PREFERIREI MORIRE DI PASSIONE CHE DI NOIA.

Il lockdown ha causato cambiamenti inevitabili, alcuni dei quali piuttosto critici rispetto allo scenario economico del Paese.

Le attività economiche così come le scelte di consumo hanno subìto cambiamenti anche drastici e che si sono verificati nel corso di soli pochi mesi.

Nonostante la sensazione comune sia stata quella di un collasso economico imminente, la realtà appare molto diversa,
soprattutto dal punto di vista degli investimenti sul mattone e delle richieste di credito o finanziamento.

Oggi vedremo i risultati analizzati dal terzo bollettino economico della Banca d’Italia con un focus sui mutui a tasso variabile.


Il primo dato su cui vorremmo focalizzare la nostra attenzione è quello che riguarda l’investimento in costruzioni
che, complessivamente, ha visto un calo piuttosto vertiginoso di quasi otto punti percentuali.

Basti pensare che nel mese di aprile la produzione ha subìto un calo del 50% rispetto al mese precedente.

Compravendite e prezzi delle abitazioni, quindi, sono quindi drasticamente scese fino quasi a fermarsi tra marzo e aprile
ma questo dato è coerente con le imposizioni governative circa le misure di contenimento.

Solamente le opere pubbliche hanno proseguito i lavori e gli investimenti, motivo per cui è abbastanza ovvio assistere a dati come questi.

Le compravendite si sono ridotte del 15,3% e, quindi, i prezzi delle abitazioni sono aumentati.

I recuperi sull’offerta e sul prezzo hanno ripreso il loro andamento “normale” a partire dal mese di maggio ma nel complesso il calo è perdurato anche nel secondo trimestre.

Perché parliamo di mattone?

Per il semplice motivo per cui l’acquisto e la vendita di un immobile passa nella quasi totalità dei casi attraverso il credito.

E questo influisce sulla domanda e sull’offerta di mutui a tasso variabile e fisso come vedremo nel paragrafo che segue.


Il credito alle famiglie ha subito una contrazione di quasi tre punti percentuali dovuto ai tagli delle spese,
dovuto al clima di incertezza e alla necessità di tenere da parte i risparmi.

I tassi medi dei nuovi prestiti a partire da maggio sono scesi dell’1,3% parallelamente all’aumento del costo degli immobili che, invece, è aumentato.

Quindi da parte delle banche si è verificata uno scioglimento lieve delle politiche di offerta di credito al consumo
con conseguenti riduzioni dei margini sui mutui destinati all’acquisto delle abitazioni.

Inoltre il secondo trimestre è stato caratterizzato dalle medesime condizioni, con politiche di offerta sui mutui a tasso variabile lievemente più elastiche.


Questi dati segnalano un periodo di grande incertezza sugli investimenti che, occorre ricordare, non si sono del tutto fermati e stanno ripartendo.

L’incertezza ha provocato da un lato un alleggerimento delle offerte da parte degli istituti di credito
e dall’altro una minor fiducia da parte dei consumatori rispetto ai mutui a tasso variabile.

Questo si è verificato perché il mercato ha certamente influenzato spread e indici interbancari
che vanno a determinare il tasso finale a carico di chi contrae il mutuo.

I mutui a tasso variabile fanno riferimento all’indice interbancario Euribor che è lo specchio del mercato, una sorta ti termometro della salute economica.


Il suo nome per esteso, Euro Interbank Offer Rate sottintende che questo sia il tasso medio
a cui avvengono le transazioni finanziarie in Euro tra le grandi banche europee.

Si tratta di un indice affidabile, seppur soggetto a continue oscillazioni.

Se i tassi rimanessero così come sono fotografati di questi tempi l’incidenza del tasso tra mutuo a tasso variabile e fisso sarebbe minima.

Per questo le banche propongono entrambe le soluzioni mentre le persone cercano maggiori “certezze” nel tasso fisso, situazione determinatasi dall’incertezza economica vigente.

Per poter capire quali sono stati davvero gli impatti del lockdown occorrerà prendere in analisi questo bollettino
con quello di chiusura dell’ultimo trimestre di cui è ancora molto incerto lo scenario a venire.
 
ho sentito coppia anziani miei vecchi amici.... tramite segnalazione di un asintomatico positivo stanno ai DOMICILIARI....hanno fatto 1 primo tampone risultato NEGATIVO...trattati come APPESTATI sono ancora ai domiciliari in attesa esito del SECONDO tampone.....il bello che SOLO TRAMITE USL otterranno la scarcerazione per non aver fatto nulla e non avere neanche un minimo raffreddore...sono passate oltre due settimane..e parlano di ripresa conomica?
me cojoni....con questa tempistica se erano lavoratori autonomi falliva esercizio:mad:
assurdita' sta che ai confini non fanno tamponi neanche a un cane e Qua pugno duro su semplice ipotesi....e ci credo che IMMUNI non la scaricano....e' una condanna a prescindere che porta dentro un iter del cesso di burocrazia italiota
 
LEGGERE BENE L'ULTIMO CAPOVERSO

La Quota 100 è una formula di pensione anticipata non strutturale ma oggetto di sperimentazione triennale,
partita nel 2019, quindi con naturale scadenza alla fine del 2021.

In base alle anticipazioni sulle misure previdenziali inserite in Legge di Bilancio,
non c’è l’intenzione di prorogarla ma neppure di anticiparne questa scadenza,
quindi sarà utilizzabile in ogni caso fino al dicembre 2021.


Fatta questa precisazione, una volta che lei ha maturato il diritto alla Quota 100, può esercitarlo in qualsiasi momento.

Quindi, avendo lei raggiunto i requisiti nel settembre del 2020, può fare la domanda per andare in pensione
con la formula agevolata in un momento successivo, anche dopo il 2021.

In altri termini, il diritto non decade.

Lo prevede esplicitamente la norma di riferimento, ovvero l’articolo 14 del dl 4/2019:


- Nel rispetto di tutti i requisiti previsti dalla legge, il diritto conseguito entro il 31 dicembre 2021

può essere esercitato anche successivamente alla predetta data. -
 
Noi abbiamo anche l'arcobaleno al contrario .....
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Il fenomeno atmosferico si chiama “arco circumzenitale” e ricorda un sorriso
 
Ancora ? L'unico stato al mondo. Che pena.
Certo. Così possono fare quello che vogliono. E noi zitti. Mutti.


Prorogare lo stato di emergenza collegato all'emergenza coronavirus dal prossimo 15 ottobre al 31 gennaio 2021:

è questa l'ultima idea del governo giallorosso, che starebbe valutando di allungare il periodo speciale per un mese in più rispetto alle ipotesi recentemente circolate.


Secondo quanto riportato da Adnkronos, la proposta sarebbe stata valutata positivamente
nel corso della riunione intercorsa tra il premier Giuseppe Conte e i capi delegazione di maggioranza seguita al Consiglio dei ministri.

In caso di eventuale proroga, lo stato di emergenza andrebbe a tagliare il traguardo di un anno, visto che venne decretato il 31 gennaio 2020.

A quanto pare sarebbero stati gli esperti del Comitato tecnico scientifico,
considerando gli ultimi dati registrati in Italia, a suggerire di allungare i tempi dello stato di emergenza.

Il dossier è quindi finito sul tavolo dei capi delegazione, con il governo che, da quanto filtrato,
sembrerebbe favorevole a seguire il consiglio dei suddetti esperti.
 
Che razza di buffoni ci sono in circolazione ? Una marea di impiegati statali nullafacenti.
Ma la gara, la dirige Arcuri ? E allora vai .........


Lungo la penisola le storie si sommano fino a raggiungere casi surreali.

"A scuola di mio figlio. Hanno telefonato ad una madre e attivato la procedura del tampone perché il bimbo aveva solo starnutito. È ridicolo".

Che il tracciamento dei contagi sarebbe stato un problema era noto da tempo.

Ad oggi ci sono 116 istituti chiusi e quasi 700 quelle in cui si è verificato almeno un caso di Covid-19.

Ma il problema maggiore sono i casi sospetti, le febbri momentanee o i normali raffreddori stagionali.


Le scuole vogliono un certificato di non infezione per tornare al banco,

i pediatri possono firmarlo solo in presenza di un tampone.

E così i bambini non appena producono un po’ di moccio sono costretti a rimanere a casa in attesa del risultato del test.

Con i tamponi molecolari, quelli naso-faringei, la trafila è lunghissima:

un giorno per la visita del pediatra,

altri due almeno (in base alla Regione) per fare il test

e 24-48 ore per il risultato.



Alla fine il bimbo deve restare a casa per quasi una settimana, sconvolgendo la vita lavorativa delle famiglie.

Ieri il ministero, ottenuto il via libera del Cts, ha approvato l’uso dei test antigenici (detti “rapidi”)
che dovrebbero accorciare i tempi (il risultato arriva entro il 15 minuti, anche se è meno “sensibile”)
ed evitare quarantene di massa.

Ma la gara per acquistarne 5 milioni di pezzi è appena partita, dunque ci sarà ancora da attendere un po’.


Nel frattempo le famiglie pagano il prezzo (sociale) del ritardo.

“Mio figlio attende il test da lunedì mattina - racconta Elena, che chiede l’anonimato -
Il pediatra l’ha chiesto appena ho comunicato che aveva un po’ di raffreddore e qualche colpo di tosse.
Il dottore non ci ha chiesto nulla, se avesse febbre, quanto importanti fossero i sintomi, da quanti giorni li avesse. Niente: tampone, e via”.


Due giorni dopo il bimbo è ancora a casa, e con lui la madre.

“Non mi hanno richiamato. E quando ho telefonato per avere informazioni ma hanno detto che era previsto per stamattina, senza avvertirmi.
Dicono che potrebbero aver segnato sulla riga di mio figlio il tampone di un altro.
Ci rendiamo conto?
Andremo oggi, ma ci vorranno comunque altri due giorni per il risultato.
Alla fine se ne starà a casa una settimana per un cavolo di tampone e sta pure benissimo! È assurdo”.



In Toscana, dove vive Elena, di situazioni simile se ne registrano a bizzeffe.

Tra mamme circolano diversi aneddoti.

“Il mio pediatra solo lunedì ha richiesto all’Asl 25 tamponi! E chissà quanti altri dottori hanno fatto lo stesso”.

Ad una madre hanno telefonato, lei ha perso la chiamata per un impegno ed è ancora lì che attende.

Un’altra ha dovuto portare la figlia a fare il test solo per colpa di qualche starnuto, sebbene sia allergica certificata.

“Un pediatra ha detto ad alcune mie amiche di non telefonargli se i figli hanno solo un raffreddore,
altrimenti è costretto a attivare la procedura. Insomma: stare zitti, tenerli a casa
e poi rimandarli a scuola con l’autocertificazione in cui dichiari che non hanno avuto sintomi compatibili col Covid”
.

Significa mentire, tecnicamente.

Ma l’alternativa è consegnarsi mani e piedi ad circolo vizioso che potrebbe durare tutto l’anno, o almeno l’inverno.

Avete idea di quante volte in un anno un bambino si ammala con febbricole, raffreddori vari e piccoli colpi di tosse?

C'è infine un ultimo problema, che i test "rapidi" non risolveranno.

Sia quelli molecolari che quelli antigenici richiedono infatti l'utilizzo del tampone naso-faringeo, che è piuttosto invasivo.

Soprattutto per i bambini.

Filippo Festini
, professore associato di Scienze Infermieristiche Generali, Cliniche e Pediatriche all'Università di Firenze
, in una lettera al Quotidianosanità ha elencato alcuni dei rischi cui si va incontro:

possibile rottura del tampone e inalazione,

lesioni alla mucosa orale e faringea,

traumi psicologici.

L'eccesso di test richiesti, a volte senza "razionale clinico", rischia quindi di trasformarsi in un boomerang.

Anche se la risposta dovesse arrivare in 15 minuti.
 
Giuseppe Conte vuole la proroga dello stato di emergenza a causa della pandemia sanitaria.

Il Governo ipotizza fino al 31 gennaio.

La proroga al momento scade il 15 ottobre, ma il perdurare dell’emergenza ha suggerito
agli esperti de
l Comitato tecnico scientifico di allungare i tempi dello stato d’emergenza.

E il premier ha confermato quella che era fino a questa mattina solo un’ipotesi.

“Andremo in Parlamento a chiedere la proroga dello stato di emergenza fino al 31 gennaio”
ha detto il premier ai giornalisti a margine della visita alla scuola media Francesco Gesuè a San Felice a Cancello (Caserta).

“Da quanto ho capito, si protrarrà”.

Così Roberto Fico, presidente della Camera, risponde in merito a una proroga dello stato di emergenza, legato alla pandemia da coronavirus.

“È una cosa di cui si occuperà il Governo. Sulla proroga dello stato di emergenza discuteremo in Parlamento molto presto come è giusto che sia
e io sarò in Aula all’inizio della settimana. Io sono sempre per la linea della massima prudenza e ho sempre mantenuto questa impostazione
ma credo che sia corretto che ne discuta il Parlamento e che se ne discuta nel governo perché in una grande democrazia si fa così”.

Lo ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza, in visita allo stabilimento Sanofi di Anagni,
dove partirà la produzione del vaccino anti-Covid a cui stanno lavorando in collaborazione le multinazionali Sanofi e Gsk.

Il ministro terrà nell’Aula del Senato comunicazioni sul nuovo Dpcm sull’emergenza Coronavirus nel pomeriggio del prossimo 6 ottobre.

Sulle comunicazioni saranno votate risoluzioni dall’Assemblea.


.
 
Sconcerta tutto e lo sbigottimento nasce dall’apparente impassibilità con la quale il Paese

stia assistendo al suo disfacimento da parte di una maggioranza e di un esecutivo da confraternita di incapaci

e di obbedienti solo a due principi, la voglia di potere e le direttive franco tedesche.



Perché sia chiaro questa soluzione ci è stata imposta dalla Ue, sia per impedire di trovarsi di fronte una maggioranza di centrodestra
che ci sarebbe stata e ci sarebbe ancora se si votasse, sia per mettere definitivamente sotto botta l’Italia con la minaccia sui finanziamenti.

Come a dire delle due l’una, o impedite che alla guida del Paese si ritrovi il centrodestra,
oppure gli aiuti potete toglierveli dalla testa con l’aggravante che in caso di disobbedienza per il vostro debito statale si metterà molto male.

Capiamoci bene, per un Paese non è tanto importante l’entità del debito ma come questo sia ripartito,
tanto è vero che il Giappone indebitato molto più di noi non ha problemi nel gestirlo perché si tratta di un conto tutto interno,
per farla breve il Giappone è indebitato con sé stesso e quando il passivo sovrano non varca i confini una crisi di sfiducia è difficile e lontana.


È quando la sottoscrizione dei titoli di Stato finisce altrove che scatta la minaccia con l’arma dello spread,

e visto che da noi più del 30 percento dei titoli è detenuto all’estero siamo sotto botta per definizione,
anche perché parliamo di centinaia e centinaia di miliardi di euro.

Per farla breve col 30 percento del debito sovrano oltre confine
o filiamo dritti oppure sono guai perché lo spread può essere manovrato come una clava,
ecco perché dalla Ue possono condizionarci fino al punto di stabilire preferenze di governo.

Ma al netto di questo che basterebbe a capire la ragione per cui siamo a sovranità zoppa per colpa dei governi che si sono succeduti,
e visto che negli ultimi 26 anni il centrosinistra ha governato per 17 e il centrodestra per 9 possiamo dire che la responsabilità della sinistra è doppia di quella del centrodestra.

Per non parlare di come uno dei capi del centrosinistra ci abbia portati in Europa, parliamo di Romano Prodi,
accentando cambi e condizioni che gridavano sconfitta, dunque non solo ci siamo infilati nel club malamente, ma lungo strada abbiamo peggiorato scriteriatamente.


Del resto l’arma del ricatto da spread l’abbiamo sperimentata quando già nel 2011


l’Europa decise di cacciare Silvio Berlusconi e il centrodestra,
perché fu sufficiente da parte delle banche tedesche e francesi di svendere sul mercato una barca di nostri titoli sovrani per farlo schizzare in orbita e tanto fu.

Va da sé che se quei titoli anziché in quelle mani fossero stati nelle nostre, quell’arma e quel ricatto non ci sarebbero stati per ovvietà,
ecco il motivo principale per cui il Giappone può permettersi un debito molto più grande del nostro senza temere contraccolpi di mercato, come succede a noi.

Ed ecco il motivo per il quale la Ue ci tiene sotto botta potendo imporci scelte, governi e così via,
dunque era ovvio che a settembre scorso partisse l’avvertimento contro le elezioni
che avrebbero portato di nuovo alla guida
Berlusconi, Salvini e Meloni.

Eppure scontata questa grave limitazione di sovranità c’è tanto di più che sconcerta,
perché seppure col peggiore governo della storia che si arrivasse all’autolesionismo al punto di trascurare,
sottovalutare la realtà, le urgenze del Paese fino a indirizzarlo contro un muro sembrava impossibile,
eppure i 100 miliardi bruciati per poco o niente lo confermano.


Sconcerta infatti che dopo uno scandalo come quello “Palamara” sulla giustizia non si faccia niente,

il disimpegno sul controllo dell’immigrazione illegale e l’idea dello Ius soli,

sconcerta l’assenza di una revisione della spesa,

sconcerta l’impiego di ulteriore debito in assistenza,

sconcerta la leggerezza sull’interpretazione autentica del Recovery fund

e l’assoluta mancanza di coscienza sullo stato dell’economia.



Dalle parti del governo

Trasuda la totale indifferenza di fronte ai dati economici e sociali che ci aspettano,
un debito che vola al 160 percento e col Recovery fund crescerà perché non finiremo di dirlo,
quei soldi sono prestiti non regali, un Pil che crollerà in doppia cifra al netto dei trucchi,
un milione di altri posti che stanno per saltare, 160 tavoli di crisi irrisolti e pronti ad esplodere.

Trasuda l’ignoranza verso migliaia e migliaia di aziende a rischio fallimento, per la fuga dei capitali e di ogni ‘investimento,
per un calo grande dei consumi, verso un sud del Paese sempre più staccato, per il rischio del collasso fiscale.

Trasuda l’incoscienza per una spesa fuori controllo che anziché restringere si allarga a dismisura
per assunzioni, stipendi aggiuntivi di esperti commissari e consulenti,
per interventi di salvataggio inutili e dannosi, per il mantenimento di enti perniciosi.

Trabocca l’incompetenza in economia, perché per dare una frustata alla crescita, ai consumi e all’occupazione,

serve intervenire sulle tasse,

sull’eliminazione di ogni vincolo,

sul saldo dei debiti della Pubblica amministrazione coi fornitori,

sul condono fiscale al posto di milioni di cartelle,

su linee di credito a costo, tasso e certificazioni zero,

sul trasferimento di ogni spesa superflua verso il necessario,

sullo stop all’assistenza vergognosa del tipo reddito a furbetti e delinquenti e malfattori.


Sconcerta infine la mancanza di cultura dello sviluppo, che la sinistra ha sostituito con quella dell’assistenza clientelare,
depredando il Paese in soldi e futuro, col risultato di avere una fornace statale colossale,
una previdenza destinata al collasso, una burocrazia nullafacente e controproducente,
un Paese che non cresce perché il privato è soggiogato e sormontato dallo stato.


Serve hic et nunc l’opzione liberale, la liberaldemocrazia, il primato della somma degli interessi individuali giusti e solidali,
della giustizia giusta e garantista, dell’attenzione a chi ha bisogno veramente piuttosto di chi può darci il voto,
serve quella opzione che non ha mai cambiato nome e bandiera perché dovunque abbia attecchito ha garantito sviluppo,
equità e libertà, esattamente il contrario del comunismo e dei suoi eredi.
 
Di bene in meglio :rolleyes: Vendiamo un porto di primaria importanza ai tedeschi.
Mi sa tanto che hanno ragione quelli che ipotizzano l'ingerenza europea nei nostri progetti
ed industrie più importanti, come contropartita ai "finanziamenti". E noi vendiamo.
Come i greci.


Fatti, numeri, azionariato e curiosità sul management di Hhla (Hamburger Hafen und Logistik AG),
la società pubblica tedesca che diventerà socio di controllo della Piattaforma logistica di Trieste
scalzando i cinesi per il giubilo degli Stati Uniti (come ha fatto intendere il ministro Patuanelli)




“Gli investimenti e le infrastrutture portuali fatte dalla Cina potevano portare alcune preoccupazioni e preoccupavano anche i nostri alleati americani”,
l’accordo di oggi, invece, “è sicuramente un segnale di vicinanza al Patto Atlantico, all’alleanza strategica con gli Stati Uniti”.


Così il ministro per lo Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli (M5S), ha risposto a una domande dei giornalisti in merito ai rapporti con la Cina
in seguito all’accordo stipulato oggi tra la società tedesca Hhla e la Piattaforma Logistica di Trieste, città nel cui porto era attesa l’arrivo, appunto, di operatori cinesi.

LE PAROLE DI PATUANELLI

“Ciò non toglie – ha aggiunto Patuanelli – che per accordi commerciali, noi lo abbiamo sempre detto, guardiamo alla Cina non come a un alleato ma come a un partner.
D’Altra parte, anche gli Stati Uniti hanno accordi commerciali con la Cina.
Ciò non toglie che il nostro sguardo sia rivolto oltreoceano verso gli Stati Uniti, e questa è la dimostrazione”, ha concluso il ministro.

LO SCENARIO

Una grande operazione dal respiro europeo permette al porto di Trieste
di diventare snodo strategico per l’integrazione delle reti logistiche e portuali tra porti del Nord e Sud Europa, secondo il quotidiano del Sole 24 Ore.

I PROSSIMI PASSI

A fine anno l’operatore tedesco, a seguito dell’accordo con i soci storici Icop (impresa costruttrice)
e Francesco Parisi (impresa con oltre duecento anni di attività, uno dei principali spedizionieri di Trieste)
sottoscriverà un aumento di capitale, diventando il primo azionista della piattaforma logistica di Trieste.

LO SCENARIO AZIONARIO

Quando l’aumento di capitale sarà concluso, Hhla controllerà il 50,1% del capitale di Plt;
la Parisi Francesco Spa avrà circa il 23%, la Icop circa il 22% mentre la quota rimanente farà capo all’interporto di Bologna.

INVITO E AUSPICI TEDESCHI

Esultano i vertici dell’operatore pubblico tedesco. “Amburgo e Trieste sono porte di accesso al mondo, apriamole insieme”.
E’ stato l’invito giunto oggi da Angela Titzrath, Ceo di Hhla, l’operatore colosso del Porto di Amburgo.

TUTTO SU HHLA

Ma chi è che cosa fa e da chi è controllata Hhla?


Hhla (Hamburger Hafen und Logistik AG) è la compagnia di logistica partecipata dall’ente amministrativo federale della città tedesca di Amburgo
che avrà il controllo del nuovo grande terminal del porto di Trieste: una rilevante importante evoluzione nei rapporti geoeconomici tra l’Europa e la Cina.
Hhla , firmando l’ingresso nel capitale della società di gestione del nuovo terminal PLT di Trieste, per la prima volta si affaccia sul Mediterraneo.


VADE RETRO LA CINA

La Germania attraverso la società pubblica Hhla investe un miliardo di euro nello scalo italiano
che era stato oggetto di attenzioni nel contesto della strategia geoeconomica di Pechino,
che vedeva nei porti italiani un terminal ideale per le rotte marittime della “Nuova via della seta”,
come tra l’altro ha fatto intendere stamattina il ministro pentastellato Patuanelli, come detto all’inizio.

IL COMMENTO DI REPUBBLICA

“I tedeschi – con una operazione partita dalla politica – hanno così deciso di accettare la sfida cinese
e di puntare sul “vecchio” porto degli Asburgo: non per nulla della partita sarà anche la società di gestione del porto di Duisburg:
investirà nell’interporto di Trieste”, ha scritto Repubblica.

LA MOSSA TEDESCA

Angela Titzrath, amministratrice delegata della SpA Hamburger Hafen und Logistik AG,
è entrata ad agosto nel cda di Lufthansa assieme a Michael Kerkloh (già capo dell’aeroporto di Monaco) su nomina del ministero delle Finanze.
L’operazione realizza il compromesso (modello Airbus) tra Lufthansa e governo federale per la concessione dei 9 miliardi per salvare la compagnia:
il capo Carsten Spohr indica i nomi da designare dalla Federazione tedesca nel cdA in rappresentanza del 20% rilevato, salvo approvazione del Ministero.

CHI E’ IL TOP MANAGER

La Titzrath era manager della logistica prima di diventare nel 2017 capo dell’azienda di Amburgo, essendo stata a capo di Deutsche Post.

L’AZIONARIATO

Anche la Hhla è una società controllata dalla mano pubblica, in questo caso la Libera Città Anseatica di Amburgo, di cui fu sindaco Scholz (Spd), attuale ministro delle Finanze.

NUMERI E QUOTE

L’azienda tedesca, quotata in borsa, è partecipata al 68,4% dalla città di Amburgo, mentre il 31,6% è flottante.
L’azienda conta oltre 6.300 dipendenti, con un fatturato di 1,350 milioni di euro.

IL DISCORDO DI TITZRATH

Titzrath è intervenuta oggi, parlando in italiano, alla cerimonia sulla nuova Piattaforma sottolineando che
“l’iniziativa è funzionale” all’azienda tedesca che “intende collegare i suoi clienti con i flussi marittimi e continentali” di quest’area, con una ambizione.

LE PAROLE DEL CAPO AZIENDA DI HHLA

“Siamo il gruppo logistico leader europeo, vogliamo essere in primo piano nella rete logistica europea”.
Il capoluogo giuliano “che incarna lo spirito europeo” – ha precisato – verrà “inserito in questa rete”.
Titzrath si è anche soffermata sui rapporti con l’Unione europea:
“E’ molto positivo che l’Ue abbia disposto aiuti finanziari verso i Paesi colpiti dalla pandemia
ma occorre anche l’impegno delle aziende ora per conservare la pace sociale”.
“Da 135 anni – ha aggiunto infine – siamo una forza trainante, trasportavamo e continuiamo a trasportare merci.
Oggi utilizziamo le tecniche piu’ avanzate per le navi piu’ grandi del mondo”, ma per continuare a essere leader “occorre intuire i cambiamenti in anticipo”.

LO SCENARIO DEL SOLE 24 ORE

Si delinea così – ha scritto oggi il quotidiano Sole 24 Ore – “la creazione di un gruppo leader in Europa,
che svilupperà a Trieste un terminal a servizio del sistema mare-ferro dei paesi dell’Europa centro orientale.
Infatti l’ingresso a Trieste del nuovo partner tedesco, sancisce l’alleanza tra il primo porto ferroviario d’Europa (Amburgo) e il primo porto ferroviario d’Italia (Trieste)”.
 
Asterion diventa il primo azionista della società di reti in fibra ottica Retelit.


Marbles srl, società di proprietà di uno dei fondi della spagnola Asterion Industrial Partners,
ha acquistato per 92,6 milioni di euro le quote del fondo Athena di Raffaele Mincione e di Axxion.


L’acquisizione è soggetta al golden power.


Tutti i dettagli.

L’ACCORDO DI ACQUISIZIONE

Marbles Srl, società indirettamente posseduta dal fondo Asterion Industrial Infra Fund I,
gestito da Asterion Industrial Partners, ha sottoscritto tre diversi contratti per l’acquisto,
direttamente e indirettamente, di una partecipazione complessiva pari al 24,1% del capitale sociale di Retelit.


Attuali azionisti di Retelit sono: Bousval (14,37%), Fiber 4.0 (13,75%), Axxion (9,9), Alberto Pretto (4,44) e il 57,45 è flottante.


retelit


I SINGOLI CONTRATTI

In particolare, Asterion ha acquistato una partecipazione del 13,86% in Retelit da Fiber 4.0,
una società di proprietà dei fondi Athena Capital Fund, Oak Tree e Pilota.
L’acquisto è avvenuto a 2,85 euro per azione.



Più basso il prezzo di acquisizione delle azioni da Axxion, da cui Marbles ha acquisito il 9,99% di Retelit
e da Frankfurter, da cui ha acquisito lo 0,24%: il fondo ha pagato 2,55 euro per azione.

ACQUISTO CONDIZIONATO

L’acquisizione dovrà ottenere il via libera da parte dell’Antitrust.
Non solo: in quanto settore strategico, l’operazione è soggetta a Golden Power, ovvero dovrà ottenere l’autorizzazione del governo.


Il closing dell’operazione è previsto per il 27 ottobre.

CHI E’ ASTERION

Asterion è un fondo spagnolo nato dal lavoro di Jesús Olmos Clavijo, attuale ceo del gruppo, Winnie Wutte e Guido Mitrani.


Il fondo è nato per investire nel mercato medio delle infrastrutture europee, con particolare attenzione alla sostenibilità.

IL PORTAFOGLIO

Il fondo Asterion ha partecipazioni in:
Energy Asset, società di infrastrutture di servizi pubblici;
Marconi, società di antenne e apparecchiature radioelettroniche per radiolink a microonde in Spagna;
Amp, azienda di servizi energetici e di energia distribuita a basse emissioni di carbonio con sede nel Regno Unito;
Nabiax, piattaforma di 11 data center con 29 MW di potenza situati in Spagna, Stati Uniti, Brasile, Messico, Cile, Perù e Argentina;
Asterion Energies, piattaforma Asterion Renewables attiva nelle aree geografiche principali del Fondo in collaborazione con sviluppatori locali;
e Proxiserve, gruppo di servizi pubblici francese attivo nei servizi energetici (contabilizzazione, manutenzione, riscaldamento, elettricità).


In Italia il fondo spagnolo sta anche per chiudere l’acquisizione di Sorgenia, insieme a F2i.

LE MOSSE ANTI RETELIT

Retelit, insieme ad altre società di tlc, è nel mirino dei produttori di cavi:

Prysmian, Corning, Nexans, Acome e non solo, tramite l’associazione Europacable

sostengono che Vodafone, Orange, Open Fiber, Retelit, Sirti e altre società di tlc hanno acquistato cavi sottocosto dalla Cina.
 

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