DIO LI FA E POI NON TIRA L'ACQUA

Tanto rumore per nulla.

Questa l’estrema sintesi della giornata di manifestazioni che si sono svolte ieri in decine di città russe a sostegno
del blogger anti-Putin e filo-occidentale che attualmente si trova in carcere a Mosca per aver violato i termini della libertà vigilata
conseguente ad una condanna per appropriazione indebita.


Secondo i media più vicini agli organizzatori a partecipare alle proteste sarebbero state circa 15 mila persone a Mosca (4 mila invece la stima fornita dalle autorità),
10 mila a San Pietroburgo, 5 mila ad Ekaterinenburg e presenze minori nelle altre città.

Numeri molto al di sotto delle aspettative degli organizzatori.

Per fare un raffronto, nell’agosto 2019 l’opposizione liberale era riuscita a portare in piazza a Mosca
circa 50 mila persone e stiamo parlando di nmeri irrisori per una città da 12 milioni di abitanti.


La capillarità dell’organizzazione fa pensare che non si sia trattata di una mobilitazione spontanea
ma di qualcosa che era già in preparazione da tempo.

I dimostranti anti-Putin hanno avuto l’endorsement dell’ambasciata americana
che venerdì aveva pubblicizzato i luoghi di ritrovo delle manifestazioni
ed al termine delle proteste ha solidarizzato con gli arrestati
.

“Questa non è la prima volta che l’ambasciata degli Stati Uniti a Mosca
ha mostrato disprezzo per le norme e i regolamenti diplomatici
pubblicando attivamente messaggi sui social media a sostegno di proteste nelle città russe.
Si tratta di incoraggiare azioni violente, ipocritamente dichiarate come una protesta pacifica,
in cui gli organizzatori coinvolgono cinicamente anche minorenni.
Il governo degli Stati Uniti deve affrontare i propri problemi,
compreso il superamento delle profonde divisioni nella società americana create dall’ingiustizia sociale,
dalla disuguaglianza e dalla persecuzione del dissenso.
I tentativi della diplomazia americana
, che ignora ogni pudore,
di incitare elementi radicali sono destinati al fallimento e avranno conseguenze negative per le relazioni bilaterali”.


La manifestazione di Mosca è stata teatro di scontri con gli attivisti pro-Navalny
che hanno ripetutamente lanciato bottiglie, petardi e pezzi di ghiaccio contro le forze di sicurezza.

Un agente alla guida di un’auto della polizia attaccata dai dimostranti è stato ferito in modo grave e perderà un occhio.

Sono stati effettuati oltre 2000 arresti, tra i quali anche la moglie di Navalny rilasciata però in serata,
e la direzione investigativa di Mosca ha annunciato l’apertura di un’indagine per individuare tutti i responsabili degli atti di violenza.



A suscitare forti polemiche è stata anche la presenza in piazza di molti giovanissimi dai 12 ai 15 anni,
adescati dall’intensa propaganda svolta dagli organizzatori sui social network, in particolare Tik Tok.

Se mi arrestano viene a prendermi la mamma e finisce lì” afferma candidamente un ragazzino intervistato dai media russi.

In questo video, diventato immediatamente virale sul web,
un dodicenne spiega di essere sceso in piazza solamente per fare festa con gli amici
ed alla domanda su cosa vorrebbe dire al Presidente Putin risponde: “Di andare avanti così!”.


In molti hano accusato Navalny e la sua Ong di nascondersi cinicamente dietro ragazzini inconsapevoli mandati allo sbaraglio in piazza.
 
Qui non si tratta di essere perversi o maleodoranti, ma se il virus ha colpito in media le persone da 82 anni in sù
significa che lo stato - l'inps - risparmierà soldi, tanti soldi.
E questi non li mettono in conto ? Non ricalcolano l'impegno dell'istituto ?
....troppo facile o forse troppo difficile...dovrebbero lavorare per fare i calcoli del risparmio.




Le pensioni sono il vero banco di prova della partita tra il governo e l'Ue. In mezzo ci sono più di 200 miliardi del Recovery Fund.

Bisogna chiarire un punto fondamentale su questo braccio di ferro tra Roma e Bruxelles:
l'Europa ci ha già detto che per ottenere i soldi per la ripartenza dopo la crisi Covid servono riforme strutturali.

E su questo punto l'Italia sa già da anni di essere in ritardo.

Ma attenzione: la richiesta esplicita che arriva dalle stanze di Bruxelles riguarda in pieno gli assegni previdenziali e tutto il sistema pensionistico.

Finora i pensionati italiani hanno avuto accesso al trattamento previdenziale muovendosi su tre binari principali:
legge Fornero,
Quota 100
ed
Opzione donna.

Il primo è il percorso principe con un'uscita ritardata dal lavoro e assegno pieno.

Il secondo percorso permette di lasciare il lavoro in anticipo ma solo fino al 31 dicembre del 2021.

La terza strada invece permette alle donne di abbandonare il lavoro prima degli uomini grazie ad una proroga della finestra d'uscita di manovra in manovra.


Ora l'Ue ci chiede a gran voce di rimettere tutto il pacchetto previdenziale nelle mani della Fornero.

Nelle ultime "Raccomandazioni della Commissione Ue" al nostro Paese c'è un punto fin troppo chiaro
ricordato dal Sole 24 Ore qualche giorno fa: dare attuazione piena alla riforma Fornero delle pensioni.


Ed è per questo motivo che bisogna guardare con attenzione a cosa farà il governo nei prossimi giorni.

Giorni caldi che decideranno il piano per il Recovery Fund che l'esecutivo zoppo dei giallorossi deve chiudere al più presto.

Ma in questo quadro c'è poco da stare tranquilli.


Infatti occorre rivolgere lo sguardo in Spagna per comprendere a pieno
quando i fondi Ue che dovrebbero arrivare sono in grado di cambiare totalmente il volto del sistema previdenziale.


La Spagna, come l'Italia, attende una grossa fetta di liquidità da Bruxelles.

In cambio l'Europa ha chiesto interventi sulle pensioni.

Intervento che il governo guidato da Sanchez ha immediatamente messo sul campo.


La mossa di Madrid per assicurarsi i soldi Ue è semplice:
l'esecutivo sta per varare un pacchetto di riforme previdenziali
che avranno un effetto abbastanza immediato con la diminuzione dell'importo degli assegni pensionistici.


Le polemiche in Spagna sono state feroci ma è stato proprio il ministro al Welfare, Escrivà,
a chiarire in modo gelido quanto sta per accadere:

il ministro ha infatti affermato che l'intervento è indispensabile per mettere le mani sui soldi che arriveranno dal Next Generation Ue.


Dunque è facile prevedere che lo stesso scenario potrebbe toccare all'Italia.

Il ritorno ad una Fornero pura con uscita oltre i 67 anni e assegni ricalcolati potrebbe rappresentare una mazzata.
E come chiamare Hannibal Lecter a servire in macelleria
 
Che porcheria. Tanto i soldi li hanno perchè NOI paghiamo in bolletta.


AAA cercasi figuranti, meglio se coppie, per godersi Sanremo dalle prime file.

Tutto spesato.

Per la prima volta nella storia del Festival di Sanremo non sarà il pubblico a pagare il biglietto
per assistere alla popolare kermesse canora, ma la televisione di Stato.



La Rai è pronta infatti a stipendiare tra i 380 e i 500 figuranti per riempire il teatro Ariston
dal 2 al 6 marzo in occasione della 71esima edizione di Sanremo.


L'avviso pubblico è stato lanciato da viale Mazzini nelle scorse ore ed è rivolto, principalmente,
a coloro che già nelle edizioni passate hanno assistito al Festival dalle poltrone dell'Ariston.

Come riporta Riviera24, il portale di informazione della riviera ligure,
il bando per la ricerca di figuranti è stato lanciato per riempire il teatro,
che ospiterà il Festival dopo l'abolizione del pubblico a causa delle stringenti normative anti-Covid.

Lo storico teatro di Sanremo può accogliere, nella sola platea, circa 1200 spettatori,
ma per rispettare le regole imposte dal Dpcm la capienza sarà ridotta di un terzo
e galleria e palchi (che avrebbero garantito ulteriori 700 posti) saranno chiusi.

La Rai ha così aperto ufficialmente la selezione del pubblico figurante che prenderà parte allo spettacolo.

Insomma una vera e propria "proposta lavorativa", come si legge nell'avviso.


"Per il Festival di Sanremo 2021 stiamo reclutando con carattere di urgenza dei claqueur per le cinque serate in diretta dal teatro Ariston.
L'impegno è previsto dal 2 marzo 2021 al 6 marzo 2021 e sono
richieste persone conviventi da predisporre in coppia".

Potranno candidarsi soltanto marito e moglie, genitore e figlio oppure coppie di fatto che avranno la possibilità di sedersi l'uno accanto all'altro,
evitando così l'effetto dispersivo che si avrebbe con singoli figuranti ogni due posti.

L'essere conviventi è requisito fondamentale, fanno sapere dalla Rai:

"È fondamentale avere il requisito di convivente che permetterà di occupare due poltrone ravvicinate distanziate dalle altre almeno di un metro".


Ai claqueur - che in gerco tecnico sono gli spettatori che applaudono non spontaneamente dietro compenso economico -
sarà versato un corrispettivo economico più eventuali rimborsi:

"Sarà richiesta una autodichiarazione di convivenza e inoltre sarà richiesto un tampone (rimborsato da Rai) nei giorni precedenti la prima convocazione".

La macchina organizzativa è in moto.
 
Dunque cinema e teatri sono chiusi.


Però Sanremo deve aprire con pubblico pagato con soldi degli italiani visto che la RAI è la TV di stato.


Quando penso che ormai abbiamo toccato il fondo, mi accorgo che questo fondo scende sempre più.
 
L’abbiamo capito tutti.

Questa è la crisi più pazza del mondo.

E Giuseppe Conte ne è il suo attore principale.

Che vuole restare sul palcoscenico anche quando il sipario comincia a chiudersi.


Il teatrino della politica si conferma in tutto il suo più pieno significato.

In una fiction potremmo chiamare fermo d’immagine quella sua pervicace immobilità a Palazzo Chigi,
che coincide con l’immobilismo che ha impedito fino ad ora una svolta, uno sbocco,
una via d’uscita dall’impasse, dal pantano in cui si dibattono i protagonisti.

Certo, la sua salita al Quirinale è un segnale di movimento, più imposto dalla decenza che convinto.

Poi si vedrà, come si dice.


Un pantano inedito nella storia del Paese “dove non si è mai vista una situazione simile dalla nascita della Costituzione:

un signore nessuno, un avvocato che governa prima con la Lega poi con i Dem e che vorrebbe governare a vita”

e dove il Parlamento ha vissuto un susseguirsi per giorni e notti della affannosa ricerca di un ensemble di un gruppo di raccogliticci,

spacciati per responsabili liberali, popolari, socialisti, europeisti.


Lo spettacolo indegno e grottesco della politica italiana.


Intorno a Giuseppe Conte si sono create delle leggende, a cominciare dalla inevitabilità di elezioni anticipate già dalle sue dimissioni
(che avrebbe dovuto dare per l’abbandono di un partito e dei suoi ministri) imponendo il dogma della sua insostituibilità,
sommata ad una personale furbizia del tutto inaspettata ma che, nella storia e nella politica, ha invece confermato che il più furbo non esiste.

Chi ha contribuito in modo decisivo all’imporsi di leggende e dogmi è stato, fino ad ora, il partito di Nicola Zingaretti,
tetragono nella difesa perinde ac cadaver di un premier e di un governo di cui lui stesso ha richiesto un cambio di passo,
ma soffermandosi sulla soglia di quella difesa, anche se piccoli passi si avvertono in quel corpaccione,
negli avvertimenti, negli allarmi per una situazione che diventa senza sbocchi,
proprio per la cattiva volontà di quel quieta non movere per non disturbare il manovratore.


E avanti così, nel duello all’arma bianca contro il disturbatore Matteo Renzi.


Tutto questo accade in un partito che, a suo modo, è il discendente di una tradizione con una sua presenza di primo piano nella storia del nostro dopoguerra.
Ma in quella che fu comunque una politica, sia pure di gravi errori e di omissioni, ha da anni prevalso la pura conservazione del potere,
e che proprio nei numerosi cambi di nome ha progressivamente svuotato quella storia: da Palmiro Togliatti a Giuseppe Conte.

Per di più nel centenario strombazzato dell’avo del Partito Democratico.


Svuotamento, si diceva, ma la parola esatta è inquinamento ad opera dell’avvento sul palcoscenico,
con gli strabilianti consensi elettorali della distruttiva antipolitica di un grillismo
che ha imposto un vero cambio di passo della stessa democrazia,
avvelenandone i pozzi e delegittimandone l’essenza con quell’apriscatole impugnato nella cattura di milioni di voti,
ingannandone gli arrabbiati per accedere al Governo e dando così forma istituzionale all’ideologia del Vaffa,
di cui Giuseppe Conte è l’epigono e il primo attore.


Fino a quando?


Bisognerà chiederlo
al suo comprimario, nonché inossidabile alleato Zingaretti.


Ed al Quirinale.
 
Giorno dopo giorno ne salta fuori uno nuovo.



Il più grande successo finora è stato raggiunto dal desametasone,
uno steroide che si è rivelato in grado di ridurre il rischio di morte di un terzo per i pazienti in ventilazione.

Una nuova speranza contro il Coronavirus nelle sue forme più gravi potrebbe arrivare però adesso da ben due farmaci anti-artrite.


Il Regno Unito ha iniziato ad utilizzare un farmaco contro l’artrite del colosso farmaceutico svizzero Roche, Actemra,
più comunemente conosciuto come Tocilizumab, per trattare i pazienti con Covid-19 in condizioni critiche,
dopo che uno studio ha dimostrato che questo medicinale è stato in grado di ridurre la mortalità e abbreviato i tempi di recupero in terapia intensiva.


Un altro farmaco contro l’artrite, il Sarilumab, sembra fare lo stesso,
non solo salvando vite ma riducendo il tempo che i pazienti trascorrono in terapia intensiva.


Sia Tocilizumab che Sarilumab sono i cosiddetti antagonisti del recettore IL-6,
che smorzano l’effetto delle proteine che possono causare una reazione eccessiva del sistema immunitario.

Forma gravi di Covid sono spesso associate a livelli pericolosi di infiammazione nel corpo.


Proprio mentre sta affrontando una durissima terza ondata, più preoccupante e spietata delle precedenti
proprio per via della variante inglese, la Gran Bretagna ha già avviato l’uso di Tocilizumab/Actemra in tutto il Paese
e il governo di Boris Johnson ha già fatto sapere di aver avviato tutti i passaggi necessari con Roche
per garantire che il farmaco sia disponibile per i pazienti del Regno Unito.


Lo studio “REMAP-CAP” ha arruolato più di 3.900 pazienti, la maggior parte dei quali nel Regno Unito.

Actemra è stato somministrato a 350 pazienti, mentre 45 pazienti hanno ricevuto un altro farmaco, Kevzara.


Il gruppo di ricerca dell’Imperial College di Londra che ha condotto la ricerca ha spiegato
che “solo” il 27% dei pazienti critici che hanno ricevuto Actemra o un trattamento simile da Sanofi e Regeneron Pharmaceuticals è morto in ospedale,
rispetto a circa il 36% di coloro che non li hanno ricevuti.

Non solo: i pazienti trattati con questi farmaci sono stati dimessi dall’ospedale mediamente una settimana prima degli altri.


I ricercatori hanno monitorato i progressi dei pazienti per almeno 21 giorni anche in altre parti del mondo.

I risultati di 792 pazienti in sei paesi rivelano che Tocilizumab e Sarilumab hanno ridotto il rischio di morte.


Mentre la mortalità ospedaliera era del 35,8% per i pazienti trattati con cure standard,
era del 28% per Tocilizumab e del 22,2% per Sarilumab.

La combinazione dei risultati per i due farmaci ha dato una mortalità ospedaliera del 27,3%,
un calo di 8,5 punti percentuali nel rischio assoluto di morte, o una riduzione relativa del 24%, rispetto al gruppo che aveva cure standard.


Il team ha anche scoperto che quelli a cui è stato somministrato Tocilizumab o Sarilumab si sono ripresi più rapidamente,
lasciando la terapia intensiva circa 7-10 giorni prima rispetto a quelli che avevano ricevuto cure standard.


Già a settembre scorso, Roche, in collaborazione con il colosso giapponese Chugai Pharmaceutical,
aveva dimostrato in uno studio clinico che il Tocilizumab, venduto come Actemra o RoActemra,
può ridurre la necessità di ventilazione meccanica nei pazienti Covid.


Ricordiamo anche che a inizio pandemia, a marzo 2020,
Roche si era detta disposta a cedere gratuitamente il Tocilizumab,
già usato in via sperimentale in Cina, ma poi a quanto si apprende l’intento è rimasto lettera morta.


I nuovi risultati potrebbero avere “implicazioni immediate per i pazienti più malati con Covid-19”,
ha detto in una dichiarazione Anthony Gordon, responsabile di Anestesia e Terapia intensiva presso l’Imperial College.

“Questo spiega perché è importante condurre ampi studi randomizzati controllati
e che le prove in tutti gli studi vengano prese in considerazione quando si prendono decisioni terapeutiche per diversi gruppi di pazienti”.


I nuovi risultati “hanno iniettato quel pizzico di ottimismo di cui tutti abbiamo bisogno”
per continuare a provare anche con i medicinali contro l’artrite, ha detto in una dichiarazione Martin Landray,
professore di Medicina ed Epidemiologia all’Università di Oxford.

Landray sta conducendo un altro ampio studio, chiamato “Recovery”,
che ha contribuito a individuare i benefici del desametasone e ora sta esaminando anche Actemra.
 
Ringrazio l’intera squadra di governo, ogni singolo ministro, per ogni giorno di questi mesi insieme“.

così Giuseppe Conte durante il Consiglio dei ministri.

Durante il quale il premier, senza più ossigeno, ha comunicato la volontà di dimettersi,
prima di salire al Colle per rimettere l’incarico nelle mani del presidente Mattarella.

Lo farà a mezzogiorno.

Non ci sarà una conferenza stampa come ci si aspettava. E come sarebbe di rito.


Nel Cdm è andata in scena la commedia scontata delle lacrime, dei ringraziamenti.

Con i ministri dem e 5Stelle ‘affranti’ per l’epilogo.

Democratici, pentastellati e Leu compatti a sostegno di Conte.

“Sostegno e compattezza”, sono le parole dei capi delegazione delle forze di maggioranza, Alfonso Bonafede (M5S), Dario Franceschini (Pd) e Roberto Speranza (Leu).


E proprio Franceschini, un tempo dato come un possibile candidato premier, è tra i primi a commentare.
Parla dei risultati positivi conseguiti dal governo Conte e si dice disponibile a lavorare per una nuova maggioranza.


Anche Leu fa la sua parte.
Il presidente Conte ha preso atto della grave situazione di difficoltà”, dice Loredana De Petris.
“Pur avendo ottenuto pochi giorni fa la fiducia in entrambi i rami del Parlamento,
ha responsabilmente scelto di rassegnare le dimissioni per rilanciare, rafforzare e allargare la maggioranza.
Confidiamo nella saggezza e nell’esperienza del capo dello Stato”.


E giù chiacchiere sul dialogo, l’apertura a tutte le forze politiche
“che vogliono collaborare a mettere il Paese in salvo in questo momento difficilissimo.
Dalla conferma del presidente Conte, il cui ruolo è essenziale e indispensabile, come guida del prossimo governo”, conclude De Petris.


Si lavora per il Conte ter ma tutto può ancora succedere.

Quasi certamente Mattarella chiederà all’avvocato del popolo di tornare in Parlamento e cercarsi la fiducia.

Su un programma, in teoria.

In pratica tutto dipenderà dall’esito della ricerca forsennata dei ‘responsabili-costruttori”.

Altrimenti il Colle darà l’incarico perlustrativo a un nome terzo.


Le urne ? ........per la maggioranza sono una sciagura.
 
Se fosse stato amico del centro-destra avrebbe già ricevuto almeno 10 avvisi di garanzia.


Dopo il flop con il bando per la produzione e consegna dei banchi, Arcuri si prepara per fare il bis.

I padiglioni con la primula, strutture temporanee che verranno adibite per le vaccinazioni,
rischiano di fare la stessa fine dei banchi a rotelle.


“Non saranno 1.500 ma solo 21, previsti per marzo e costano 409mila euro l’uno” riferisce il Tempo.


Molte delle imprese del settore vengono escluse a causa dei “criteri impossibili, dei costi enormi e dei cavilli assurdi”.

Altre dichiarano di aver già pronte strutture che possono essere predisposte per la finalità richiesta, ma “il governo non le vuole”.






Contro moltissimi pareri, la gara per l’appalto è stata aperta il 21 gennaio e terminerà domani (27 gennaio). I tempi anche questa volta sono super ristretti e, ovviamente, la promessa fatta il “13 dicembre”dal commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, di fornire il Paese di 1.500 padiglioni, sbiadisce vergognosamente.


“Attualmente ne verranno costruiti solo 21”, riferisce il quotidiano. Parliamo dunque di una proporzione ridicola. Gli altri 1.472 che fine hanno fatto? Le strutture mancanti, fino a 1.200 saranno “erette successivamente”.



E menomale che “questi padiglioni, che in qualche modo sbocceranno e cresceranno nelle piazze italiane” dovevano diventare “un simbolo per il Paese, il primo a essere colpito dalla pandemia”. Avente la primula come “segno di serenità, rigenerazione e rinascita”, annunciava Boeri.




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La gara per i padiglioni riguarda l’affidamento della progettazione, ingegnerizzazione, fornitura in opera, manutenzione, smontaggio e messa a dimora.

I giorni disponibili per la realizzazione sono 30, lungo il corso dei quali si dovrà provvedere dunque anche al trasporto, all’allestimento (arredi compresi) nelle diverse parti d’Italia.


Mettendo da parte invece gli aspetti di costi e tempi e considerando la qualità delle strutture temporanee, il bando lascia a desiderare.

Sembra proprio che si sia data estrema importanza (cosa alquanto assurda considerando le finalità sanitarie delle strutture)
“all’assoluta immodificabilità dell’estetica del progetto” e che tutto il resto sia lasciato alla libera interpretazione dei costruttori.


Insomma le priorità per il commissario straordinario dicono tutto.
 
Giuseppe Conte si è scrollato di dosso da giorni i panni del premier,
nel bel mezzo di una crisi economica senza precedenti,
per indossare quelli più circensi dell’acrobata,
impegnato in un’operazione a dir poco spericolata pur di dar forma al suo terzo esecutivo
e tenere così strette, ancora una volta, le chiavi di Palazzo Chigi.

Al centro della strategia dell’Avvocato del Popolo, sempre meno vicino al popolo
e più concentrato piuttosto sulla personale salvaguardia, 12, forse 15 “costruttori”
o “responsabili” già individuati per puntellare la maggioranza giallorossa.

I rischi, però, ci sono, e non sono pochi.


Conte avrebbe preferito, innanzitutto, che il gruppo di audaci soccorritori del suo governo fosse nato subito.

Invece, gli è toccato ingoiare il boccone amaro e accettare di salire al Colle senza certezze numeriche alle spalle.

Nella speranza di incassare comunque l’incarico di formare un nuovo esecutivo
e di veder rientrare nella maggioranza Matteo Renzi, senza però che il peso di Italia Viva sia più determinante.

Tutti dentro o quasi, come auspicato giorni fa da un Beppe Grillo ormai lontano parente del leader di piazza di un tempo.

Una sorta di “pentapartito” sulla falsariga di quello visto ai tempi della Dc.


Il nuovo gruppo potrebbe nascere appoggiandosi al simbolo del Maie, gli italiani eletti all’estero,
o dar vita a una nuova sigla, Centro democratico/+Europa.

Per riuscire nell’impresa, però, Conte deve trovare altri, preziosi parlamentari pronti a soccorrerlo.

E guarda soprattutto a Forza Italia.

Berlusconi ha dato il primo segnale, con il voto a sorpresa sulla fiducia da parte di Renata Polverini alla Camera
e Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin al Senato.

Tra i nomi dati per “papabili” (i diretti interessati, ovviamente, smentiscono) ci sono poi
Sandro Biasotti,
Maria Virginia Tiraboschi,
Andrea Cangini,
Luigi Vitali e
Anna Carmela Minuto.

Un gruppetto al quel, nelle speranze del premier,
si aggiungerebbero poi i due senatori Udc Paola Binetti e Antonio Saccone.


Occhi puntati, infine, su Cambiamo, il gruppo di Giovanni Toti che conta tre senatori.

Anche qui, le smentite sono categoriche, ma Conte spera nel supporto.

Una volta arrivati i soccorritori, si potrebbbe poi aprire di nuovo a Renzi che, però,
a quel punto sarebbe parte del nuovo governo ma senza più avere il coltello dalla parte del manico.

In mezzo, una giravolta di ministeri, tutti rivoluzionati, per dare un segnale di discontinuità.

Un esecutivo “di salvezza nazionale”, lo hanno già ribattezzato diversi futuri esponenti.


Che pensa, però, soprattutto a salvare le poltrone.
 

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