Val
Torniamo alla LIRA
Un virus batterico
La tesi sostenuta dalla Bolgan, sin da luglio scorso, che il virus che provoca il covid fosse un virus batterico,
ha trovato recente conferma nei risultati della ricerca del dott. Carlo Brogna con cui la dott.ssa Bolgan ha attivamente collaborato;
primi al mondo a fotografare e guardare in faccia il virus.
La sua natura batterica spiega come mai risultino efficaci contro il virus gli antibiotici,
utilizzati tra l’altro da quei medici che hanno individuato sul campo la terapia domiciliare precoce al cui successo, praticamente totale,
nel trattamento tempestivo dei malati covid a casa dei pazienti non hanno fatto seguito la promozione e la diffusione della stessa
da parte del governo e del CTS che continuano inspiegabilmente ad ignorarla.
La natura batterica del virus è coerente, inoltre, con la constatazione che gli immuno probiotici siano efficaci nel suo controllo.
A domanda la dott.ssa specifica che la consapevolezza della natura del virus ha grande importanza
per la individuazione della corretta terapia e prevenzione avendo
«un impatto notevole in tutte quelle che sono le conoscenze relative alla sua modalità di trasmissione,
mettendo in discussione tutta la procedura che è stata messa in opera per il suo contenimento quali le mascherine,
il distanziamento ecc. perché presuppongono una diffusione a livello ambientale del virus, che si trova nell’ambiente,
diversa da quella prevista avendo questo virus un comportamento più simile a un fago.
I batteri fanno da veicolo al virus facilitando l’infezione delle cellule anche eucariote.
Il virus, è documentato, entra quindi anche nelle cellule epiteliali così come nei macrofagi.
Principalmente però è un virus che infetta i batteri attraverso i quali stimola la grande tempesta di citochine
insieme ad una forte produzione di tossine batteriche responsabili tra l’altro di tutte le manifestazioni neurologiche del covid.
Parlando di un virus che ha caratteristiche più da enterovirus, il contagio avviene per ingestione e non per inalazione;
si mette perciò in discussione il fatto che questo sia un virus tipicamente respiratorio cioè che infetta le vie aeree inferiori, quelle polmonari.
Esso infetta naso e gola ma poi viene ingerito, non viene respirato,
a meno che non ci sia un’autoinalazione che è quella che succede quando indossiamo la mascherina…
Tutte queste cose, andavano verificate da subito.
Tutte le misure che noi stiamo prendendo sono del tutto inutili nei confronti di un virus come questo
perché non abbiamo ancora capito o non abbiamo voluto capire quale è la reale via di trasmissione
e come va trattato il paziente da subito, al primo manifestarsi della sintomatologia.
Questo virus, insiste la dott.ssa Bolgan, colonizza i batteri iniettando al loro interno il suo genoma.
Tende inoltre a integrarsi nel DNA dell’ospite.
Non sappiamo ancora se si integra completamente o parzialmente.
Se si integrasse parzialmente, nel momento in cui viene stimolata la sua produzione
non sappiamo se si producono solo parti del virus, non infettive, o se si attivi tutto il virus provocando una ripartenza dell’infezione.
Mi sono arrivate numerose segnalazioni che le persone che si sono vaccinate con l’antinfluenzale
e poi per il covid dopo circa una settimana sviluppano il covid!
I test tampone indicano che c’è una replicazione virale e questo ci dice che il virus si è riattivato.
Per riattivarsi ci sono due modalità.
Nella prima essa è dovuta alla persistenza del virus nelle cellule batteriche
(non dannosa – semplicemente viene riattivata la sua presenza a livello dei batteri),
nella seconda la riattivazione avverrebbe proprio perché si sarebbe integrato nel DNA
esattamente come fanno i retrovirus (tipico l’esempio dell’herpes che è un retrovirus integrato).
Questo presuppone che l’RNA del virus dev’essere retrotrascritto e integrato.
Tale comportamento è stato dimostrato per questo virus a livello delle cellule;
per il momento si è visto che l’integrazione è parziale,
tuttavia le evidenze delle persone che si ammalano dopo la vaccinazione mi fanno pensare che il virus si integri completamente.
Il fatto che si produca una cronicizzazione della malattia si è capito già dopo qualche mese
perché le persone continuavano a produrre proteine virali anche dopo mesi, cosa che è stata appurata facendo l’analisi delle feci.
Anche qui abbiamo sbagliato.
Il campione più corretto per studiare questo virus sono le feci, non il tampone salivare!
La tesi sostenuta dalla Bolgan, sin da luglio scorso, che il virus che provoca il covid fosse un virus batterico,
ha trovato recente conferma nei risultati della ricerca del dott. Carlo Brogna con cui la dott.ssa Bolgan ha attivamente collaborato;
primi al mondo a fotografare e guardare in faccia il virus.
La sua natura batterica spiega come mai risultino efficaci contro il virus gli antibiotici,
utilizzati tra l’altro da quei medici che hanno individuato sul campo la terapia domiciliare precoce al cui successo, praticamente totale,
nel trattamento tempestivo dei malati covid a casa dei pazienti non hanno fatto seguito la promozione e la diffusione della stessa
da parte del governo e del CTS che continuano inspiegabilmente ad ignorarla.
La natura batterica del virus è coerente, inoltre, con la constatazione che gli immuno probiotici siano efficaci nel suo controllo.
A domanda la dott.ssa specifica che la consapevolezza della natura del virus ha grande importanza
per la individuazione della corretta terapia e prevenzione avendo
«un impatto notevole in tutte quelle che sono le conoscenze relative alla sua modalità di trasmissione,
mettendo in discussione tutta la procedura che è stata messa in opera per il suo contenimento quali le mascherine,
il distanziamento ecc. perché presuppongono una diffusione a livello ambientale del virus, che si trova nell’ambiente,
diversa da quella prevista avendo questo virus un comportamento più simile a un fago.
I batteri fanno da veicolo al virus facilitando l’infezione delle cellule anche eucariote.
Il virus, è documentato, entra quindi anche nelle cellule epiteliali così come nei macrofagi.
Principalmente però è un virus che infetta i batteri attraverso i quali stimola la grande tempesta di citochine
insieme ad una forte produzione di tossine batteriche responsabili tra l’altro di tutte le manifestazioni neurologiche del covid.
Parlando di un virus che ha caratteristiche più da enterovirus, il contagio avviene per ingestione e non per inalazione;
si mette perciò in discussione il fatto che questo sia un virus tipicamente respiratorio cioè che infetta le vie aeree inferiori, quelle polmonari.
Esso infetta naso e gola ma poi viene ingerito, non viene respirato,
a meno che non ci sia un’autoinalazione che è quella che succede quando indossiamo la mascherina…
Tutte queste cose, andavano verificate da subito.
Tutte le misure che noi stiamo prendendo sono del tutto inutili nei confronti di un virus come questo
perché non abbiamo ancora capito o non abbiamo voluto capire quale è la reale via di trasmissione
e come va trattato il paziente da subito, al primo manifestarsi della sintomatologia.
Questo virus, insiste la dott.ssa Bolgan, colonizza i batteri iniettando al loro interno il suo genoma.
Tende inoltre a integrarsi nel DNA dell’ospite.
Non sappiamo ancora se si integra completamente o parzialmente.
Se si integrasse parzialmente, nel momento in cui viene stimolata la sua produzione
non sappiamo se si producono solo parti del virus, non infettive, o se si attivi tutto il virus provocando una ripartenza dell’infezione.
Mi sono arrivate numerose segnalazioni che le persone che si sono vaccinate con l’antinfluenzale
e poi per il covid dopo circa una settimana sviluppano il covid!
I test tampone indicano che c’è una replicazione virale e questo ci dice che il virus si è riattivato.
Per riattivarsi ci sono due modalità.
Nella prima essa è dovuta alla persistenza del virus nelle cellule batteriche
(non dannosa – semplicemente viene riattivata la sua presenza a livello dei batteri),
nella seconda la riattivazione avverrebbe proprio perché si sarebbe integrato nel DNA
esattamente come fanno i retrovirus (tipico l’esempio dell’herpes che è un retrovirus integrato).
Questo presuppone che l’RNA del virus dev’essere retrotrascritto e integrato.
Tale comportamento è stato dimostrato per questo virus a livello delle cellule;
per il momento si è visto che l’integrazione è parziale,
tuttavia le evidenze delle persone che si ammalano dopo la vaccinazione mi fanno pensare che il virus si integri completamente.
Il fatto che si produca una cronicizzazione della malattia si è capito già dopo qualche mese
perché le persone continuavano a produrre proteine virali anche dopo mesi, cosa che è stata appurata facendo l’analisi delle feci.
Anche qui abbiamo sbagliato.
Il campione più corretto per studiare questo virus sono le feci, non il tampone salivare!