HOUSTON!!! HO 3000 PROBLEMI!

Qui tutti girano la faccia dalla parte opposta.....non vedere, non sentire, non parlare.


È poco conosciuta
eppure è presente in ogni continente,
si regge su regole ferree,
è verticistica e feroce:

è la mafia nigeriana,

la mafia d’importazione che si sta affermando nei settori chiave della criminalità organizzata come spaccio e prostituzione.

Le sue roccaforti sono nelle città del Nord: Torino, Milano, Modena, Bologna,
con una presenza consolidata anche a Napoli e Palermo.

Ma il luogo di snodo è la zona di Castel Volturno, sul litorale casertano.


A differenza delle altre mafie non ha rapporti con la politica,
non elegge sindaci o consiglieri comunali,
non si infiltra nelle istituzioni.


Almeno in Italia, perché in Nigeria non è così.


Anche per questo viene percepita come poco visibile e meno pericolosa.

La prostituzione di colore e il controllo dello spaccio in alcune aree cittadine sono sotto gli occhi di tutti,

ma l’organizzazione è nascosta, mimetizzata e, soprattutto, impenetrabile.


Anche la stampa sembra accorgersi poco della mafia nigeriana.



Pochi la conoscono e se non fosse per il bravo giornalista e scrittore Sergio Nazzaro,
che all’argomento ha dedicato un libro d’inchiesta da cui è stato tratto il documentario televisivo Black mafia,
il fenomeno sarebbe rimasto rilegato ai margini della conoscenza comune.

Chi entra a far parte della mafia nigeriana deve affrontare un durissimo rito di iniziazione,
che porterà ad affrontare qualsiasi difficoltà futura.

Chi trasgredisce alle regole viene percosso molto violentemente
e la pena ricade inesorabile sui famigliari rimasti in Nigeria,
perché in Italia un omicidio fa scalpore e attira l’attenzione.

E poi c’è un forte deterrente che porta a non trasgredire:
il vudù, questo misterioso rito afroamericano che fonde insieme religione e magia
e che è in grado assoggettare le persone fino a renderle schiave.

Esiste la convinzione che la maledizione legata al vudù possa colpire una persona in qualunque luogo essa si trovi, senza possibilità di salvezza.


Fenomeni molto distanti dalla nostra cultura,
che rendono ancora più difficoltosa la possibilità di infiltrazione da parte delle forze dell’ordine.

Per questo è necessario disporre di seconde generazioni di immigrati,
che comprendano la lingua e, soprattutto, la mentalità criminale che dobbiamo combattere.

Diversamente si può incorrere in situazioni anche paradossali come quella narrata dallo stesso Nazzaro
che, a proposito di una brillante attività condotta dalla polizia municipale di Torino,
ha ricordato quali possono essere i tempi di traduzione di una intercettazione telefonica.


Il potere delle organizzazioni nigeriane è in costante crescita
e si sta affermando molto velocemente, tanto da avere acquisito il controllo di alcune aree.
 
L’Agenzia per la cybersicurezza nazionale parla di
“una vasta e diversificata superficie di attacco sulla totalità della Rete”,
definendo la situazione “particolarmente grave”.

In altre parole, Internet è in pericolo, la sua sicurezza è compromessa.

Ecco perché.

A trovarsi improvvisamente col fianco scoperto sono tutti i software e le applicazioni scritti in Java,
il linguaggio di programmazione più usato al mondo:
miliardi di programmi e applicazioni, dai server agli smartphone.

E le conseguenze potrebbero essere ancora peggiori
se nei prossimi giorni non si dovessero individuare delle soluzioni a Log4Shell,
così è stata chiamata la vulnerabilità, con il rischio di compromettere la sicurezza non solo di server e aziende,
ma anche dei di smartphone, computer, insomma, tutti i device in circolazione.


Tanto da portare alcuni esperti a parlare di “Apocalisse informatica”.


Cosa è successo:

“I ricercatori hanno scoperto una vulnerabilità in Log4j,

una libreria usata dalla stragrande maggioranza programmatori di software con linguaggio Java

che consente di scrivere nel software quelli che vengono chiamati ‘log’, ovvero degli ‘status’ del software stesso

che permettono di fotografare un momento dello sviluppo del software stesso,

registrando stati di avanzamento, perfomance, problemi e soluzioni”,


spiega all’Agenzia Agi Marco Ramilli, amministratore delegato di Yoroi.


La vulnerabilità è nei tag di questi log, che un po’ come i tag dei blog o quelli su Twitter
consentono di individuare il tipo di log che si è scritto in precedenza.

“Si è scoperto che uno di questi tag consente consente di eseguire un comando, lanciare un programma”, continua Ramilli.

Qualsiasi tipo di comando o di programma.

Riesce a dire alla macchina: ‘Fai questo’.

Un attaccante può quindi attraverso questo tag far eseguire alla macchina quello che vuole.

Può lanciare codice sulla macchina.


Ma per fare cosa?

“Qualsiasi cosa.

In questo momento quello che vediamo è che gli attaccanti usano questa vulnerabilità per fare attività di mining di criptovalute”,

ovvero quell’operazione che consente di creare bitcoin,
attività particolarmente complessa e bisognosa di capacità di calcolo e energia.


“Ma potrebbero fare qualsiasi cosa:

entrare nei server di un’azienda, vedere quello che c’è dentro, rubare segreti industriali

oppure decidere di sferrare degli attacchi ransomware per monetizzare il proprio controllo dei sistemi”,

ragiona Ramilli, che ammette di aver visto un attacco di questo tipo “circa cinque, otto volte negli ultimi 20 anni”.


In dettaglio, cos’è Log4j?

“Se usi Java, probabilmente usi Log4j”, spiega ad Agi Matteo Flora, esperto di sicurezza informatica e amministratore delegato di TheFool.

“È lo standard de facto per chiunque usi Java” per programmare.

“È ovunque, dalle Tesla, a Twitter, a Facebook, ai sistemi di controllo numerico fino agli iPhone.
Quella che è uscita è una vulnerabilità non ancora risolta”.


Cosa succede quindi?
“Nel caso peggiore è un po’ l’Apocalisse informatica:
se non viene risolta questa vulnerabilità si dà la possibilità di lanciare comandi.
E già stiamo vedendo in giro criptominer e accessi abusivi.
Il problema è che molta di questa roba è embedded,
quindi non ci sono sistemi veloci di aggiornamento. In più è ovunque”.


Ramilli invece usa una metafora:
“Il logging come quello di Log4j è un po’ come il testo di un attore seguito sul palcoscenico:
serve per seguire una traccia, oppure tornare indietro a un punto preciso se si vuole lavorare su un errore”.

Una traccia da seguire, e eseguire.

In uno dei suoi passaggi però c’è la possibilità di far cambiare completamente trama al testo, e di scriverne una propria.

A proprio piacimento.

Java è su circa 3 miliardi di dispositivi.

E Log4j, sviluppato da Apache, è usato da quasi tutti i programmatori.


Per dare un’idea del suo utilizzo e della sua affidabilità basti pensare che anche Ingenuity,
l’elicottero della Nasa atterrato sul suolo di Marte lo scorso febbraio, ha un software che usa Log4j,
come la stessa Apache ha reso noto sul proprio profilo Twitter.


Ma non c’è bisogno di andare su Marte per capire l’enorme utilizzo di questo linguaggio di programmazione.

In queste ore centinaia, forse migliaia di hacker in tutto il mondo
stanno cercando di individuare nei software e nei server questa vulnerabilità per prenderne possesso e sferrare attacchi.

Il rischio più grande al momento lo corrono le aziende e le organizzazioni, più o meno grandi.

Situazione resa ancora peggiore dal fatto che spesso è difficile capire
se nello sviluppo dei propri software è stato utilizzato Log4j, da chi, e quando.


Sulla graticola però non ci sono solo le aziende e le istituzioni.

Perché il problema potrebbe presto riguardare anche il singolo utente, un possessore di smartphone, o di uno smartwatch.
 
 
Nel medesimo spirito semplificativo e pragmatico dei precedenti lavori,

si rappresenta che, trascorsa la data fatidica del 30 novembre 2021,

è o dovrebbe considerarsi definitivo il discarico dei debiti intranei a 5.000 euro

affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010, ovverosia dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.



Lo stabilisce il cd. decreto sostegni, comma 4 dell'art. 4 d.l. n. 41/2021, conv. con modificazioni dalla legge n. 69/2021.


Il Decreto MEF del 14/07/2021 individua nel 31/10/2021 la data dell’annullamento,

il discarico conseguente viene trasmesso agli enti creditori entro il 30/11/2021

che, a loro volta, hanno 6 mesi per contestare eventuali errori e, in ultimo, adeguare allo sgravio le proprie scritture contabili.



La norma, però, non riguarda tutti, ma è una misura a sostegno delle persone,

fisiche e non, che hanno conseguito nel 2019 un reddito imponibile fino a 30.000 euro ai fini delle imposte sui redditi.




Continua in: Stralcio dei debiti sino a 5000 euro, una precisazione e due considerazioni pragmatiche
Autore: Avv. Luigi Stissi.

© AvvocatoAndreani.it Risorse Legali.
 
Con la fine dell’anno arrivano gli ultimi appuntamenti con il fisco del 2021,
con pagamenti che riguardano sia le tasse che le cartelle esattoriali.

Tra le scadenze fiscali di dicembre 2021, infatti, la prima da ricordare è il 14 dicembre:

Dopo la mini-proroga in sede di conversione del Decreto fiscale
era stato disposto infatti il differimento del pagamento delle rate di Rottamazione-ter e Saldo e stralcio al 9 dicembre,
ma l’Agenzia delle Entrate prevede sempre 5 giorni di tolleranza per il pagamento, spostando di fatto la data finale al 14.


Da ricordare anche il versamento Imu del 16 dicembre,
data che prevede anche il versamento degli adempimenti periodici Iva, Irpef e Inps.


Altre date importanti sono il 27 dicembre, data in cui dovrà essere versato l’acconto Iva 2021,

mentre il 29 dicembre andranno versati i contributi esclusi dall’esonero Inps.





Si discute in Parlamento per una possibile Rottamazione-quater,
che probabilmente non sarà nella prossima Manovra.

Potrebbe invece arrivare nel corso del 2022.



La data del 16 dicembre è ricca di adempimenti. In particolare entro questa data si dovranno versare:

  • Irpef, con addizionali comunali e regionali;
  • Inps;
  • Iva.
Sempre il 16 dicembre andrà pagato il saldoImu 2021.

Si ricorda che l’Imposta Municipale Unica riguarda le abitazioni diverse da quella principale, con l’eccezione degli immobili di lusso.

Per quanto riguarda l’Iva, il pagamento riguarderà il mese di novembre 2021.


Non una vera e propria scadenza fiscale, ma il 21 dicembre
scadrà il termine per la presentazione delle domande per i contributi a fondo perduto per le attività chiuse.

I contributi possono richiesti da quelle attività che, tra il 1° gennaio 2021 e il 25 luglio 2021
siano rimaste chiuse per un periodo complessivo di almeno 100 giorni.

Un fondo particolare è riservato alle discoteche.

In questo articolo avevamo parlato del contributo in questione,
specificando anche i codici Ateco delle attività che possono richiedere gli aiuti.


Il 27 dicembre tocca all’acconto Iva dell’ultimo mese dell’anno o dell’ultimo trimestre,
con pagamento effettuabile attraverso i consueti canali.

Un altro adempimento in questa data riguarda la presentazione degli elenchi Intrastat
delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi rese nel mese precedente nei confronti di soggetti UE.


Il 28 dicembre è la data da ricordare come ultimo giorno per presentare domanda per il contributo a fondo perduto perequativo.

Il contributo in questione è stato previsto dal Decreto Sostegni bis
in favore dei soggetti che svolgono attività d’impresa, arte o professione o che producono reddito agrario,
residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, titolari di partita IVA attiva alla data del 26 maggio 2021,
a condizione che i ricavi e compensi relativi all’anno 2019 non siano superiori a 10 milioni di euro
e che si sia verificato un peggioramento del risultato economico d’esercizio
per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 rispetto a quello relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019
pari ad almeno il trenta per cento.


Come anticipato in precedenza, il 29 dicembre dovranno essere versati i contributi Inps esclusi dall’esonero, il cosiddetto “anno bianco contributivo“.


Gli ultimi giorni dell’anno prevedono il versamento dell’ IRPEF dovuta dagli eredi, a titolo di saldo per il 2020,
in base alla dichiarazione dei redditi 2021, dal soggetti deceduti dopo il 28 febbraio 2021, con addizionali comunali e regionali.

Agli stessi destinatari toccherà il pagamento di Irap, Iva, cedolare secca, imposte sostitutive.


Il 31 dicembre è l’ultimo giorno per pagare l’acconto sullo stato dei lavori interessati dal Superbonus 110%,

ed è anche l’ultimo giorno per versare l’imposta di registro sui contratti di locazione e affitto

stipulati in data 01/12/2021 o rinnovati tacitamente con decorrenza dal 01/12/2021.


Altri adempimenti da ricordare per l’ultimo dell’anno, secondo lo scadenziario dell’Agenzia delle Entrate:

  • imposta di bollo;
  • Iva relativa agli acquisti intracomunitari registrati nel mese per Enti non commerciali e agricoltori esonerati;
  • Presentazione della dichiarazione dei redditi del contribuente deceduto;
  • Comunicazione SIIQ e SIINQ.
 
Luca Ricolfi, una bomba sulla pandemia:
"Ecco su cosa i no-vax non hanno torto", oscuri presagi.
    <img src="https://sb.scorecardresearch.com/p?...5&cv=2.0&cj=1">  

Luca Ricolfi analizza le argomentazioni no-vax e cerca di capire, a suo dire,
"le obiezioni sostenibili. Non dico necessariamente giuste,
ma di cui ha perfettamente senso discutere senza demonizzarle.
Il vaccino è stato testato nello spazio (miliardi di persone) ma non nel tempo (meno di 12 mesi).
I dati sul rapporto rischi-benefici, specie per la fascia 5-11 anni, sono pochi,
e insufficienti a dissolvere ogni dubbio e a prendere una decisione razionale.

Il contributo dei vaccinati alla diffusione del virus è sottovalutato dalle autorità sanitarie e dai grandi media.

È stato un errore puntare tutte le carte sulla campagna vaccinale,
trascurando misure di contenimento su trasporti, scuole, ambienti chiusi in generale",

svela il sociologo in una intervista all'Huffington Post.


Luca Ricolfi critica anche il governo che lancia messaggi ottimistici sulla pandemia:

"È un errore madornale.

Oggi è difficile stabilire se siano più pericolosi i non vaccinati o i vaccinati.


I non vaccinati contagiano di più e si ammalano di più, ma hanno il vantaggio di essere pochi.


I vaccinati contagiano di meno, ma sono tanti (circa il triplo dei non vaccinati), e non di rado si credono invulnerabili.


Il messaggio “sei stato bravo, hai avuto senso civico, ti premio lasciandoti fare quasi tutto quel che vuoi”
sta determinando effetti catastrofici.

La gente abbassa la guardia proprio perché è vaccinata.


E fa malissimo, perché la maggior parte dei vaccinati è ben poco protetta rispetto al rischio di infezione"
,

spiega analizzando la campagna vaccinale del governo.


Infine ha da dire la sua dopo le dichiarazioni dell’ex premier Mario Monti
su un filtro alle notizie da divulgare sulla pandemia:

"La penso all’opposto.

A mio parere i maggiori media hanno già messo in atto una comunicazione di guerra.


Il tratto distintivo fondamentale della comunicazione di guerra

è che gli oppositori sono trattati come disertori.


Se devo fare un rimprovero all’informazione

è di aver idolatrato i virologi-infettivologi-immunologi-microbiologi,

chiamati a pontificare su tutto, compresi molti argomenti su cui sarebbe stato molto più logico

– e utile – interpellare ingegneri, fisici e statistici.
 
Poverina, che pena che fai.
“Caro Stato, mi spieghi come mai io cliente per entrare nel ristorante
devo avere il Super green pass e il ristoratore no? Dove sta la logica?”@lucianinalitti a #CTCF con @fabfazio pic.twitter.com/n5z8Qq5xkY
— Che Tempo Che Fa (@chetempochefa) December 12, 2021



Nessuno pensa che Luciana Littizzetto sia passata da questa parte della barricata,
cioè dalla parte di chi crede che il super green pass, così come il suo fratello minore “semplice”, sia da eliminare del tutto.

Non è questo ciò che è emerso nell’ultima puntata di Che Tempo Che Fa.

Però il solito show della “letterina settimanale” della comica
merita di essere citato per affrontare una riflessione più ampia sul lasciapassare.

Legittimo o meno che sia, utile o meno nel frenare l’epidemia,
una cosa è evidente a tutti, anche ai sacerdoti delle chiusure:

che la bestia burocratica che lo Stato ha creato con e attorno al green pass è una pura follia.

Un insieme di regole, regoline, deroghe e applicazioni dissimili che costringe ristoratori,
baristi e commercianti a districarsi in un ginepraio regolatorio dall’applicazione pressoché impossibile.


Il destinatario della letterina di “Lucianina” è il governo.

“Sono cominciati i controlli per il super green pass – ha detto la Littizzetto –
però rispetto a questo vorrei chiedere una cosa allo Stato”,
in particolare riguardo al fatto che il super green pass devono averlo i clienti
che vanno a mangiare seduti al bar (non al bancone, ndr),
ma non i cuochi, i camerieri e tutti quelli che lavorano nel locale.

“Come mai? Perché? – si è chiesta Littizzetto -. Se in stazione è vietato fumare, io non fumo
ma non è che il controllore si fa un calumet della pace mentre va su e giù per i vagoni.
Sarebbe come se io per prendere un taxi dovessi esibire la patente e all’autista basta il foglio rosa. Mi spiego caro Stato?”.


È chiaro: Lucianina vorrebbe imporre il super lasciapassare anche ai lavoratori,
condannando di fatto i camerieri no vax alla disoccupazione
o al reddito di cittadinanza,


Non condividiamo.

Soprattutto se le alternative che arriva a proporre sono addirittura da brividi
:


1) che i datori di lavoro accettino il test negativo dei lavoratori (cioè il green pass base),
ma poi “insieme al menu del giorno mi porti anche il risultato dei tamponi di quelli che lavorano, così mangio tranquilla”;

2) che i ristoratori scrivano alla cassa “qui abbiamo tutti il green pass”;

3)
che i clienti smettano di andare in quei locali in cui non sono tutti vaccinati.


Un orrore.

O meglio, un ragionamento che non tiene conto di quei lavoratori che,

LEGITTIMAMENTE,

visto che lo Stato non obbliga al vaccino,

si sono rifiutati di aderire alla campagna vaccinale
.


Ma almeno Lucianina stavolta ha avuto il pregio, probabilmente senza accorgersene,
di mostrare ciò che noi denunciamo da tempo:

ovvero che le regole del green pass sono un’ignobile babele regolatoria senza alcuna logica.

Ricordate?

Quando entrò per la prima volta in atto il green pass per mangiare al ristorante,
il cameriere di un locale poteva entrare per lavorare,
ma non per sedersi al tavolo e farsi un piatto di pasta.


Come se il virus sapesse distinguere chi gira col lasciapassare, senza o con la sua versione da superman.


“Dove sta la logica?”.
 
Se è vero che all’inferno si scende a piccoli passi,
esaminando la tabella delle attività consentite nelle varie zone
– bianca, gialla e arancione – possiamo concludere che ci stiamo già da tempo
nel luogo oscuro della penitenza eterna.

Per la cronaca la medesima tabella, la quale resterà in vigore fino al 15 gennaio
e che sembra uscita dalla mente di un immaginario grande fratello tanto è dettagliata,
si può consultare nel sito della Presidenza del Consiglio dei ministri.

In sostanza, tutto ciò che cade sotto l’amorevole percezione di chi ci ha tolto la libertà per il nostro bene viene regolamentato,

dagli spostamenti all’accesso a esercizi e uffici, dalle attività scolastiche agli eventi culturali, dalle manifestazioni sportive ai convegni,

ai congressi e alle fiere. Persino le attività ludiche e ricreative sono state inserite in questo grandioso elenco di protezione nazionale.



Ora, la cosa più sconcertante è che in codesto infinito elenco di permessi
viene sostanzialmente definita con maggior evidenza

la divisione tra non vaccinati senza green pass,

non vaccinati con il green pass base

e vaccinati, ovviamente detentori nel magnifico green pass rafforzato.


In questo modo un famosissimo passaggio de La fattoria degli animali, di George Orwell,
diventa una distopica realtà, dal momento che i cittadini col lasciapassare rafforzato sono indubitabilmente più uguali degli altri.

Tanto che se si finisce in zona arancione per questi ultimi tutto resta sostanzialmente inalterato,
a parte il coprifuoco e le demenziali mascherine all’aperto,
mentre parecchi divieti scattano per i possessori del lasciapassare di base
(ad esempio, non si può entrare in alcuni negozi posti nei centri commerciali nei giorni festivi e prefestivi,
non ci si può sedere al tavolo di un bar o di un ristorante, neppure all’aperto,
non si possono frequentare palestre e piscine, quand’anche quest’ultime fossero all’aperto).


Chi invece non ha fatto né il vaccino e né il tampone viene trattato alla stregua di un paria:

l’unica cosa che può fare è restarsene chiuso in casa, uscendo solo per fare la spesa e/o per sgranchirsi le gambe.


A questo punto qualcuno potrebbe pensare che la zona arancione venga dichiarata

quando gli ospedali sono quasi al collasso e passano i monatti a raccogliere i morti per le strade.


Niente di tutto questo.


Si tratta dell’ennesima estremizzazione di un principio di precauzione il quale,

grazie soprattutto all’incessante propaganda terrorizzante del giornale unico del virus,

sembra raccogliere un vasto consenso presso una popolazione sempre più smarrita.


In realtà per diventare arancioni è sufficiente superare il 20% di occupazione delle terapie intensive

ed il 30% dei posti letto in area medica e, dulcis in fundo, se in una settimana si registrano oltre 150 contagi per 100.000 abitanti.


Quest’ultimo parametro in particolare, del tutto aleatorio per tutta una serie di ragioni,

tra le quali la bassa attendibilità dei tamponi, di per sé non indica un bel nulla,

dal momento che la grande maggioranza degli pseudo positivi sono asintomatici.


A S I N T O M A T I C I - N O N M A L A T I



Quello che invece noi cittadini vorremmo sapere,
ed in questo si nota ancora una volta il fallimento dell’informazione nazionale,
è chi e come sono stati decisi questi criteri
che a tutta prima non giustificano neppure in parte una così grave limitazione della libertà della minoranza dei non vaccinati.


In altri termini, possiamo ancora definirci una democrazia liberale

se, con nessuna emergenza sanitaria alle viste

(il 12 dicembre registriamo in tutta Italia 829 pazienti in terapia intensiva,
ovvero circa un quarto dei posti letto occupati lo stesso giorno del 2020),

abbiamo spaccato la nazione in due, vaccinati e no,

irreggimentando a colpi di norme e protocolli la nostra esistenza fin nei minimi dettagli?



Io penso proprio di no.



Oramai possiamo parlare di assolutismo democratico,

apparente ossimoro che rende perfettamente l’idea di un sistema che,

basandosi sul consenso di una maggioranza disinformata ad arte,

sembra aver perso tutti i suoi elementi istituzionali di garanzia,

a partire da una stampa libera e indipendente.
 
Tante questioni ancora aperte, nelle discussioni interne al governo in vista della prossima manovra economica.

Con il tempo a disposizione che continua a ridursi e la spiacevole sensazione che, ancora una volta,
gli italiani si troveranno presto a fare i conti con una sorpresa non proprio gradita:

la proroga delle scadenze fiscali non sembra infatti tra le prorità dell’esecutivo guidato da Mario Draghi,

con la recente frenata sul rinvio che apre le porte a un ritorno alla carica dell’Agenzia delle Entrate

nei confronti delle famiglie, già messe in ginocchio dalle tante difficoltà causate dalla pandemia.



Sul testo, che ha raccolto oltre 6 mila emendamenti poi ridotti a 700, non sono ancora iniziate le votazioni,
visto che si attende un maxi-emendamento da parte del governo che raccoglierà tutte le proposte di modifica.

Con il rischio, sottolineato da Claudia Voltattorni che nel frattempo si crei un ingorgo vero e proprio in Parlamento:

“Il ddl Bilancio si incrocia con il percorso avviato ma non ancora concluso dei decreti Pnrr e Fisco che vanno convertiti il prima possibile.
E su tutto incombe lo sciopero generale di Cgil e Uil di giovedì 16 dicembre”.


La maggioranza sembra aver trovato un’intesa sul fronte dei bonus edilizi, con
“l’ok unanime all’estensione del Superbonus 110% a tutto il 2022 anche alle unifamiliari
(ma non agli alberghi) e l’eliminazione del tetto Isee”.


I temi caldi sono però ancora tanti, in attesa di una soluzione ancora non definita:

“Dopo l’ok all’anticipo di spesa che libera 3,8 miliardi di cui 1,8 per bloccare gli aumenti di luce e gas,
al Mef si lavora per definire platee e modalità di stop agli aumenti”.


Sul gas sarebbe arrivato l’accordo per tagliare l’Iva al 5%,

mentre sull’elettricità si ragiona su un blocco dell’aumento per le famiglie meno abbienti e le aziende più piccole.


Infine, come detto, il problema delle cartelle esattoriali.

A parole, tutti i leader dei partiti che sostengono il governo si dicono favorevoli a un rinvio.

Nei fatti, però, la direzione intrapresa è diametralmente opposta,
tanto che la viceministra all’Economia Laura Castelli ha chiarito:

“Si tratta di un tema importante ma anche molto oneroso, non contenibile nelle risorse a disposizione del Parlamento”.


Gli italiani, insomma, faranno meglio a prepararsi all’ennesima promessa tradita.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto