuibile all'eventuale esistenza di altri attivi monetari
in ipotesi confluiti nel patrimonio del reo,
anche a seguito di versamenti di denaro aventi origine lecita nel suo conto corrente bancario.
Di conseguenza, al quesito sottoposto alle Sezioni Unite si deve rispondere nei seguenti termini:
Qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro,
la confisca viene eseguita, in ragione della natura del bene,
mediante l'ablazione del denaro comunque rinvenuto nel patrimonio del soggetto,
che rappresenti l'effettivo accrescimento patrimoniale monetario da quest'ultimo conseguito per effetto del reato;
tale confisca deve essere qualificata come confisca diretta e non per equivalente
e non è ostativa alla sua adozione l'allegazione o la prova dell'origine lecita del numerario oggetto di ablazione.
CASSAZIONE, SS.UU. PENALI, SENTENZA N. 42415/2021 >> SCARICA IL PDF