VOLEVO DIRE A TIZIANO FERRO CHE SPESSO NON ME LO SO SPIEGARE NEMMENO IO

Qualsiasi oggetto digitale può diventare un NFT e per questo deve essere coniato
(dall’inglese “minted“, utilizzato per far riferimento all’inserimento di un determinato asset digitale all’interno di una blockchain sotto forma di token non fungibile).


Gli NFT possono quindi essere utilizzati per certificare l’autenticità e la proprietà di beni molto vari
come opere d’arte digitali, musiche, meme popolari e persino tweet.

Ovviamente, poiché di natura digitale, tutti questi oggetti o file possono essere facilmente duplicati;

è opportuno perciò sottolineare che gli NFT non ne impediscono la duplicazione.



Generalmente questa possibilità di duplicazione rende virtualmente impossibile stabilire chi è il proprietario del file originale;
se però un individuo acquista il non-fungible token di quell’opera o bene digitale
questi verrà identificato come il legittimo proprietario del file originale.


La maggior parte degli NFT è presente sulla blockchain della piattaforma Ethereum:
infatti, oltre all’utilizzo della moneta virtuale ether (o ETH) all’interno della rete,
Ethereum supporta anche la creazione di token non fungibili i quali contengono più informazioni all’interno,
funzionando per questa ragione – come si apprende da un articolo di The Verge – in maniera diversa rispetto a una valuta come ether.


Come si legge sul sito di Ethereum,
gli NFT consentirebbero in questo modo di risolvere alcuni dei problemi collegati all’utilizzo di Internet:

«mentre tutto diventa più digitale, si avverte il bisogno di replicare le caratteristiche degli item fisici come la scarsità, l’unicità e il certificato di proprietà».

Per fare un esempio pratico di come gli NFT potrebbero rispondere a questa problematica,
è possibile sostenere che una copia di un file digitale (come un’immagine JPEG o un brano MP3) è uguale al file originale;
ogni NFT a sua volta è «digitalmente unico, cioè non ci sono due NFT uguali»
e quindi all’oggetto “coniato” vengono attribuite le caratteristiche già menzionate, che generalmente sono appannaggio dei beni fisici.


È possibile acquistare non-fungible token su diversi marketplace , come per esempio OpenSea:
all’interno di questa piattaforma è possibile trovare una sorta di galleria online con i differenti NFT messi all’asta o a un prezzo fisso stabilito.

È necessario, quindi, aggiungere denaro a un portafoglio digitale:
nel caso di OpenSea, per esempio, è possibile acquistare dei token utilizzando la valuta ether.


Mentre l’acquirente di un’opera d’arte “tradizionale” entrerà in possesso di un oggetto fisico,
nel caso degli NFT la pratica è diversa, perché si tratta di un bene digitale.

Volendo procedere con un esempio, Vignesh Sundaresan ha acquistato – al prezzo di 69 milioni di dollari – “The Last 5000 Days,
l’opera digitale creata da Michael Joseph Winkelmann (noto anche come Beeple),
ricevendo un file JPEG e il diritto di proprietà dell’opera.

Così come avviene con le criptovalute, anche gli NFT vengono conservati nei portafogli digitali.


Al momento dell’acquisto di questi token, tramite i cosiddetti “smart contracts”,
vengono concordati anche i diritti del creatore del bene digitale.

Infatti, una volta acquistato l’NFT, l’artista o il creatore dell’asset può in alcuni casi mantenere il copyright,
in modo da poter continuare a realizzare delle riproduzioni del suo lavoro,
ma sarà comunque l’acquirente a possedere il token che lo identifica come il proprietario dell’opera originale.



Gli NFT potrebbero consentire ai creatori di contenuti digitali di aumentare i propri guadagni
all’interno di un’industria in cui spesso risulta difficile monetizzare con le proprie creazioni,
come messo in evidenza sul sito di Ethereum:

«un artista che pubblica il proprio lavoro su un social
finisce per dare soldi alla piattaforma che incassa con le pubblicità visualizzate dai follower dell’artista.
Essi aumentano la propria visibilità, ma questa “non paga le bollette”
».

La piattaforma sostiene dunque che gli NFT potrebbero dare vita a una “nuova economia“,
in cui i creatori di contenuti non dovranno più
«cedere la proprietà dei propri contenuti alle piattaforme da loro usate per promuoverli.
Il diritto di proprietà viene integrato all’interno del contenuto stesso
».


Quando si realizza una tokenizzazione di un contenuto e questo viene venduto
il compenso andrà direttamente all’artista e se il nuovo proprietario venderà il non-fungible token,
il creatore potrà ricevere delle royalties:

poiché l’indirizzo digitale del creatore è uno dei dati contenuti all’interno degli NFT che non possono essere modificati,
ogni volta che il contenuto verrà rivenduto il compenso che spetta al creatore gli sarà garantito.


Non mancano tuttavia le critiche da parte di chi ritiene che l’acquisto di un NFT possa essere inutile,

considerata la facilità nel copiare il file originale che ha subito il processo di tokenizzazione.




Se molti hanno accolto con entusiasmo questa tecnologia,
non mancano le voci sui molteplici rischi associati all’attuale
mancanza di regolamentazione giuridica nel campo dei non-fungible token.


Tra le problematiche sollevate
vi è la possibilità che la persona che genera e vende un non-fungible token rappresentativo di un’opera d’arte
non corrisponda al creatore dell’opera
e che, inoltre, lo faccia senza il relativo consenso,
proprio perché qualsiasi oggetto digitale può subire un processo di tokenizzazione:

questa questione è stata sollevata dall’artista Devin Elle Kurtz
che in un tweet ha dichiarato di aver trovato alcuni dei suoi lavori trasformati in NFT da soggetti terzi che li avrebbero messi in vendita sui marketplace.


I searched my name to make sure my art hadn't been stolen and turned into NFTs, and sure thing, an obscure old piece from my DeviantArt is randomly on the front page of the marble cards NFT website? How is this allowed… pic.twitter.com/EE1jXLuQDL
— Devin Elle Kurtz (@DevinElleKurtz) March 12, 2021
 
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Davos deve essere seguito per vedere il livello di assolutismo e controllo delle masse

desiderato da élite che non sono state in grado, negli ulti 30 anni, di fare nulla di buono, anzi molto di cattivo.


Adesso il nemico dei “Buoni” è la libertà di parola, perché è lo strumento che mette in evidenza i loro colossali errori.




Ecco ora le parole di Julie Ilman Grant, responsabile australiana per la sicurezza del web, eSecurity,


Ci troviamo in una situazione in cui abbiamo una polarizzazione crescente ovunque,
e tutto sembra binario quando non è necessario,
quindi penso che dovremo pensare a una ricalibrazione di un’intera gamma di diritti umani che stanno giocando online
dalla libertà di parola, all’essere liberi dalla violenza online.

Oppure il diritto alla protezione dei dati, al diritto alla dignità del bambino”.



Quindi la libertà di parola deve essere “Ricalibrata” perché è troppo polarizzante,

cioè permette di NON essere d’accordo con quello che vogliono

coloro che comandano, che hanno il potere o che vorrebbero averlo.



Vi invito a leggere i commenti al post che riporta il discorso, perché sono arrabbiati, divertenti e molto profondi.


C’è un lato positivo in tutto questo:

domenica scorsa si sono tenute le elezioni in Australia

e chi ha nominato la signora è stato mandato sonoramente a casa.



Le “Limitazioni alla libertà di parola”,

le “Ricalibrazioni”,

sono il metodo di chi ha il potere per impedire che venga detta la verità.


Cioè che le loro ricette sono sbagliate e portano all’autodistruzione e all’infelicità.


La libertà di parola o è o non è.
 
L’amministrazione Biden ha sottovoce riconosciuto in una lettera ai dirigenti dell’industria petrolifera e del gas

che un “errore di calcolo” è responsabile di un massiccio arretrato di permessi di perforazione offshore.


Secondo la lettera del 29 aprile del capo della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), Richard Spinrad,
una subagenzia “ha scoperto un errore di calcolo” responsabile dell’enorme arretrato, riporta il Daily Caller.

Di chi è la colpa?

Il National Marine Fisheries Service (NMFS)
– che è responsabile dell’analisi dell’impatto dei progetti di perforazione offshore sulla fauna selvatica –
ha utilizzato modelli errati che hanno sovrastimato gli effetti sulla fauna selvatica.



“NMFS comprende le preoccupazioni dell’industria e sta lavorando con il Bureau of Ocean Energy Management (BOEM)
per sviluppare rapidamente … regolamenti rivisti”, ha scritto Spinrad.


La lettera dell’amministratore della NOAA è arrivata in risposta a una lettera del 5 aprile del NOIA,
dell’American Petroleum Institute e dell’EnerGeo Alliance, avvertendo che i produttori di energia
avevano subito notevoli ritardi nelle autorizzazioni.

In particolare, le compagnie petrolifere e del gas hanno segnalato ritardi nell’ottenimento delle lettere di autorizzazione (LOA)
dal NMFS per svolgere attività di pre-perforazione, compreso il rilevamento.


Secondo il Dipartimento del Commercio, che sovrintende sia alla NOAA che alla NMFS,
l’amministrazione sta “lavorando per considerare tutte le possibili soluzioni per accelerare il più possibile il processo di regolamentazione”.


“NMFS è anche impegnato con i membri interessati dell’industria e con le associazioni di categoria del settore
poiché considera soluzioni sia a breve che a lungo termine”, ha detto il portavoce a TheDCNF in una e-mail.

“Il Dipartimento del Commercio comprende le preoccupazioni dell’industria
e sta lavorando rapidamente per affrontare i dati errati ricevuti per la regola iniziale e per procedere sul serio con la regola rivista”.


Il presidente della NOIA Erik Milito ha dichiarato al Caller che
“il sisma del Golfo del Messico consente ritardi, se abbinati alla mancanza di progressi su un nuovo programma di leasing offshore quinquennale
e alla continuazione di un divario pluriennale nelle vendite di leasing di petrolio e gas del Golfo del Messico
e minare la prevedibilità su cui le aziende hanno fatto affidamento per prendere decisioni di investimento multimiliardarie nel Golfo del Messico”,
cosa che sta accadendo “In un momento in cui le questioni energetiche sono in primo piano, NMFS dovrebbe affrontare i problemi il più rapidamente possibile”.


“Le aziende devono essere in grado di continuare a esplorare e sviluppare risorse di idrocarburi nel Golfo del Messico”.

Martedì, il senatore Ted Cruz (R-TX) e altri 19 senatori del GOP hanno inviato una lettera arrabbiata
al Dipartimento del Commercio esprimendo la loro preoccupazione per i ritardi nelle autorizzazioni causati dall’errore di matematica.


“I ritardi nelle autorizzazioni di NMFS rappresentano un esempio del divieto de facto dell’amministrazione di nuove perforazioni,
che impedisce gli investimenti, l’esplorazione e la produzione nazionali di petrolio e gas”, si legge nella lettera.

“È inaccettabile che errori di calcolo dell’agenzia abbiano limitato l’accesso a una produzione nazionale di petrolio e gas sicura,
protetta e affidabile attraverso ritardi sostanziali, non necessari e arbitrari nelle autorizzazioni”.



Quindi nel mezzo di una crisi energetica fortissima

l’amministrazione Biden blocca le concessioni peer la trivellazione nel Golfo del Messico sulla base di dati errati,

accentuando quindi ulteriormente la crisi stessa.


Un comportamento insensato.


Ci sarebbe da indagare quali modelli abbia utilizzato Cingolani nel PITESAI, il piano italiano,

per riuscire a bloccare praticamente tutte le concessioni esplorative nei mari italiani.


Loro fanno gli errori, i cittadini pagano i conti.
 
Immaginatevi se negli anni settanta del secolo scorso
un governo avesse affermato che intendeva contenere l’inflazione
comprimendo il più possibile il potere d’acquisto degli operai favorendo un’immigrazione illegale.

Sicuramente non sarebbe finita bene, se non con una rivoluzione,
con delle manifestazioni che sarebbero sfociate nella violenza.


Oggi, con la solita nonchalance, come parte delle proprie raccomandazioni primaverili, le “Letterine”,

la Commissione consiglia ai singoli stati di NON adeguare gli stipendi all’inflazione.

Come ottenere questo risultato?

Con una facilitazione della regolarizzazione dei migranti e del loro lavoro, regolari o meno che siano.

Quindi l’affare proposta dalla commissione è:

tutti i lavoratori devono essere oggettivamente più poveri,

perché il loro potere d’acquisto viene a calare molto fortemente.



La Commissione quindi si pone a tutela di una ristretta classe di privilegiati
e condanna alla povertà tutti gli altri lavoratori europei, utilizzando una tattica antichissima,
che, ufficialmente, risale alla fine dell’Impero Romano e che in passato non ha mai portato bene:

si importano lavoratori per abbassare i costi del lavoro, perfino quello servile, e aumentare la resa dei latifondisti.

I romani lo fecero con i Goti e finì molto male.


Però la Commissione ignora, anzi disprezza, la Storia europea.

Sono disposti a qualsiasi brutalità economica e sociale pur di giungere ai loro obiettivi:

la tutela degli interessi di una piccola minoranza che si ritiene “Eletta”,

superiore alle leggi degli uomini e della natura

(vedi quello che stanno combinando con il Green Deal),

contro quelli della maggioranza democratica degli europei.




Questa è veramente l’ultima trincea della libertà personale e collettiva dei cittadini europei,

e l’ultima possibilità per salvare una parvenza di benessere anche per i più disagiati, i non privilegiati.


Sarebbe necessario opporsi energicamente a ogni politica voluta da questa Commissione,

a partire dalla fiducia al Governo Draghi sul decreto “Competitività”:

un cattivo prodotto del governo voluto solo per compiacere i padroni di Bruxelles

e scritto per tassare gli Italia (Catasto) e espropriarli dei loro beni (direttiva Bolkenstein)



Se questo significa rinunciare ai debiti del PNRR,

impiegati in cose improduttive,

inutile e per ingrassare i soliti consulenti, tanto meglio.


Perché il motto è sempre e solo uno:

tutto ciò che arriva dalla Commissione,

non eletta in modo democratico,

è male e non può essere diversamente.


La cosa ironica è che chi appoggia queste politiche repressive, come il PD, poi si dice pure “Di sinistra”.
 
Il colosso assicurativo di Piazza Gae Aulenti stringe i tempi su Cattolica, superando oltre il 90% del capitale.

Il Leone di Trieste ha infatti concluso l'acquisto di 15.604.182 azioni ordinarie di Cattolica,
pari a circa il 6,834% del capitale, con una procedura di reverse accelerated book-building (Rabb),
rivolta esclusivamente a investitori qualificati in Italia e investitori istituzionali esteri.

Generali
sale così dall'84,475% al 91,308% del capitale sociale, che arriva al 91,506% con le azioni proprie.

Equita Sim ha operato quale intermediario autorizzato e sole bookrunner dell'operazione.


Il corrispettivo per l'acquisto delle azioni è pari a 6,75 euro per azione,
con un premio sul prezzo di chiusura dell'azione ordinaria Cattolica alla data del 23 maggio 2022 pari al 7,7% circa,
per un esborso complessivo di 105,3 mln di euro circa.

Il regolamento dell'operazione avverra' in data 26 maggio 2022.


Si va quindi verso il delisting di Cattolica e l'acquisto da parte di Generali delle azioni restanti sul mercato.


Sulla scia di tale accelerazione Cattolica Assicurazioni balza del 7% in Borsa
e si porta vicino al prezzo dell'annunciata operazione di acquisto con cui Generali,
già socio di controllo con l'84,5%, ha rafforzato ulteriormente la presa sul capitale
puntando al delisting del titolo e alla successiva fusione tra le compagnie.

Il superamento della soglia del 90% pone le condizioni per l'operazione di opa residuale
per poter arrivare a detenere l'intero capitale di Cattolica e procedere al delisting del titolo da Piazza Affari.


A marzo scorso, ricorda Il Sole 24 Ore, il ceo di Generali Philippe Donnet aveva dichiarato:

"Stiamo già gestendo Cattolica come controllata.
Abbiamo iniziato l'integrazione, in quanto proseguiremo con il delisting e la fusione
ma il processo richiede delle approvazioni e del tempo. Faremo la fusione il prima possibile".


L'obiettivo di Trieste resta quello di completare tutto l'iter entro il 2022.
 
Libero Acquisition, società del gruppo Orascom, il cui capitale sociale è indirettamente detenuto dalla famiglia Sawiris,
ha stipulato un accordo di acquisto di azioni con Avenue Capital Group e GoldenTree Asset Management Lux
per l'acquisizione del 27,5% di Italiaonline, di cui Libero Acquisition possiede già il 72,5%.


A seguito della suddetta operazione, che si prevede si concluda entro il primo semestre del 2022,
la famiglia Sawiris deterrà indirettamente l'intero capitale sociale di Italiaonline.

“Con l'ingresso a pieno titolo della famiglia Sawiris, ci aspetta una nuova era di espansione e crescita;
continueremo a fornire ai nostri clienti le migliori soluzioni per il loro business digitale;
questo è un passo fondamentale per espandere l'impronta digitale di Italiaonline",
afferma Roberto Giacchi, CEO di Italiaonline.


Il Presidente del Gruppo Italiaonline, Onsi Sawiris, ha dichiarato:

"Grazie a questa importante transazione, la famiglia Sawiris e l'intero gruppo Orascom
hanno rafforzato ancora una volta il loro impegno nel business gestito da Italiaonline
con l'obiettivo di digitalizzare le PMI italiane, vera spina dorsale dell'economia del nostro Paese,
e di continuare il percorso di crescita della più grande internet company italiana.
Questa acquisizione è l'opportunità perfetta per espandere ulteriormente l'interesse del gruppo nel settore digitale nel mercato italiano.
Inoltre, la transazione dimostra la continua fiducia della famiglia Sawiris
nel lavoro svolto dai dipendenti e dal management e nell'organizzazione di Italiaonline".

White and Case ha agito come consulente legale di Libero Acquisition, mentre lo Studio Chiomenti ha assistito i venditori.
 
In uno scenario tanto complesso quanto drammatico come quello di oggi,

gli italiani e non solo loro

devono adattarsi ai cambiamenti geopolitici ed economici e ciò che questi comportano a livello globale.

L’attuale aumento dell’inflazione, congiunto alla recessione legata all’evoluzione della pandemia e della guerra in Ucraina

stanno incidendo sulle abitudini di consumo delle persone di tutto il mondo.


Le ultime previsioni primaverili della Commissione UE

fissano il tasso di inflazione a circa il 6% per il 2022,


con una discesa al 2,3% circa per il 2023.


Lo stesso aumento è registrato dagli ultimi dati ISTAT

sull’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC)

al lordo dei tabacchi su base annua.

I dati di quest’anno sembrano superare le precedenti stime del 2,2%.


“La guerra in Ucraina ha esacerbato le strozzature nelle forniture alimentari e la pressione sui costi già esistenti”, dichiara la UE.

La guerra in Ucraina ha frenato la crescita del Pil del bel paese, essendo questo uno dei maggiori importatori di gas naturale russo tra i paesi dell’EU.


Ma se le previsioni parlano del 6%, le variazioni reali si fermano al 2,6%.

NielsenIQ, azienda globale di misurazione e analisi dati
che fornisce al mondo affidabili visioni sui consumatori e sui mercati,
attribuisce questa discrepanza al forte cambiamento dei comportamenti dei consumatori.

Secondo il recente studio dell’azienda infatti,
in risposta al clima di incertezza di questo periodo,
i consumatori di tutto il globo sono sempre più sensibili all’aumento dei prezzi
e stanno rimodulando il mix di prodotti nel carrello.


Nel primo trimestre 2022 si è registrato uno stabile declino per il Largo Consumo Confezionato fino al mese di marzo,
compensato poi temporaneamente dal contributo positivo di Pasqua.

Anche i mesi estivi promettono una piccola ripresa dei consumi anche grazie alla spinta di un rilancio del turismo,
ma si tratta di segnali positivi che mascherano un trend in discesa.


In linea generale, ISTAT riporta

un aumento dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (da + 1% a +5,1%),

dei beni alimentari lavorati (da +3,9% a +5%),

dei beni durevoli e non
.

Accelerano anche i prezzi dei prodotti per la cura della casa e della persona (da + 5,0% a 5,7%),

accompagnati dai prezzi di abbigliamento e calzature (+5,5%).


In termini di contributi, l’aumento del tasso di inflazione

è dovuto principalmente ai prezzi di abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+2,629 punti percentuali)

e, in misura minore, dei trasporti (+ 1,297) e dei prodotti alimentari e bevande analcoliche.
 
Il deperimento cerebrale degli italiani si rende palese nel momento in cui
questi improvvidi penalizzano la qualità dei prodotti, a vantaggio dell'imballaggio.
Disposti a mangiare m....a purchè l'imballo sia "ecologico".


Alcuni esperti di livescience di recente hanno dichiarato

che l’aumento del costo della vita

porta ad un’incertezza economica

che a sua volta può risultare in un aumento dello stress, ansia e fatica mentale.


Sempre lo studio rivela che l’inflazione non è legata a un peggioramento dello stato mentale in sé per sé.

L’impatto sui diversi individui varia a seconda della condizione economica della singola persona.

Per esempio, una persona con un importante debito da ripagare
può beneficiare dall’aumento del tasso di inflazione dato che ogni volta il valore del pagamento vale meno.

Ma se lo stipendio di quella stessa persona non aumenta di pari passo con l’inflazione,
potrebbe rappresentare un problema per il suo stato economico.

Secondo Pascal Blanqué, chairman del Amundi Institute
(istituto che riunisce le attività di ricerca, strategia di mercato e consulenza in materia di asset allocation),
è in questo contesto di incertezza che si innescano i meccanismi psicologici che supportano e determinano la realizzazione dell’inflazione.

“Il ruolo della memoria collettiva di breve e lungo termine, le reazioni pubbliche,
e la diffusione delle narrative tramite gli agenti economici e i media
aumentano la probabilità che le previsioni sull’inflazione si realizzino.

I policy maker hanno un ruolo centrale per tenere sotto controllo l’aspetto psicologico dell’inflazione.

Tuttavia, mentre quest’ultimi sono sotto pressione,
l’inflazione sta favorendo l’aumento delle politiche accomodanti e non il loro smantellamento,
col risultato che si genera altra inflazione”

questo è quello che rivela un articolo di Advisor.


In tutto questo, i media aiutano a diffondere le informazioni

ma allo stesso tempo rischiano di accelerare e peggiorare la percezione delle persone nei confronti dell’inflazione.



Sempre secondo il recente studio di NielsenIQ,
il mercato globale sta assistendo ad un cambiamento nelle abitudini dei consumatori
a seguito del declino del potere d’acquisto.

Come abbiamo visto, l’inflazione sta coinvolgendo trasversalmente tutte le categorie di prodotti
e per questo le istituzioni dovranno fare gioco di squadra per supportare la spesa degli italiani.


“[…] fare Network e indirizzare gli sforzi congiunti del mercato e del governo
è quanto mai fondamentale per supportare consumi sempre più polarizzati
e consumatori meno fidelizzati, in cerca del prezzo più vantaggioso per attutire il colpo”

spiega l’amministratore delegato di NielsenIQ Italia, Luca De Nard.

I dati mostrano un aumento nel numero di famiglie che scelgono di rivolgersi ai discount
e infatti il settore dei prodotti super scontati ha guadagnato un punto rispetto al 2019 avvicinandosi al 20% del valore.


Inoltre, l’ultimo sondaggio condotto su 17 mila cittadini di tutto il mondo, di cui 500 italiani,
da EY Future Consumer Index (network mondiale di servizi professionali di consulenza direzionale, revisione contabile, fiscalità e formazione),
ha rivelato la tendenza dei consumatori di concentrare le proprie spese su determinate categorie quali cibi freschi,
prodotti per la casa e per la persona,
con una grande attenzione rivolta alla sostenibilità delle scelte d’acquisto.


In particolare, il 61% degli intervistati italiani dichiara di prestare sempre più attenzione all’impatto ambientale di ciò che acquista,

con la maggioranza di questi che considera il packaging il criterio di acquisto più importante.

(meno male che saranno sì e no il 40% degli italiani, sempre troppi).



Nonostante questo interesse per la sosteniblità ambientale,
il 73% degli intervistati ammette di non essere intenzionato a pagare un prezzo maggiore per beni o servizi più sostenibili.


Tra gli intervistati, il 39% dichiara di acquistare solo prodotti essenziali nei prossimi sei mesi
e diminuirà l’acquisto in categorie come l’abbigliamento, servizi di elettronica, cosmetici e prodotti di bellezza e immobili,

al contrario dei viaggi, anche grazie al graduale allentamento delle misure di contenimento del Covid.

Contemporaneamente emerge l’interesse verso l’esperienza del consumo
che si sta espandendo sul mondo digitale del gaming e del metaverso,
insieme al consolidamento di abitudini lifestyle più casalinghi (74% degli intervistati)
.

Complice di questo trend è la rapida crescita dell’e-commerce
con il 31% degli italiani che dichiara di essere intenzionato a fare shopping online
di prodotti che in precedenza acquistava in negozio ed il 46% di recarsi nei negozi meno frequentemente.


In questo panorama in continua evoluzione, Vittucci Stefano, consumer products and retail sector leader di EY in Italia dichiara:

“è dunque fondamentale per i brand e i retailer esplorare nuove modalità
per rispondere ed anticipare i nuovi bisogni dei consumatori,
personalizzando la brand experience e rendendo sempre più accessibile e agevole l’acquisto”.
 
Il World Economic Forum di Davos è interessante perché ci svela i sogni più profondi, irrealistici, costosi e antidemocratici.


Oggi la Signora Von Der Leyen, come riporta la FAZ,

ha affermato che “L’Ucraina deve vincere questa guerra

e che “Faremo di tutto affinché l’Ucraina possa plasmare il proprio futuro“.


Tutte belle parole dette, ovviamente, senza ricordare apertamente i sacrifici
e neppure la distruzione economica che sta avvenendo in Europa,
dove perfino la Germania sta soffrendo
e l’Italia ha quintuplicato i pagamenti per l’energia in un anno.


Quindi parte con i proclami:

la malsana dipendenza dall’energia e dalle forniture alimentari russe deve finire

Cosa che non si fa con le parole,
ma con politiche opposte a quelle fallimentari che la Commissione continua, indefessa, ad applicare,
dal “Green” alle politiche agricole malsane che hanno messo, in passato, una parte importate dei paesi europei a riposo.


Volete un valore chiaro, assoluto, incontrovertibile del fallimento delle politiche europee?

Nel 2002 il PIL dell’Area Euro era pari al 72% del PIL degli USA.

Dopo 18 anni è pari solo al 62%,


e gli USA hanno subito la grande crisi finanziaria molto più pesantemente rispetto ai paesi UE.


Quindi gli USA, non amministrati particolarmente bene , sono riusciti a fare molto meglio rispetto all’Area Euro, il cuor della UE.


Tra l’altro la Von Der Leyen vuole poi la “Riforma” dell’Ucraina, dopo la vittoria,
e visto che sono andate le riforma di Grecia e Italia,
le pressioni della UE per tassare la ricchezza immobiliare italiana,
la sola parola riforma dovrebbe far tremare le vene e i polsi e far arrendere gli ucraini domani.


Senza dimenticare un leggero problema di democrazia:

la Von Der Leyen ha chiesto agli europei, ai cittadini, cosa ne pensano?

Non hai governanti, ma ai cittadini.

Anche perché sia Francia sia Germania non sembrano poi così entusiaste dell’entrata di Kiev nella UE,
Macron ha parlato di un processo che durerà 15 o 20 anni, non esattamente di breve termine.


Se la Von Der Leyen volesse veramente un’Europa forte, anche nella difesa,
lascerebbe libera, anche dalla propria presenza, l’economia europea,
perché l’idea che ha lei di una UE “Austera”, quindi povera,
ma con un forte esercito ha un sapore sovietico o nord coreano.

Gli USA prima vinsero la guerra fredda dal punto di vista della ricchezza e del benessere dei cittadini,
e poi corse anche dal punto di vista militare.

Invece la Von Der Leyen fa di tutto per distruggere l’economia europea

con vincoli produttivi, politiche energetiche non testate, “Transizione ecologica” fatta senza analisi d’impatto.

La sua politica pone le basi proprio per la nostra sconfitta in tutti i piani,

e per la decadenza profonda del vecchio continente.


Lei è la migliore alleata di Putin, e la peggiore nemica di chi governa.
 

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