Indici Italia Referendum

Voti si o no al referendum?


  • Total voters
    81
Per l’occasione del referendum tornerò ad esprimere il mio voto, dopo tanti anni, circa due decenni, nei quali non ho espresso preferenze.

voterò NO alla riforma costituzionale

per l’esposizione dei quesiti in sé che trovo oltremodo fumosi e soggetti a successive interpretazioni, modifiche e aggiustamenti, cosa di per sé abbastanza grave visto che si tratta di apportare modifiche alla costituzione e non al menù della pizzeria sotto casa. Le linee guida dovrebbero essere:
  • la semplificazione degli organi costituzionali
  • accorciamento della catena decisionale
  • pieno rispetto del volere dei cittadini in sede di consultazione elettorale
  • risparmio per le casse dello Stato
francamente non trovo nulla di questo nella formulazione dei quesiti referendari, e nelle farraginose e contorte intenzioni dispositive, mi sembra invece che si vada esattamente nella direzione opposta !
Il mio no è rivolto soprattutto all’ambito economico delle “presunte” riforme: il governo capitanato dallo spaccone di turno ha indicato in 500 milioni il risparmio derivante dalla vittoria del sì. la ragioneria dello stato sembra invece di diverso avviso indicando in 58 milioni circa il risparmio ottenibile.
ora non so dove vivete voi e con che tipo di politici vi siete abituati, qui da noi in Italia ormai solo gli stupidi ad oltranza non hanno imparato che alle cifre governative ipotizzate va detratto un robusto importo percentuale:
  • grande quando si tratta di ipotesi di maggiori entrate
  • enorme quando si tratta di ipotesi di minori spese (molto spesso l’ipotesi, da positiva, dopo i vari tira e molla, richieste clientelari e mercanteggiare dei politici si trasforma addirittura in negativa, perché storia ci insegna che quando si tratta di spendere e spandere a favore di sé stessi e dei loro amici di trogolo i nostri politici sono inarrivabili mentre sui risparmi a favore del popolo hanno “grandi difficoltà ad afferrare il concetto”)
ora non vorrei sembrare supponente, ma visti antefatti e presupposti confido che, dati i contorti passaggi previsti per l’elezione dei senatori, anche gli ipotetici 58milioni se ne andranno a ramengo, dispersi verso concessioni e inutili strutturazioni per nuovi e vecchi parassiti.

Il tasto dolente, sul quale non sussiste dubbio alcuno che votare no lascerà amaro in bocca, riguarda invece quella cloaca immonda che risponde al nome di Cnel:
negli ultimissimi tempi molte cose sono cambiate; nei costi ormai più che dimezzati e nel fatto, non di poco conto, che il parlamento ha abolito l’ente. Essendo però sotto l’ombrello della costituzione l’ente non è stato ancora sciolto e i suoi 65 dipendenti se ne restano tutto il giorno lì a “fabbricare aria” strapagati per non fare niente e addirittura si pappano premi di produzione, privilegi e indennità !
dopo la decisione parlamentare e in attesa di diversa allocazione all’interno del carrozzone statale, ai dipendenti è stato proposto un trasferimento volontario, solo tre di loro hanno accettato, tutti gli altri sono rimasti lì ben attaccati alla poltrona decisi a resistere fino all’ultimo minuto (privilegio/indennità) possibile, non svolgendo attività di nessun genere. questa è oggi la sensibilità morale e l’onestà intellettuale di certi statalpolitici italiani; espressa in percentuale; un 5% scarso mostra coscienza ..

la chiusura definitiva sarebbe cosa buona e giusta, questo però non solo non basta a convincermi a votare sì, rafforza invece invece in maniera decisiva la mia propensione per il no a una riforma da due i principali motivi in merito
  • i dipendenti scansafatiche non verranno licenziati come in qualunque impresa che chiude i battenti, verranno solamente ricollocati nella pubblica amministrazione (sembra alla corte dei conti, che già non conta di suo). Non vedo risparmi in ciò ma solo clientelismo considerando che al Cnel provengono quasi tutti da sindacati e greppie politiche varie
  • l’aver inserito la chiusura del Cnel all’interno di una riforma che giudico delicata e strutturata in maniera molto poco chiara mi indispone totalmente, sembra quasi sia stata messa lì con un -pacchetto tutto compreso prendere o lasciare- come il classico “specchietto per le allodole” per attirare pollame umano, sembra e probabilmente lo è, visto che per spazzare via il Cnel era sufficiente varare una legge di revisione costituzionale / legge costituzionale e in pochi mesi l’ente sarebbe stato solo un amaro ricordo.
perciò voterò no



ora una ipotesi; e se invece il quesito referendario fosse stato un semplice
  • abolizione totale del senato
  • chiusura di tutti gli enti inutili (oltre al Cnel ne abbiamo ancora più di 100, null'altro che poltronifici, perchè lo spaccone non ne ha chiuso nessuno ?)
questo sì sarebbe stato un gesto forte di cambiamento, chiaro e dirompente, la stragrande maggioranza degli italiani avrebbe votato sì, me compreso. non è difficile immaginare un plebiscito.

perché lo spaccone non ha preso questa strada ? mi vengono in mente solo due possibili risposte: o è un totale incompetente oppure è un politicante di riferimento, fa solo finta di voler cambiare, il suo scopo è invece di perpetuare lo status quo salvando i privilegi della casta cui appartiene.
ma in fondo per noi popolo da soma non è necessario scegliere fra le due non è vero ?

cordiali saluti

Sono d' accordo.
 
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Renzino lo conosciamo.
Io conosco molto bene PierLuigi, Massimino; Re Giorgio e tutta la casta che direttamente
o indirettamente ha governato il Paese. Con le risicate maggioranze sempre esistite si
può governare anche stando all' opposizione.
Perchè la casta non ha mai proposto l' abolizione degli enti inutili, senato e regioni compresi ?
Hehehe, ed il magna magna, come facciamo? Digiuniamo? Ma vogliamo scherzare!!
 
senti x caso hai nostalgia di votare i consiglieri provinciali ? ....io sinceramente no. lo stesso varra' x i senatori...con poteri ridotti ....e poi se proprio intralciano ...si possono sempre migliorare con altre leggi ....ma intanto 215 vanno a casa ....mi sa che non vi rendete conto :pollicione: poi c'è sempre la bozza pd con voto dei senatori rimasti con suffragio popolare.....e abolizione del ballottaggio ..... etc etc ...in germania ogni anno modificano la Costituzione ...non si fanno tutte ste seghe mentali :-o

ma intanto 215 vanno a casa che sappiamo cosa costano
quelli che arrivano cosa costano ?
hanno solo per caso rimborso spese... fino a un massimo che è ha un limite in : ...... (metti la cifra , io non la sò)
 
La corsa dei cavalli oggi dice 52.5 contro 47.5.

Ci sono due incognite che possono ribaltare i sondaggi:

- voti all'estero, forse manomessi (chi puo' garantire all'origine ?)
- voti degli indecisi

Chi sono gli indecisi ?

- casalinghe
- incazzati
- umarel e dunarel
- ragazzini che preferiscono la disco-music alla politica
- balordi e sfaccendati

Sicuramente i colti hanno già deciso e rientrano tra quelli che hanno già detto SI o NO ai sondaggi.

Per gli indecisi, invece, non conta il contenuto della proposta di modifica e, se decidono di andare al seggio, la loro scelta sarà per il SI-a-Renzi oppure per il NO-contro-Renzi.

Tutto e' ancora possibile.
 
Questa riforma serve per mettere le mani sull ' affare miliardario delle utilities dei comuni e degli enti locali e x tappare la bocca ai malcontento hanno inventato il contentino dei sindaci che vanno a fare i senatori. sveglia !!!
 
di Roberto Scarpinato*
Intervento al Seminario di studi sulla Riforma della Costituzione svoltosi al Palazzo di Giustizia di Palermo il 22 novembre 2016 .
(24 novembre 2016)


Il mio dissenso nei confronti della riforma costituzionale è dovuto a vari motivi che, per ragioni di tempo, potrò esplicare solo in piccola parte.
In primo luogo perché questa riforma non è affatto una revisione della Costituzione vigente, cioè un aggiustamento di alcuni meccanismi della macchina statale per renderla più funzionale, ma con i suoi 47 articoli su 139 introduce una diversa Costituzione, alternativa e antagonista nel suo disegno globale a quella vigente, mutando in profondità l’organizzazione dello Stato, i rapporti tra i poteri ed il rapporto tra il potere ed i cittadini.

Una diversa Costituzione che modificando il modo in cui il potere è organizzato, ha inevitabili e rilevanti ricadute sui diritti politici e sociali dei cittadini, garantiti nella prima parte della Costituzione.
Basti considerare che, ad esempio, la riforma abroga l’articolo 58 della Costituzione vigente che sancisce il diritto dei cittadini di eleggere i senatori, e con ciò stesso svuota di contenuto l’art. 1 della Costituzione, norma cardine del sistema democratico che stabilisce che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Nella diversa organizzazione del potere prevista dalla riforma, questo potere sovrano fondamentale per la vita democratica, viene tolto ai cittadini e attributo alle oligarchie di partito che controllano i consigli regionali.
Poiché, come diceva Hegel, il demonio si cela nel dettaglio, questo dettaglio – se così vogliamo impropriamente definirlo – racchiude in se e disvela l’animus oligarchico e antipopolare che – a mio parere – attraversa sottotraccia tutta la riforma costituzionale, celandosi nei meandri di articoli la cui comprensione sfugge al cittadino medio, cioè a dire alla generalità dei cittadini che il 4 dicembre saranno chiamati a votare.

I fautori della riforma focalizzano l’attenzione e il dibattito pubblico sulla necessità di ridimensionare i poteri del Senato eliminando il bicameralismo paritario, questione sulla quale si può concordare in linea di principio, ma glissano su un punto essenziale: Perché pur riformando il Senato avete ritenuto indispensabile espropriare i cittadini del diritto – potere di eleggere i senatori?

Il bicameralismo così come lo volete riformare non poteva funzionare altrettanto bene lasciando intatto il diritto costituzionale dei cittadini di eleggere i senatori?
Perché questo specifico punto della riforma è stato ritenuto tanto essenziale da determinare addirittura l’epurazione dalla Commissione affari costituzionali dei senatori del Pd – Corradino Mineo e Vannino Chiti – che si battevano per mantenere in vita il diritto dei cittadini di eleggere i senatori?

Forse uno degli obiettivi che si volevano perseguire, ma che non possono essere esplicitati alla pubblica opinione, era proprio quello di restringere gli spazi di partecipazione democratica e di estromettere il popolo dalla macchina dello Stato?
Dunque secondo voi la ricetta migliore per curare la crisi della democrazia e della rappresentanza, è quella di restringere ancor di più gli spazi di democrazia e di rappresentanza?

Questo travaso di potere dai cittadini alle oligarchie di partito non riguarda solo il Senato, ma anche la Camera dei Deputati e viene realizzato mediante sofisticati meccanismi che sfuggono alla comprensione del cittadino medio.
La nuova legge elettorale nota come l’Italicum, che costituisce una delle chiavi di volta della riforma, attribuisce infatti ai capi partito e ai loro entourage il potere di nominare ben cento deputati della Camera, imponendoli dall’alto senza il voto popolare.

Questo risultato viene conseguito mediante il sistema dei capilista bloccati inseriti di autorità nelle liste elettorali presentate nei 100 collegi nei quali cui si suddivide il paese, e che vengono eletti automaticamente con i voti riportati dalla lista, senza che nessun elettore li abbia indicati.
Gli elettori potranno esprimere un voto di preferenza per un altro candidato oltre il capo lista, ma i voti di preferenza così espressi saranno presi in considerazione solo se la lista da loro votata avrà ottenuto più di cento deputati in campo nazionale, perché i primi cento posti sono bloccati per le persone “nominate” dai gruppi dirigenti del partito in base a particolari vincoli di fedeltà.

Così, per formulare un esempio, se una lista ottiene un totale nazionale di voti pari a 100 deputati, nessuno dei candidati scelti dagli elettori dal 101 in poi con il voto di preferenza potrà essere eletto alla Camera, perché tutti i posti disponibili sono stati esauriti.
Ora poiché il premio di maggioranza previsto dall’Italicum attribuisce al partito vincitore delle elezioni 340 deputati su 630, tutti i partiti della minoranza potranno portare alla Camera nel loro insieme complessivamente 290 deputati, e, quindi, ciascuno solo una quota di deputati intorno a 100 o ad un sottomultiplo di cento.
Il che significa che entreranno alla Camera per le minoranze solo i capilista bloccati, nominati dai capi partiti. Nessuno o quasi dei candidati scelti dagli elettori oltre i cento con i voti di preferenza, farà ingresso in Parlamento.
Ne consegue che ben due terzi dei cittadini italiani votanti, tanti quanti sono rappresentati dalla somma dei partiti della minoranza nell’attuale panorama tripolare nazionale, saranno di fatto privati del diritto di scegliere i propri rappresentanti alla Camera.

Se questa è la sorte riservata ai cittadini elettori delle minoranze, è interessante notare come il congegno dei cento capilista bloccati, unito ad altri, consegua poi l’ulteriore risultato antidemocratico di determinare una distorsione della rappresentanza parlamentare anche nel partito di maggioranza, e di realizzare una sostanziale abolizione della separazione dei poteri tra legislativo ed esecutivo.

Per spiegare come ciò si verifichi, occorre comprendere come opera il combinato disposto della riforma e dell’Italicum.
L’articolo 2 comma 8 dell’Italicum stabilisce: “I partiti o i gruppi politici organizzati che si candidano a governare depositano il programma elettorale nel quale dichiarano il nome e il cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica”. In questo modo il voto per la forza politica “che si candida a governare” è anche il voto per il “capo della forza politica” che si candida a divenire il capo del governo, in contrasto con l’art. 92 della Costituzione, rimasto inalterato, che ne affida la nomina al Presidente della Repubblica sulla base delle indicazioni dei gruppi parlamentari. Come è stato osservato, sarà ben difficile non solo la nomina di una persona diversa, ma perfino la sfiducia, destinata inevitabilmente a provocare lo scioglimento della Camera.

Ciò posto, tenuto conto che, come accennato, l’Italicum attribuisce alla medesima oligarchia di partito che esprime il leader della forza politica candidato a capo del governo, la possibilità di nominare cento deputati della Camera, è evidente che tale gruppo oligarchico nominerà capilista, e quindi deputati ipso facto, tutti i componenti del gruppo ed i fedelissimi del leader.
Si tratta di un numero di deputati che già di per se attribuisce al futuro capo del governo la Golden share per il controllo della maggioranza alla Camera dei deputati, perché equivale a circa un terzo dei deputati eleggibili dal partito.

Qualunque studioso di diritto societario sa bene che l’amministratore delegato di una azienda che detiene un terzo della quota azionaria, è in grado di controllare l’intera azienda. Ma non finisce qui. Il leader futuro capo del governo ed il suo entourage dopo avere nominato 100 deputati, tanti quanti sono i collegi elettorali del paese, sono gli stessi che formano la lista degli altri candidati non bloccati, per i quali gli elettori hanno la possibilità di esprimere una preferenza o due a condizione che si votino candidati di sesso diverso.

La riforma costituzionale non prevede alcuna norma che imponga (così come, ad esempio, l’art. 21 della Costituzione tedesca) che l’ordinamento interno dei partiti debba essere conforme ai princìpi fondamentali della democrazia e che garantisca, di conseguenza, una selezione democratica dei candidati da inserire nelle liste elettorali. Dunque la stessa oligarchia partitica che elegge se stessa con il sistema dei 100 capilista bloccati, ha la possibilità di cooptare, inserendoli nella lista dei candidati votabili, solo personaggi ritenuti affidabili e obbedienti, escludendo dalla lista gli indipendenti e gli esponenti delle opposizioni interne, oppure relegandoli in posizioni marginali.

Ma non finisce qui. L’Italicum ha in serbo un altro congegno a disposizione delle oligarchie di partito per selezionare persone da cooptare nella maggioranza parlamentare del futuro capo del governo. Si tratta della possibilità di candidare la stessa persona in ben dieci diversi collegi contemporaneamente. Il candidato eletto in più collegi deve scegliere il collegio che preferisce. In quello in cui rinuncia, al suo posto viene eletto il candidato che ha ottenuto più voti di preferenza dopo di lui. Il gruppo oligarchico che esprime il leader futuro capo del governo ha in questo modo la possibilità di neutralizzare eventuali candidati espressi dai territori e ritenuti non affidabili, stabilendo che il candidato eletto in più circoscrizioni e fedele alla leadership, scelga la circoscrizione nella quale altrimenti al suo posto verrebbe eletto il candidato non gradito, che viene così escluso dalla Camera.

Grazie a questi congegni elettorali, lo stesso gruppo oligarchico che designa come capo del Governo il capo della partito di maggioranza, acquisisce la possibilità di controllare contemporaneamente sia il Governo che la Camera dei deputati.
Si realizza così un continuum tra Camera dei deputati e Governo espressione entrambi dello stesso gruppo oligarchico che abolisce di fatto la separazione dei poteri tra legislativo ed esecutivo, e la Camera si trasforma da organo espressione della sovranità popolare che controlla il governo dando e revocando la fiducia, in Camera di ratifica delle iniziative legislative promosse dal Capo del Governo, il quale è allo stesso tempo capo del partito di maggioranza.

Il capo del Governo/capopartito oltre ad avere una supremazia di fatto sulla Camera nei modi accennati, ha anche una supremazia istituzionale in quanto la riforma gli attribuisce il potere di dettare l’agenda dei lavori parlamentari con il meccanismo delle leggi dichiarate dal Governo di urgenza che devono essere approvate entro 70 giorni.
Interessante notare che la stessa corsia preferenziale non è prevista per le leggi di iniziativa parlamentare, così che il governo è in grado di colonizzare ancor di più l’attività legislativa del parlamento.

Alla sostanziale desovranizzazione del popolo, alla disattivazione della separazione tra potere esecutivo e potere legislativo e, quindi, del ruolo di controllo di quest’ultimo sul primo, si somma poi la disattivazione del ruolo delle minoranze che, sempre grazie all’Italicum, sono condannate per tutta la legislatura alla più totale impotenza, avendo a disposizione in totale solo 290 deputati rispetto ai 340 della maggioranza governativa.

E ciò nonostante che nell’attuale panorama politico multipolare, le minoranze siano in realtà la maggioranza reale nel paese, assommando i voti di due terzi dei votanti a fronte del residuo terzo circa, ottenuto dal partito del capo del governo.
Grazie alla lampada di Aladino del combinato disposto della riforma costituzionale e dell’Italicum, un ristretto gruppo oligarchico autoreferenziale in grado di auto cooptarsi prescindendo in buona misura nei modi accennati dai voti di preferenza espressi da una minoranza del paese, pari a circa un terzo dei votanti, che lo porta al potere, è in grado di divenire il gestore oligopolistico delle leve strategiche dello stato, cioè della Camera e del Governo.

Azionando sinergicamente tali leve, il gruppo nell’assenza di ogni valido contro bilanciamento è in grado di esercitare un potere politico-istituzionale di supremazia sugli apparati istituzionali nei quali si articola lo stato: dalla Rai, alle Partecipate pubbliche, agli enti pubblici economici, alle varie Authority, ai vertici delle Forze di Polizia, dei Servizi segreti, e via elencando. Si pongono così le premesse per realizzare uno spoil system generalizzato, finalizzato a garantire l’autoriproduzione del gruppo oligarchico mediante la nomina ai vertici degli apparati che contano solo persone di provata consonanza politica e fedeltà.

...

Scarpinato: “La riforma Renzi è oligarchica e antipopolare”



Referendum, le ragioni del No di Roberto Scarpinato - Il pdf dell'intervento del procuratore generale a Palermo - Il Fatto Quotidiano
 

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