DIO LI FA E POI NON TIRA L'ACQUA

Un virus batterico

La tesi sostenuta dalla Bolgan, sin da luglio scorso, che il virus che provoca il covid fosse un virus batterico,
ha trovato recente conferma nei risultati della ricerca del dott. Carlo Brogna con cui la dott.ssa Bolgan ha attivamente collaborato;
primi al mondo a fotografare e guardare in faccia il virus.

La sua natura batterica spiega come mai risultino efficaci contro il virus gli antibiotici,
utilizzati tra l’altro da quei medici che hanno individuato sul campo la terapia domiciliare precoce al cui successo, praticamente totale,
nel trattamento tempestivo dei malati covid a casa dei pazienti non hanno fatto seguito la promozione e la diffusione della stessa
da parte del governo e del CTS che continuano inspiegabilmente ad ignorarla.

La natura batterica del virus è coerente, inoltre, con la constatazione che gli immuno probiotici siano efficaci nel suo controllo.

A domanda la dott.ssa specifica che la consapevolezza della natura del virus ha grande importanza
per la individuazione della corretta terapia e prevenzione avendo
«un impatto notevole in tutte quelle che sono le conoscenze relative alla sua modalità di trasmissione,
mettendo in discussione tutta la procedura che è stata messa in opera per il suo contenimento quali le mascherine,
il distanziamento ecc
. perché presuppongono una diffusione a livello ambientale del virus, che si trova nell’ambiente,
diversa da quella prevista avendo questo virus un comportamento più simile a un fago.

I batteri fanno da veicolo al virus facilitando l’infezione delle cellule anche eucariote.

Il virus, è documentato, entra quindi anche nelle cellule epiteliali così come nei macrofagi.

Principalmente però è un virus che infetta i batteri attraverso i quali stimola la grande tempesta di citochine
insieme ad una forte produzione di tossine batteriche responsabili tra l’altro di tutte le manifestazioni neurologiche del covid.

Parlando di un virus che ha caratteristiche più da enterovirus, il contagio avviene per ingestione e non per inalazione;
si mette perciò in discussione il fatto che questo sia un virus tipicamente respiratorio cioè che infetta le vie aeree inferiori, quelle polmonari.

Esso infetta naso e gola ma poi viene ingerito, non viene respirato,
a meno che non ci sia un’autoinalazione che è quella che succede quando indossiamo la mascherina…

Tutte queste cose, andavano verificate da subito.

Tutte le misure che noi stiamo prendendo sono del tutto inutili nei confronti di un virus come questo
perché non abbiamo ancora capito o non abbiamo voluto capire quale è la reale via di trasmissione
e come va trattato il paziente da subito, al primo manifestarsi della sintomatologia
.

Questo virus, insiste la dott.ssa Bolgan, colonizza i batteri iniettando al loro interno il suo genoma.

Tende inoltre a integrarsi nel DNA dell’ospite.

Non sappiamo ancora se si integra completamente o parzialmente.

Se si integrasse parzialmente, nel momento in cui viene stimolata la sua produzione
non sappiamo se si producono solo parti del virus, non infettive, o se si attivi tutto il virus provocando una ripartenza dell’infezione.

Mi sono arrivate numerose segnalazioni che le persone che si sono vaccinate con l’antinfluenzale
e poi per il covid dopo circa una settimana sviluppano il covid!


I test tampone indicano che c’è una replicazione virale e questo ci dice che il virus si è riattivato.

Per riattivarsi ci sono due modalità.

Nella prima essa è dovuta alla persistenza del virus nelle cellule batteriche
(non dannosa – semplicemente viene riattivata la sua presenza a livello dei batteri),

nella seconda la riattivazione avverrebbe proprio perché si sarebbe integrato nel DNA
esattamente come fanno i retrovirus (tipico l’esempio dell’herpes che è un retrovirus integrato).

Questo presuppone che l’RNA del virus dev’essere retrotrascritto e integrato.

Tale comportamento è stato dimostrato per questo virus a livello delle cellule;
per il momento si è visto che l’integrazione è parziale,
tuttavia le evidenze delle persone che si ammalano dopo la vaccinazione mi fanno pensare che il virus si integri completamente.

Il fatto che si produca una cronicizzazione della malattia si è capito già dopo qualche mese
perché le persone continuavano a produrre proteine virali anche dopo mesi, cosa che è stata appurata facendo l’analisi delle feci.

Anche qui abbiamo sbagliato.

Il campione più corretto per studiare questo virus sono le feci, non il tampone salivare!
 
Quella a cui faceva riferimento prima è il fenomeno della crossreattività tra influenza e covid?

Sì, perché ci sono delle omologie di sequenza tra virus influenzali e covid che condividono proteine assai simili
per cui se si formano degli anticorpi contro il virus dell’influenza, gli stessi anticorpi si legano debolmente al Sars Cov-2.

Il problema è che gli anticorpi che si formano in seguito alla vaccinazione antinfluenzale si legano al covid
ma poiché lo fanno in maniera debole accade che più anticorpi si legano allo stesso virus.

Quando si forma questo complesso formato da più anticorpi col virus, il virus entra nelle cellule attraverso un recettore diverso dall’ACE2.

In questo caso il complesso si serve del recettore Fc-gamma che è presente nelle cellule del sistema immunitario,
in particolare nei macrofagi, nei mastociti e in altre cellule di questo tipo.

Quando il virus entra nei macrofagi attraverso questa via, esso blocca la risposta antivirale del macrofago e quindi gli interferoni antivirali,
cominciando così a replicarsi in maniera incontrollata all’interno delle cellule del sistema immunitario.

Da qui la stimolazione della produzione di citochine
.

Ecco il meccanismo con cui si innesca la complicanza.

Questo è quello che chiamiamo il potenziamento della malattia che si produce in maniera molto rapida e incontrollata.


Una versione amplificata della recidiva dell’influenza?

Esattamente. Sì, anche con il virus dell’influenza succede la stessa cosa.

Il potenziamento della malattia nel caso dell’influenza è possibile dopo la vaccinazione antinfluenzale.

Soprattutto negli over 65 si manifesta questo fenomeno molto pericoloso.

Teniamo conto, infatti, che soprattutto tra gli anziani
la percentuale dei vaccinati che manifestano un potenziamento è alta, aggirandosi intorno al 50%.

La vaccinazione li predispone alla complicazione fatale soprattutto se sono compresenti più patologie.

Di conseguenza il fenomeno del potenziamento è un fenomeno che va evitato
cercando di fermare l’infezione nella prima fase, quella virale.

Quando il sistema immunitario non riesce a bloccare il virus nella prima fase
può succedere che si inneschi la complicazione, perché nel tentativo di bloccare il virus
esso ha tutto il tempo di andare ad infettare le cellule del sistema immunitario
ed è questa infezione a provocare la complicazione grave fatale.

Quest’ultima è quindi conseguenza di un potenziamento della malattia
che si attiva con gli stessi anticorpi che la persona sta producendo contro il virus
perché se c’è una produzione precoce di anticorpi che non sono molto affini ed efficaci per il virus,
essi purtroppo sono in grado di legarsi al virus e causare di per sé il potenziamento.

Se la persona avesse anticorpi provenienti dal vaccino antinfluenzale, da un vaccino covid
o anche da infezioni covid pregresse essa corre un rischio maggiore di sviluppare il potenziamento, anche da subito.


Dottoressa, se non ho interpretato male, la letteratura scientifica
riporta che la sperimentazione di vaccini contro le prime forme di Sars e di Mers,
all’inizio del secolo, condotta, in fase preclinica, sugli animali, quando quest’ultimi venivano reinfettati con il virus selvatico,
dopo essere stati vaccinati, manifestavano il fenomeno del potenziamento e della complicazione fatale
tanto da indurre da causare il blocco della sperimentazione di quei vaccini. È così?


Sì, è proprio così.


Come mai allora è stata ripresa, e proprio sugli umani?

Ho documentato già nel primo libro che ho scritto sui vaccini, questa problematica,
peraltro ben nota, sin dall’inizio, anche alle agenzie regolatorie e ai produttori.

Se si va a leggere quello che ho scritto vi si trova documentato che nella prima riunione con le agenzie regolatorie
e i produttori per decidere cosa fare nel pieno della pandemia, che l’argomento centrale a quel tempo era proprio il rischio di potenziamento della malattia.

Ne erano, quindi, perfettamente a conoscenza ma hanno comunque utilizzato la procedura accelerata (fast track) prevista per situazioni di estrema gravità.

Non si sapeva ancora bene che tipo di andamento la pandemia avrebbe manifestato nel corso del tempo,
se sarebbe potuta diventare qualcosa di catastrofico.

Davanti a tale incognita hanno deciso comunque di prendersi il rischio di fare il vaccino
sperimentandolo direttamente sull’umano, in parallelo con gli studi preclinici.

Questa scelta in una valutazione beneficio/rischio risulta nettamente sbilanciata verso il rischio.

Negli studi preclinici che a una occhiata anche superficiale appaiono strutturati nello stesso modo
– io per ora ne ho approfondito solo uno e attualmente sto approfondendo quelli della Pfizer –
si può constatare che essi - gli animali - vengono vaccinati per poi infettarli successivamente con il virus contagioso c
on la stessa sequenza del vaccino e non con virus circolanti.

È evidente che con questa modalità non siamo assolutamente in grado di sapere se il vaccino protegge o meno dall’infezione
o se può avere provocare un potenziamento della malattia
.

Tutti gli studi sulla SARS sono stati fatti con virus ingegnerizzati, quindi con una sequenza modificata rispetto al virus della SARS originale.

Questo ha permesso di constatare il potenziamento della malattia.

Teniamo conto che in questo caso il potenziamento della malattia non è trascurabile perché impatta gran parte dei vaccinati.


Se si considera ad esempio il caso ben conosciuto del virus sinciziale respiratorio,
il relativo vaccino è stato testato sui bambini con problemi di bronchiti, broncheoliti e simili.

Hanno riscontrato che l’80% dei bambini, rispetto ai non vaccinati,
ha sviluppato il potenziamento della malattia e molti di loro sono anche morti
.


Il vaccino contro la dengue che ha la stessa problematica è stato ritirato
e la ditta produttrice è stata denunciata per non aver preso in considerazione il problema del potenziamento
pur conoscendolo con la conseguenza di aver causato la morte di bambini vaccinati.


La precauzione sarebbe stata d’obbligo, soprattutto non è accettabile che sia stata data un’autorizzazione seppure condizionale
per un vaccino per il quale non si è escluso, in maniera chiara e definitiva, il rischio di causare il potenziamento.

Grandi riviste, quali Science, Nature e altre, anche recentemente,
hanno lamentato il fatto che non ci sono ancora dati su quest’aspetto e ecco, tutto questo è inaccettabile!
 
Ho letto, credo sul suo e-book, che gli studi preclinici sugli animali, fatti per gli attuali vaccini covid,
sono stati svolti in fretta e furia e in parallelo alla sperimentazione sull’uomo
grazie alla concessione della procedura fast track ma su modelli animali che non sviluppano la complicanza del covid
con la conseguenza che non è stato possibile verificare se questi vaccini possano o meno causare potenziamento della malattia.


Sì, a breve analizzerò gli studi che la Pfizer ha presentato all’EMA come prova della sicurezza e dell’efficacia di questo vaccino.

Attenzione che i primati non sono la specie animale corretta per testare il vaccino
proprio perché non sviluppano la complicazione grave e fatale.

Non possiamo sapere quindi se il vaccino protegge.

La sua funzione sarebbe propriamente quella di evitare che le persone sviluppino questo genere di complicazioni!

Se, infatti, dovessimo proteggere le persone da un semplice raffreddore, è del tutto evidente che del vaccino potremmo farne tutti a meno.


Dagli studi preclinici sappiamo che non è sterilizzante ossia che non impedisce la trasmissione del contagio.

Il vaccinato può comunque prendersi l’infezione e sviluppare la malattia, sintomatica o asintomatica, non sappiamo ma è noto che può infettare gli altri.
L’infezione si contrae perché se la persona dovesse venire a contatto con il virus circolante essa è esposta, a tutti gli effetti,
alla stregua di una persona non vaccinata, a contagio e trasmissione del virus.

In definitiva il vaccino non interrompe la catena della trasmissione del virus.


Pensare che c’è chi parla di dare un patentino di immunità a chi si sottopone alla vaccinazione,
un patentino di immunità per un vaccino che non garantisce nessuna immunità…


Il patentino non ha senso a priori.

Non trovo corretta questa strategia in ogni caso.

A mio avviso queste infezioni stagionali hanno modalità di diffusione assai simili.

Come con l’influenza l’unica cosa che possiamo fare è curare a casa la persona sintomatica finché non sta bene;
anche nella fase di convalescenza dovrebbe starsene a casa almeno quindici giorni finché non recupera completamente.

Questo andrebbe fatto per qualsiasi tipo di malattia infettiva.

Di solito, invece, quando una persona è influenzata, passati i consueti tre giorni di febbre torna al lavoro
ma il tempo necessario al sistema immunitario di risolvere l’infiammazione e fare i ripari del danno
richiederebbe che la persona se ne stesse a casa tranquilla, a curarsi e a riposare.

È questa la cosiddetta quarantena inversa.

Tengo a casa il malato, lo curo, cerco di isolarlo, mantenendo con lui un contatto minimo indispensabile;

tutti gli altri si lasciano liberi di uscire, soprattutto la fascia maggiore della popolazione

che è quella che non manifesta sintomi e se li manifesta sono in ogni caso nella fascia dei sintomi influenzali

che si risolvono senza che si abbia la complicazione grave.


Precauzione e monitoraggio stretto degli anziani a rischio che vanno curati, in maniera tempestiva appena si manifestano i primi sintomi.


Prevenzione per tutto il resto della popolazione.

Fare quindi un investimento importante e sostanziale sulla prevenzione e sulla cura della fase influenzale
ed evitare il tracciamento dei positivi a base di tamponi che strategicamente non è così fondamentale,
viste oltretutto le problematiche di gestione del poco personale e delle risorse finanziarie di cui disponiamo.

D’altra parte teniamo conto del fatto che ci sono degli studi che ci stanno dando l’informazione
che gli asintomatici, per loro caratteristica, hanno selezionato all’interno del loro organismo, dei virus attenuati.

Gli asintomatici, quindi, selezionano dei mutanti che in realtà non sono in grado di causare la malattia.

Questo il motivo per cui sono asintomatici.

Essi sono potenzialmente infettivi, però infettano a basso grado.

In definitiva è come se fossero dei vaccini naturali perché infettano le persone a basso grado
attraverso virus attenuati in modo naturale attraverso il loro organismo.


Una vaccinazione naturale. Bisognerebbe abbracciarsele queste persone quando si incontrano.

In teoria sì, in teoria
sono quelli che fanno finire prima l’epidemia
perché permettono la diffusione rapida del virus in forma di mutante
non pericoloso diverso da quello che può causare la malattia
;
finendo prima la malattia essi impediscono anche la selezione di mutanti più aggressivi e pericolosi.

Hanno quindi varie finalità.

Una parte consistente della letteratura e degli studi che non sono stati fatti a sufficienza
per vedere perché l’asintomatico è asintomatico e perché l’asintomatico è tale rispetto a uno che si prende la malattia;
sembra che la ragione stia nei mutanti che si stanno replicando nel loro organismo.

Teniamo conto, infatti, che una persona che ha un sistema immunitario efficace seleziona,
tra i vari mutanti che si formano durante la replicazione del virus,
quelli che sono meno pericolosi se il sistema immunitario è robusto
perché riesce a eliminare quelli che possono creare un danno all’organismo
.

Viceversa quelli che sono attenuati sono quelli che rendono la persona asintomatica.

In chi, invece, ha un sistema immunitario depresso o intossicato dall’uso di troppi farmaci
come nel caso degli anziani o delle persone che hanno patologie che causano l’immunodepressione,
il virus sfonda una porta aperta, per cui si replica in maniera incontrollata anche con mutanti più pericolosi
che si replicano più rapidamente e sono più aggressivi.


Ecco, bisognerebbe, aver studiato con molta più attenzione questi fenomeni.

Si sarebbe potuto capire molto se si fosse fatto un lavoro approfondito sul sequenziamento.

Se avessimo sequenziato fin dall’inizio i virus sia nelle persone che hanno sviluppato la patologia grave fatale
sia in quelli sintomatici che non sviluppano la patologia grave
e negli asintomatici forse saremmo riusciti a capire un po’ meglio la dinamica di questa infezione.

Soprattutto bisognava andare a studiare nel dettaglio la diffusione ambientale del virus.

Di recente cominciano a venire fuori studi cinesi molto importanti
che ci dicono che il virus si trova nell’acqua, si trova nella verdura annaffiata,
si trova nella carne macellata, addirittura nell’acqua dei prodotti congelati!

Questo vuol dire che
siamo in presenza di una diffusione ormai capillare

che rende del tutto inutile il contenimento attuato attraverso il distanziamento se il virus si trova ormai dappertutto
.
 
Quindi gli asintomatici piuttosto che tenerli in quarantena avremmo dovuto lasciarli circolare…
Le chiedo allora pensando all’altra faccia della medaglia
se può essere che il vaccino possa contribuire a indurre una selezione di mutanti più contagiosi e più pericolosi


Certo che sì!

Fa vaccino resistenza.

Sì, dobbiamo tener conto che i virus a RNA, a singolo filamento come questi,
formano rapidamente mutanti, soprattutto nella parte della Spike ché quella è immunogenica,
riuscendo così a sfuggire rapidamente a quello che è l’attacco del sistema immunitario, soprattutto adattativo.

C’è, infatti, un RNA polimerasi RNA dipendente che introduce molti errori nella sua replicazione,
formando, quindi, molto rapidamente mutanti con mutazioni che sono presenti in tutti i virus del nuovo mutante, ossia in tutte le copie, al 100%.

Può però formare anche una popolazione di mutanti minori,
presenti in una percentuale che varia dal 20 all’80% del mutante maggiore che si chiamano quasispecie.

Quindi accanto al mutante maggiore si hanno anche centinaia di questi mutanti minori, tutti in equilibrio competitivo tra di loro.

Quando si vaccina si producono degli anticorpi specifici per l’antigene vaccinale
ma questi anticorpi prodotti attraverso il vaccino non sono in grado di legarsi a tutti i mutanti minori,
quindi i mutanti minori che sfuggono dal legame con l’anticorpo vaccinale sono propriamente quelli che si replicano
e fanno la resistenza perché godono di un vantaggio selettivo.

Essi vengono quindi selezionati proprio dalla vaccinazione ed ecco la vaccino resistenza!

Ed ecco che la famosa variante di Londra, così come quelle che si sono manifestate in Francia o altrove
potrebbero avere questa origine. Facile presupporre che siano state causate dalla vaccinazione.


Bisognerebbe fare uno studio per vedere se le mutazioni cadono nel sito di legame degli anticorpi vaccinali
perché se così fosse allora è stato effettivamente il vaccino a creare le varianti.

In ogni caso, dal punto di vista della plausibilità biologica è assai probabile che si originino mutanti da vaccino resistenza.

Più vacciniamo la popolazione più rapidamente creiamo vaccino resistenza.

Il risultato sarà che invece di avere un effetto gregge

(loro dicono che bisogna vaccinare il 75% della popolazione perché si riesca ad interrompere il contagio)

saremo di fronte a un virus che il vaccino non potrà contenere

perché la trasmissione non si interrompe vaccinando e non ha alcun senso parlare di effetto gregge.


Si otterrà viceversa l’effetto contrario, ossia la vaccino resistenza e anche molto rapidamente!
 
Mentre le trattative per dar vita al Conte-ter proseguono serrate,
con il premier che continua la ricerca di “responsabili” per puntellare un eventuale nuovo esecutivo
e il Movimento Cinque Stelle ormai disposto persino a scendere ancora a patti con Matteo Renzi,
ecco arrivare al Senato il primo soccorso nei confronti dell’Avvocato del Popolo.

A Palazzo Madama è infatti nato il gruppo “Europeisti Maie-Centro Democratico”,
sigla dietro la quale si nasconde, né più e né meno, il tentativo di radunare tutti i parlamentari
che, al fine di tutelare la sacra poltrona, sono pronti a qualsiasi mossa pur di evitare il ritorno anticipato alle urne.


Al momento della costituzione del gruppo, dalla maggioranza hanno subito sottolineato come siano 10 i membri.

Con un piccolo giallo che ha per protagonista Sandra Leonardo, la moglie dell’ex ministro Clemente Mastella,
data da tutti come una dei sicuri esponenti e invece, stando a quanto rivelato da Adnkronos,
al momento ancora estranea alla formazione centrista.



Ma chi sono, allora, i parlamentari che hanno deciso di aderire all’iniziativa?


I dieci senatori della nuova formazione politica centrista sono in realtà facili da identificare, a partire dalla provenienza:
si tratta, infatti, di appartenenti al Gruppo Misto, al Maie e alla nuova formazione “Centro democratico” (che alla Camera fa riferimento a Bruno Tabacci).

I nomi fatti circolare sono al momento 8:

i cinque del ‘Maie-Italia 23’ Ricardo Merlo, Saverio De Bonis, Adriano Cario, Maurizio Buccarella e Raffaele Fantetti (presidente dell’Associazione Italia 23)

i due ex azzurri Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin.

Ultimo arrivato è l’ex pentastellato Gregorio De Falco, che porterà in dote il simbolo ‘Cd’ ‘prestato’ da Tabacci.



I problemi, per Conte, non sono però finiti.

I numeri continuano a non giocare a suo favore, con la ricerca di ulteriori rinforzi che continua imperterrita in queste ore.


Con il Pd che tratta, cercando di tirare a sé anche qualche esponente di Italia Viva così da ridurre la forza di Renzi.


E con Grillo che ha dettato la linea di un Movimento Cinque Stelle pronto anche al “tutti dentro”,
all’apertura verso chiunque pur di sopravvivere.


Una volta gli stessi grillini avrebbero parlato scandalizzati di inciuci.


Oggi, è tutto diventato normale, triste amministrazione.
 
Tutti (i media del giornale unico) plaudono al nuovo corso del presidente Biden, prossimo alla santificazione.


Intanto, con una serie di ordini esecutivi, il neopresidente ha:


1. Cancellato alcune norme per tenere bassi i prezzi di alcuni prodotti medici come l’insulina;

2. Cancellato la costruzione dell’oleodotto Keystone con migliaia di posti di lavoro persi… (ma tanto si tratta della working class che in gran maggioranza ha votato per Trump…).

3.
Per pagare pegno ai militanti trans, Biden ha emanato un ordine contro la discriminazione per identità di genere.


Diverse femministe Usa si sono allarmate.

Si è parlato di “cancellazione dello sport femminile”.

Forse un iperbole, ma di sicuro una vittoria per tutti gli atleti transessuali che si identificano come donne
e che ora potranno stravincere nelle categorie sportive femminili.

A tutto ciò, aggiungiamo pure i caccia cinesi che hanno salutato il nuovo presidente violando più volte lo spazio aereo di Taiwan.


Nel resto del paese invece avanza il politicamente corretto, il vero vincitore, ammettiamolo, di queste elezioni.

Giant Food, una catena di supermercati americana, ha avuto una bella trovata.

Ora, quando acquisterete una qualsiasi marca di prodotto dai loro scaffali,
sarà esposta questa informazione supplementare: il colore della pelle del proprietario.


“Black Owned!”
.


Perché nell’America illuminata (“Woke”) del politicamente corretto le melanzane le coltivano meglio i neri.

Giant Food ha annunciato che le “nuove etichette informeranno i clienti
sui prodotti di aziende che appartengono a donne, neri, asiatici-indiani, ispanici, Lgbt e veterani”
(The labels will inform customers about items from companies that are women, Black, Asian-Indian, Hispanic, Lgbt, Asian-Pacific or veteran-owned).


La categoria “veterani” potrebbe non dispiacere ai clienti più conservatori.

Notiamo però il “veterano” è l’unico ad aver fatto o essersi meritato qualcosa.

Tutte le altre categorie, care alla sinistra identitaria, sono tutte caratteristiche pertinenti all’individuo fin dalla nascita.


È una società più giusta quella in cui il colore della pelle o i gusti sessuali del proprietario di un brand

sono diventati importanti nella scelta di un detersivo?

I maschi bianchi sono discriminati
(ma tanto votano in maggioranza repubblicano), ma a ben vedere anche gli ebrei mancano dalla lista

Non si parla di arabi o musulmani… è discriminazione nei loro confronti?

Un australiano di origine vietnamita, per quelli di Great Food, rientra nella categoria Asian,
anche se proviene da un paese con il Pil pro capite più alto al mondo?
 
Quando un partito viene formato "raccogliendo" persone.
Quando un partito non ha nè capo nè coda.
Quando il capo ha altri interessi......e non c'è futuro.....succede e succederà ancora.


In queste ore tra i responsabili e seguaci di Giuseppe Conte si è aggiunto anche Luigi Vitali,
ex sottosegretario alla Giustizia del governo Berlusconi,
che ha deciso di uscire definitivamente dal gruppo di Forza Italia al Senato.


"Ho deciso di sostenere il presidente Conte, perché in una situazione drammatica come quella che vive il Paese,
vedo gente pensare più a interessi di parte, seppure legittimi, anziché pensare a cosa serve al Paese",

ha detto Luigi Vitali, che con queste parole all'Adnkronos si è definitivamente smarcato dagli azzurri,
dando il suo appoggio al Conte-ter:

"Non è questo il momento delle contrapposizioni, ma di dare come classe dirigente complessiva
un segnale a chi non ha ancora ricevuto la Cig, il vaccino, a chi è stato costretto a chiudere attività,
alle partite Iva, alle imprese ai commercianti, che il Paese è unito, perché solo insieme si uscirà dal tunnel".

Vitali sembra riporre grande fiducia in Giuseppe Conte, che per Vitali è l'uomo che sembra possa garantire l'unità.

"Stavo nel gruppo di Fi perchè la presidente Bernini, alla quale mi lega un sincero rapporto di amicizia e di riconoscenza, mi ospitava.
Ho comunicato questa sera alla presidente Bernini la decisione di sostenere il presidente Conte", ha proseguito Vitali, che ora potrebbe unirsi agli europeisti.

E alla domanda se è pronto a votare la fiducia a Conte, la sua risposta è stata secca: "Sì"

Luigi Vitali, quindi, era di fatto già fuori da Forza Italia e con questa mossa ha ufficializzato la sua uscita dal partito di Silvio Berlusconi.

"Cari colleghi, come doverosamente comunicato alla Presidente, ho preso la decisione di sostenere il professor Conte.
Ho espresso sempre le mie perplessità sulla situazione attuale. È stato un onore aver lavorato con voi",

sono state queste le parole con le quali Luigi Vitali si è congedato dal gruppo parlamentare di Forza Italia.
 
Ridottosi a far da comparsa, senza futuro, in procinto di affondare,
i topi abbandonano la nave e qualcuno cerca una "cima" di attracco e salvataggio.


Era scontato che le dimissioni di Giuseppe Conte avrebbero provocato un nuovo scenario.


In un quadro concitato, complesso e confuso neanche il mago Otelma
potrebbe farcela a pronosticare il nome del vincitore,
benché la previsione di un Conte ter sia data scontata da molti.



Nell’ambito del centrodestra, che si presenterà unito nella Sala della vetrata del Quirinale, le riunioni non mancano,
le posizioni sembrano più sfumate, e quella di Giorgia Meloni è la più chiara e coerente nella richiesta di ritornare al voto popolare anticipato.


Si sussurra che Silvio Berlusconi si trovi davanti ad un bivio difficile,
da un lato spinto dall’ala moderata al sì alla coalizione Ursula, in pratica all’ingresso in maggioranza,
ma dall’altro lusingato da Matteo Salvini con la promessa del Colle in caso di voto anticipato,
non sottovalutando le pressioni interne di Forza Italia con rischi di perdite parlamentari nella corsa al vincitore Giuseppe Conte.

È pur vero che, ormai lontano da Roma, dai palazzi della politica, l’ex premier avverta con minor precisione il polso della situazione,
ed è altresì scontato che un’altra fetta di Forza Italia guardi a Salvini, qualora il sistema elettorale rimanga come l’attuale,
ma ciò che fa la differenza è la collocazione berlusconiana in quel centro liberale, europeista, moderato –
alla cui ricerca si affannano le fatiche contiane verso i costruttori – di cui è stato il rappresentante dalla sua discesa in campo.

Il fatto è che Berlusconi, pur lontano da Roma, è vicino, molto vicino con la mente alla situazione dei Palazzi di questi giorni,
perché è fin troppo facile anche in Francia udirne scontri, battibecchi, convulsioni, incertezze.

Certo, l’unità nel centrodestra non è da lui negata, ma si avvertono non da oggi
i suoi sforzi per sciogliersi dall’abbraccio salviniano, non fosse altro perché il leader della Lega
non può definirsi un moderato e non vuole neppure esserlo, al di là delle frenate di Giancarlo Giorgetti.

Se per Conte e alleati è indispensabile tenere unita la colazione ed allargarla,
per Berlusconi è mantenere aperta la porta in quel che offre il convento,
dove la politica è schiacciata dalla conservazione del potere.

Un rischio che corre Matteo Renzi, perché i no reciproci fanno vincere il più forte.


Una vittoria di Pirro-Conte.
 
Ormai le idee sono abbastanza chiare dopo le ultime audizioni in terra lombarda.

I magistrati di Bergamo arrivati ieri a Roma hanno nella borsa il cartellino giallo.

Sulla pandemia che ha devastato l’Italia a partire dalla loro provincia non vogliono fare sconti a nessuno.

E oggi comincia una nuova serie di interrogatori, con persone che per ora sono ascoltate come informate sui fatti.
Ancora senza avvocati.


La procura sta conducendo un lavoro certosino e per questo i suoi pm che indagano sul Covid
e le omissioni sulla tragedia oggi ascolteranno il ministro della Salute, Roberto Speranza.

E certo non gli chiederanno una dedica autografa sul famoso libro sparito dalla circolazione per eccesso di ottimismo.

Oltre al ministro, ma nella caserma della Guardia di Finanza a via dell’Olmata,
saranno sentiti anche Silvio Brusaferro (istituto superiore di sanità),
il coordinatore del comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo,
Giovanni Rezza (ministero della Salute) e Donato Greco.

Quest’ultimo fu il direttore generale che nel 2006 portò a compimento il piano pandemico tutt’ora vigente.

Proprio su un documento ingiallito ma incredibilmente mai aggiornato si concentrerà l’attenzione degli inquirenti.


Un altro ex direttore del ministero, Claudio D’Amario, non ha avuto remore nel pronunciare a Report (RaiTre) una frase da brividi:

«Nel 2017 non fu aggiornato il piano pandemico dell’Italia. Fu aggiornato il sito».

Insomma, come premere f5 sulla tastiera del computer.


Ranieri Guerra, a sua volta ex direttore alla Salute e vicedirettore aggiunto dell’Oms, aveva invece rivendicato l’aggiornamento.

Se i magistrati credono a D’Amario e non a lui, si becca almeno un avviso di garanzia. E non da solo.


Anche perché c’è da chiarire pure un’altra incredibile storia che emerge di fronte a troppe decine di migliaia di morti.

Quel rapporto dell’Oms improvvisamente scomparso dal sito dell’organizzazione mondiale della sanità.

Un intreccio di mail e poi di dichiarazioni ai magistrati che fa venir meno ogni certezza sul modello italiano di contrasto al Covid.

Anzi, troppi i trucchi che emergono e i magistrati vogliono smascherarli.

Assieme alle sottovalutazioni – che stanno a verbale – di una pandemia che entrava prepotentemente in Italia
e verso la quale la resistenza del Paese fu deficitaria per eccesso di ritardo.


Se non per incompetenza.


Ieri abbiamo riferito ai lettori che il ministro Speranza «non dice nulla» rispetto alle domande dei giornalisti che attendono risposta.

Ma davanti ai magistrati non potrà valere lo stesso sprezzante atteggiamento.

In sostanza, da Bergamo – e non solo... - si vuole sapere:

perché non si attivò il piano esistente in quel momento in Italia?

E chi omise di farlo?

Quel piano, se attivato, poteva salvare vite umane?

E di fronte all’allarme lanciato dall’Oms il 5 gennaio 2020 sulla pandemia con il conseguente invito ad attuare i piani pandemici nazionali,
chi fu in Italia ad assumersi la gravissima responsabilità di non dare seguito a quella direttiva?


Alla vigilia della nuova missione romana, in procura ci si soffermava proprio su questa, che è la questione più delicata,
quella che potrebbe rappresentare la svolta più rischiosa per l’esecutivo in questa inchiesta in cui tra i reati ipotizzati c’è l’epidemia colposa.

E se non si è chiari nelle risposte sulla vigenza di quel piano del 2006 e sui motivi della mancata attuazione delle misure previste, arrivano i dolori.

Anche perché, come abbiamo scritto in questi giorni grazie alle rivelazioni di "Report",
i verbali della task force istituita contro il Covid parlano chiaro.


Si arrivò il 31 gennaio alla proclamazione dello stato di emergenza senza elementi certi riguardo al pericolo che si correva.


La giornata di oggi – ma se occorrerà i pm si fermeranno nella Capitale per completare il loro lavoro – sarà importante.

Anche ai fini del prosieguo dell’inchiesta perché parte di essa potrebbe essere stralciata proprio in direzione Roma.

Soprattutto se dovesse emergere che migliaia di cittadini e operatori sanitari sono stati mandati al macello,
ci saranno provvedimenti inevitabili se si vorrà rendere giustizia alle vittime di una strage senza precedenti.

Una serie infinita di errori, tra vaccini, mascherine, siringhe, truffe miliardarie, su cui va fatta immediata chiarezza.

Perché è la pubblica opinione a chiedersi chi ha giocato con le nostre vite,
mentre si era troppo impegnati a fare gli antirazzisti a tutela dei poveri cinesi.

L’Oms ci diceva di prepararci al peggio, ma i nostri governanti regalavano mascherine proprio a Pechino,
per poi ricomprarle al triplo grazie ad un "eroe" venuto dall’Ecuador.


La sottovalutazione è stata tale che quelle mascherine le spedimmo in Cina
senza dotarci di quelle scorte che pure erano previste dal piano pandemico.

Non poteva accadere davvero nulla di meglio con questa superficialità.
 
Diciamo la verità. Questi non hanno mai lavorato.
Hanno emesso solo provvedimenti "di facciata".


547 decreti attuativi necessari per dare pieno compimento alle riforme economiche varate dai due governi presieduti da Giuseppe Conte.

In particolare, i decreti “più giovani” messi in campo per contrastare la pandemia,
potrebbero risentire maggiormente del momento di stasi.

Questo perchè si tratta di misure maggiormente vincolate ai provvedimenti attuativi.


Se si guardano i numeri la situazione è ancora più chiara:

gli interventi anti-pandemia, dal decreto Cura Italia all’ultima legge di bilancio, sono legati a 504 decreti applicativi,
di cui 358 devono ancora vedere la luce.

Numeri che vengono confermati anche dal tasso di attuazione:

al 29% contro il 32% del totale delle riforme economiche varate dal Conte-bis,
e il 40,5% dell’intero pacchetto di misure messe in campo dai due Governi guidati dall’avvocato.


Il ritardo coinvolge diverse tipologie di provvedimenti: dai tanti bonus di cui è ricca la legge di bilancio, alle misure digitali;
dai provvedimenti del Dl rilancio ai contribuiti per le famiglie a basso reddito.


Secondo quanto riporta il Sole 24 Ore, a oggi, 547 provvedimenti sono in attesa,

152 sono già scaduti

e di questi 106 fanno riferimento agli interventi del Conte-bis.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto