Val
Torniamo alla LIRA
Come che sia
il 31 marzo scade lo stato di emergenza,
pluri-prorogato dal governo anche oltre il termine dei due anni stabilito dal D.lgs. n. 1/2018.
Alcune forze politiche, tra cui Lega e FdI, chiedono che esso non venga prorogato oltre la fine di marzo.
Se non vi erano già prima le condizioni per prolungarlo questo vale a maggior ragione oggi.
Ma cosa accade se cessa lo stato di emergenza?
La dichiarazione dello stato di emergenza, adottata con delibera del Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020 e prorogata più volte,
consente al governo – in forza dell’art. 7 del D.lgs. n. 1/2018 –
"di utilizzare mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”,
che l’articolo 24 fissa in un totale di 24 mesi, limite peraltro già superato di due mesi.
È il cosiddetto potere di ordinanza che si sostituisce ai mezzi ordinari di legislazione.
La cessazione dello stato di emergenza
non fa però decadere automaticamente la legislazione emergenziale,
impedisce soltanto al governo di continuare ad utilizzare “mezzi e poteri straordinari” in deroga a quelli ordinari.
Facciamo un esempio.
Se oggi il Ministero della Salute può impedire a chiunque con semplice ordinanza ministeriale di camminare per strada senza mascherina,
dopo la cessazione dello stato di emergenza occorre una legge o un atto avente forza di legge che prescriva di coprire il volto,
dunque col controllo del Parlamento e successivamente – se necessario – della Corte costituzionale.
Tra la normativa emergenziale, quella senza dubbio più invasiva dei diritti fondamentali
è rappresentata dai decreti-legge (e successive leggi di conversione) sul green pass.
Un cittadino che non sia in possesso della certificazione verde, che attesti l’avvenuto completamento del ciclo vaccinale,
non può infatti nemmeno andare a lavorare, con conseguente sospensione dalla retribuzione.
E questo accade in un periodo in cui la crisi energetica e l’aumento dei prezzi che ne deriva
stanno riducendo alla soglia di povertà numerose famiglie.
Una norma profondamente ingiusta che presenta profili di incostituzionalità già adesso,
figuriamoci dopo la cessazione dello stato di emergenza.
Tutti i decreti-legge adottati finora dal governo sul green pass
presentano come premessa necessaria il presupposto giuridico della dichiarazione e/o proroga dello stato di emergenza,
in assenza della quale non è neppure lontanamente pensabile che si possa subordinare l’esercizio di diritti fondamentali alla condizione vaccinale di ciascuno.
Eppure, il green pass, stando alle norme attuali, resterà in vigore fino al 15 giugno 2022 (salvo addirittura ulteriori proroghe),
cioè due mesi e mezzo oltre la scadenza dello stato di emergenza.
L’equazione emergenza = green pass, dopo il 31 marzo, non è dunque più sostenibile.
Il primo decreto-legge con cui il governo ha introdotto il green pass è il n. 105 del 23 luglio 2021,
entrato in vigore a partire dal 6 agosto, obbligatorio all’epoca per sedersi all’interno di un bar, di un ristorante, di un cinema o di un qualsiasi altro luogo al chiuso.
Successivamente, con decreto-legge n. 127 del 21 settembre 2021, il governo ha introdotto – a partire dal 15 ottobre –
l’obbligo per tutti i lavoratori del settore pubblico e privato di possedere la certificazione verde per andare a lavorare,
pena la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.
All’epoca era ancora valido il green pass base, cioè la possibilità di ottenere il pass a seguito di un semplice tampone antigienico rapido o molecolare della validità, rispettivamente, di 48 e 72 ore.
Le maglie continuano a stringersi col decreto-legge n. 172 del 26 novembre 2021, che introduce – a partire dal 6 dicembre –
il cosiddetto super green pass o green pass rafforzato, cioè l’obbligo di possedere la certificazione verde (non più base ma da vaccinazione)
per accedere a bar, ristoranti, cinema, teatri, discoteche etc.
Fatta eccezione per l’obbligo vaccinale a carico del personale medico-sanitario,
per quello delle forze dell’ordine e per quello scolastico,
si poteva ancora andare a lavorare col green pass base, cioè quello da tampone.
Ma ancora per poco.
La serrata arriva con decreto-legge n. 1 del 7 gennaio 2022,
il quale introduce l’obbligo vaccinale per gli over 50
ed estende l’obbligo del green pass rafforzato
(rilasciato solo a completamento del ciclo vaccinale, salvo la necessità di fare la terza dose dopo sei mesi dalla seconda pena la scadenza del certificato verde),
sia per andare a lavorare (pena la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione) che per salire sui mezzi pubblici, compresi treni e aerei.
Gli over 50 che non hanno rispettato l’obbligo vaccinale sono soggetti ad una multa di 100 euro
una tantum che l’Agenzia delle Entrate potrà prelevare direttamente dal conto corrente di ciascuno.
Non siamo in Cina, ma quasi.
Fatto sta che il 31 marzo lo stato di emergenza non verrà prorogato.
Draghi, dopo aver perso la sua battaglia per andare al Quirinale,
non può calcare troppo la mano con un Salvini che dopo l’ammissione da parte della Corte costituzionale
dei “suoi” referendum sulla giustizia si è politicamente rafforzato.
Ed ecco allora la “road map” per uscire dall’impasse,
cercando di nascondere tutti i suoi fallimenti e le gravi responsabilità politiche del Ministro della Salute.
La prima cosa che farà sarà sciogliere il CTS,
onde insabbiare tra l’altro eventuali indagini sui conflitti di interessi di alcuni dei suoi membri,
poi magari toglierà il green pass rafforzato per entrare in bar, ristoranti, cinema e parrucchieri,
lasciando però in vigore il green pass base e l’obbligo vaccinale per gli over 50 e per alcune categorie di persone.
Eh già, la cessazione dello stato di emergenza non fa decadere automaticamente neppure l’obbligo vaccinale:
quando nel 2016 fu introdotto un simile obbligo per i bambini della scuola materna e primaria,
pena l’esclusione da scuola, non vigeva alcuno stato di emergenza.
Ma, attenzione, si tratta di cose diverse,
qui stiamo parlando di un vaccino non immunizzante e non sterilizzante
che proprio per questo non doveva essere reso obbligatorio.
D’altronde ci si può anche domandare come si potrebbe controllare l’obbligo vaccinale senza il green pass?
il 31 marzo scade lo stato di emergenza,
pluri-prorogato dal governo anche oltre il termine dei due anni stabilito dal D.lgs. n. 1/2018.
Alcune forze politiche, tra cui Lega e FdI, chiedono che esso non venga prorogato oltre la fine di marzo.
Se non vi erano già prima le condizioni per prolungarlo questo vale a maggior ragione oggi.
Ma cosa accade se cessa lo stato di emergenza?
La dichiarazione dello stato di emergenza, adottata con delibera del Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020 e prorogata più volte,
consente al governo – in forza dell’art. 7 del D.lgs. n. 1/2018 –
"di utilizzare mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”,
che l’articolo 24 fissa in un totale di 24 mesi, limite peraltro già superato di due mesi.
È il cosiddetto potere di ordinanza che si sostituisce ai mezzi ordinari di legislazione.
La cessazione dello stato di emergenza
non fa però decadere automaticamente la legislazione emergenziale,
impedisce soltanto al governo di continuare ad utilizzare “mezzi e poteri straordinari” in deroga a quelli ordinari.
Facciamo un esempio.
Se oggi il Ministero della Salute può impedire a chiunque con semplice ordinanza ministeriale di camminare per strada senza mascherina,
dopo la cessazione dello stato di emergenza occorre una legge o un atto avente forza di legge che prescriva di coprire il volto,
dunque col controllo del Parlamento e successivamente – se necessario – della Corte costituzionale.
Tra la normativa emergenziale, quella senza dubbio più invasiva dei diritti fondamentali
è rappresentata dai decreti-legge (e successive leggi di conversione) sul green pass.
Un cittadino che non sia in possesso della certificazione verde, che attesti l’avvenuto completamento del ciclo vaccinale,
non può infatti nemmeno andare a lavorare, con conseguente sospensione dalla retribuzione.
E questo accade in un periodo in cui la crisi energetica e l’aumento dei prezzi che ne deriva
stanno riducendo alla soglia di povertà numerose famiglie.
Una norma profondamente ingiusta che presenta profili di incostituzionalità già adesso,
figuriamoci dopo la cessazione dello stato di emergenza.
Tutti i decreti-legge adottati finora dal governo sul green pass
presentano come premessa necessaria il presupposto giuridico della dichiarazione e/o proroga dello stato di emergenza,
in assenza della quale non è neppure lontanamente pensabile che si possa subordinare l’esercizio di diritti fondamentali alla condizione vaccinale di ciascuno.
Eppure, il green pass, stando alle norme attuali, resterà in vigore fino al 15 giugno 2022 (salvo addirittura ulteriori proroghe),
cioè due mesi e mezzo oltre la scadenza dello stato di emergenza.
L’equazione emergenza = green pass, dopo il 31 marzo, non è dunque più sostenibile.
Il primo decreto-legge con cui il governo ha introdotto il green pass è il n. 105 del 23 luglio 2021,
entrato in vigore a partire dal 6 agosto, obbligatorio all’epoca per sedersi all’interno di un bar, di un ristorante, di un cinema o di un qualsiasi altro luogo al chiuso.
Successivamente, con decreto-legge n. 127 del 21 settembre 2021, il governo ha introdotto – a partire dal 15 ottobre –
l’obbligo per tutti i lavoratori del settore pubblico e privato di possedere la certificazione verde per andare a lavorare,
pena la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.
All’epoca era ancora valido il green pass base, cioè la possibilità di ottenere il pass a seguito di un semplice tampone antigienico rapido o molecolare della validità, rispettivamente, di 48 e 72 ore.
Le maglie continuano a stringersi col decreto-legge n. 172 del 26 novembre 2021, che introduce – a partire dal 6 dicembre –
il cosiddetto super green pass o green pass rafforzato, cioè l’obbligo di possedere la certificazione verde (non più base ma da vaccinazione)
per accedere a bar, ristoranti, cinema, teatri, discoteche etc.
Fatta eccezione per l’obbligo vaccinale a carico del personale medico-sanitario,
per quello delle forze dell’ordine e per quello scolastico,
si poteva ancora andare a lavorare col green pass base, cioè quello da tampone.
Ma ancora per poco.
La serrata arriva con decreto-legge n. 1 del 7 gennaio 2022,
il quale introduce l’obbligo vaccinale per gli over 50
ed estende l’obbligo del green pass rafforzato
(rilasciato solo a completamento del ciclo vaccinale, salvo la necessità di fare la terza dose dopo sei mesi dalla seconda pena la scadenza del certificato verde),
sia per andare a lavorare (pena la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione) che per salire sui mezzi pubblici, compresi treni e aerei.
Gli over 50 che non hanno rispettato l’obbligo vaccinale sono soggetti ad una multa di 100 euro
una tantum che l’Agenzia delle Entrate potrà prelevare direttamente dal conto corrente di ciascuno.
Non siamo in Cina, ma quasi.
Fatto sta che il 31 marzo lo stato di emergenza non verrà prorogato.
Draghi, dopo aver perso la sua battaglia per andare al Quirinale,
non può calcare troppo la mano con un Salvini che dopo l’ammissione da parte della Corte costituzionale
dei “suoi” referendum sulla giustizia si è politicamente rafforzato.
Ed ecco allora la “road map” per uscire dall’impasse,
cercando di nascondere tutti i suoi fallimenti e le gravi responsabilità politiche del Ministro della Salute.
La prima cosa che farà sarà sciogliere il CTS,
onde insabbiare tra l’altro eventuali indagini sui conflitti di interessi di alcuni dei suoi membri,
poi magari toglierà il green pass rafforzato per entrare in bar, ristoranti, cinema e parrucchieri,
lasciando però in vigore il green pass base e l’obbligo vaccinale per gli over 50 e per alcune categorie di persone.
Eh già, la cessazione dello stato di emergenza non fa decadere automaticamente neppure l’obbligo vaccinale:
quando nel 2016 fu introdotto un simile obbligo per i bambini della scuola materna e primaria,
pena l’esclusione da scuola, non vigeva alcuno stato di emergenza.
Ma, attenzione, si tratta di cose diverse,
qui stiamo parlando di un vaccino non immunizzante e non sterilizzante
che proprio per questo non doveva essere reso obbligatorio.
D’altronde ci si può anche domandare come si potrebbe controllare l’obbligo vaccinale senza il green pass?
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