VOLEVO DIRE A TIZIANO FERRO CHE SPESSO NON ME LO SO SPIEGARE NEMMENO IO

Due banche, Citi e Barclays, hanno alzato lunedì le loro previsioni sul prezzo del petrolio,

citando gli effetti delle sanzioni russe sul greggio

ed i ritardi nel rinnovo dell’accordo nucleare iraniano,

senza il quale non ci sarà un aumento significativo del greggio esportato dall’Iran.


Citi Research ha alzato le previsioni sul prezzo del petrolio

a causa dei pesanti ritardi nell’ottenere un altro accordo sul nucleare iraniano,

che contribuiranno alle condizioni di mercato rigide per il greggio.


Citi vede ora l’alleggerimento delle sanzioni per l’Iran nel primo trimestre del 2023,
con un’aggiunta di 500.000 bpd nella prima metà e di 1,3 milioni di bpd nella seconda metà.

Ciò è in contrasto con la sua precedente previsione,
che ipotizzava che l’alleggerimento delle sanzioni iraniane – e quindi l’aggiunta di greggio – sarebbe arrivato a metà del 2022.

Ora che siamo già a metà giugno e le trattative sembrano essersi arenate,
lo scenario precedente di Citi sembra altamente improbabile.



La previsione di Citi per il secondo trimestre del 2022 sul Brent è ora di 113 dollari al barile,
rispetto ai 99 dollari al barile della previsione precedente.

Citi ha inoltre alzato le previsioni per il terzo e quarto trimestre rispettivamente a 99 e 85 dollari al barile.

Per il 2023, Citi ha alzato le previsioni sul prezzo del Brent a 75 dollari, contro i 16 dollari al barile.



Anche Barclay’s ha alzato le sue previsioni di prezzo
citando le sanzioni sul greggio alla Russia da parte dell’UE.

Barclay vede il WTI a 108 dollari per entrambi gli anni.

La stima di Barclay presuppone che la produzione di greggio della Russia diminuirà di 1,5 milioni di bpd entro la fine dell’anno,
dopo che giovedì scorso gli ambasciatori dell’Unione Europea hanno approvato il piano
per vietare le importazioni russe via mare di greggio in sei mesi e di prodotti raffinati in otto mesi.


Il pacchetto di sanzioni comprende anche il divieto di assicurazione delle navi cisterna per le spedizioni russe verso Paesi terzi,
che entrerà in vigore sei mesi dopo l’adozione formale del pacchetto.
 
Il Kazakistan ha cercato di rinominare il proprio petrolio, che esporta attraverso i porti russi,

nel tentativo di distinguerlo da quello russo e di rischiare di vederlo sanzionato in modo ufficiale o ufficioso


Il petrolio estratto in Kazakistan è stato ribattezzato KEBCO – Kazakhstan Export Blend Crude Oil –
ha riferito la Reuters il 3 giugno, citando CNPC-Aktobemunaigaz,
un produttore di petrolio kazako che spedisce il suo prodotto attraverso i porti russi.

Finora veniva esportato insieme a quello russo sotto il marchio REBCO, Russian Export Blend Crude Oil,
che il mondo conosce meglio semplicemente come greggio degli Urali.


Ora il REBCO vale un terzo in meno rispetto al normale Brent, per cui il kazakistan vuole andarsene.


Il greggio Urals normalmente viene scambiato al di sotto del prezzo del Brent.

Ma “lo sconto della qualità russa rispetto al Brent si è ampliato,
poiché gli acquirenti tradizionali del greggio si sono ritirati
a causa di un misto di restrizioni ufficiali e autosanzioni”, ha riferito Bloomberg il 31 maggio.


Tenendo conto di tutto ciò, non c’è dubbio che Aktobemunaigaz
abbia attribuito la nuova denominazione del petrolio kazako ai “recenti e significativi cambiamenti geopolitici”.


L’obiettivo è quello di “evitare gli effetti negativi dei cambiamenti sulle esportazioni di petrolio kazako attraverso i porti russi”, ha dichiarato la società.


Fonti delle compagnie petrolifere kazake coinvolte nel commercio attraverso i porti russi
hanno dichiarato alla Reuters che il nuovo nome sarà utilizzato nella documentazione ufficiale a partire dal 6 giugno.


“È una misura necessaria, in modo che il nostro petrolio non venga sanzionato,
mentre il suo nome mostra chiaramente il Paese di origine nei documenti”,
ha detto l’agenzia citando un commerciante senza nome.


“Altrimenti avremo problemi ad aprire lettere di credito”.


L’anno scorso circa il 96% delle esportazioni ha raggiunto il mondo attraverso la Russia,
questo crea un problema di immagine per il petrolio kazako.
 
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Qualcuno chiami "il migliore".


Il mercato torna a guardare all'Italia con preoccupazione,
coi rischi di frammentazione che potrebbero aumentare rapidamente.

E' quanto scrive BofA Global Research nel report 'Europe Economic Weekly'.



"L'indebolimento delle prospettive macro e il percorso di normalizzazione della Bce stanno risvegliando le preoccupazioni del mercato".

"Analizziamo la sostenibilità del debito italiano da una prospettiva dinamica,
incorporando le sfide alla crescita derivanti dalla guerra e dai prezzi dell'energia, nonché il cambiamento del mix di politiche".


Il report sottolinea che "i rischi di frammentazione potrebbero crescere rapidamente, con l'Italia in primo piano.
La risposta è ancora più politica fiscale, politica permettendo".


Al momento BofA prevede rialzi dei tassi cumulativi da parte di Francoforte per 150 punti base quest'anno,

con movimenti di 50 punti in luglio e settembre.



In un'altra nota Barclays
dice di aspettarsi un rialzo con incrementi da 25 punti base in ognuno dei meeting Bce da luglio a dicembre
e poi un altro nel primo trimestre del prossimo anno, che porterebbe il tasso Bce allo 0,75%.


Il benchmark decennale italiano oggi rende attorno a 3,34% dopo essere salito venerdì fino a 3,41% sui massimi da novembre 2018.


Lo spread sul Bund, che venerdì pomeriggio aveva raggiunto 213 punti, ora è a circa 207 punti base.


Il relativo raffreddamento dopo il pesante sell-off è anche legato alla notizia del 'Financial Time'
secondo cui il board di Francoforte lavora a una proposta per creare un nuovo programma di acquisto bond
se necessario a sostegno dei Paesi alle prese con crescenti costi di finanziamento come l'Italia.
 
Le scadenze fiscali del 16 giugno
Dopo gli adempimenti IVA di metà mese,
il primo vero tax day è quello del 16 giugno,
giorno in cui è prevista la scadenza ultima per il versamento delle ritenute alla fonte
e dei contributi INPS da parte dei sostituti di imposta.

Stesso termine per gli adempimenti periodici IVA mensile (relativa al mese precedente).


Entro il 16 giugno bisogna anche pagare la prima rata IMU 2022.

Si tratta del 50% dell’imposta dell’imposta sugli immobili,
dovuta anche sull’abitazione principale di lusso (categorie catastali A1, A8 e A9).

Ci sono una serie di esenzioni e agevolazioni IMU (anche legate al Covid)
e agevolazioni per determinate categorie di proprietari di immobili,
come lo sconto per gli immobili dati in comodato d’uso ai parenti di primo grado.


Le scadenze fiscali del 30 giugno
L’ultimo giorno del mese è il termine per pagare le tasse che risultano dalla dichiarazione dei redditi.
Per la precisione, il saldo 2021 e il primo acconto 2022 di IRPEF, IRES, IRAP, cedolare secca e imposte sostitutive.

Ricordiamo che è possibile effettuare il versamento in un’unica soluzione oppure in sei rate,
la cui scadenza dipende dal possesso o meno di una partita IVA.
  • Per i contribuenti IRPEF le rate scadono l’ultimo giorno del mese (l’ultima è il 30 novembre),
  • con quella di luglio che può essere pagata entro il 22 agosto (in considerazione della pausa estiva).

  • Le Partite IVA, dopo la prima rata del 30 giugno,
  • devono effettuare i successivi versamenti entro le seguenti scadenze:
  • 18 luglio, 22 agosto, 16 settembre, 17 ottobre, 16 novembre.

Le imprese e le attività che hanno utilizzato nel 2021 aiuti Covid
(contributi a fondo perduto, crediti d’imposta, altre agevolazioni),
devono inviare specifica comunicazione web all’Agenzia delle Entrate,
seguendo le indicazioni contenute nel provvedimento del 27 aprile 2022.

Attenzione: si tratta di una comunicazione che riguarda solo gli operatori economici e non le persone fisiche,
trattandosi di un adempimento previsto per verificare il rispetto dei tetti europei sugli aiuti di Stato.



Coloro che vogliono chiedere l’esenzione dal canone RAI per il mancato possesso dell’apparecchio televisivo,
in relazione al secondo semestre dell’anno
(qualora abbiano inviato tardivamente la comunicazione annuale a gennaio
e si trovino dunque nella condizione di dover rinnovare la richeista di esonero dal pagamento del canone in bolletta elettrica)
devono inviare la “Dichiarazione sostitutiva relativa al canone di abbonamento alla televisione per uso privato“.

Come noto, si tratta dell’ultimo anno in cui il canone RAI si paga assieme alla fornitura di energia elettrica: dal 2023 si torna a separare separatamente.



Ricordiamo infine che è in corso la stagione dichiarativa 2022:

dal 23 maggio sono disponibili le dichiarazioni precompilate

e dal 31 maggio è possibile modificare e inviare i modelli.



Nel mese di giugno scattano altre due scadenze:

dal 6 al 20 è giugno è possibile annullare il 730 già inviato e sostituirlo con uno corretto
(operazione che si può effettuare una sola volta, utilizzando l’apposito applicativo web).


Dal 6 giugno è anche possibile inviare il modello Redditi correttivo, per modificare una dichiarazione già inviata.
 
Fine di un’epoca

Il denaro a costo zero sarà presto solo un ricordo.

La Banca centrale europea alzerà il tasso di interesse dell’Eurosistema a luglio dello 0,25%.


Una mossa necessaria per contrastare il livello di inflazione che, nell’Eurozona, ha raggiunto l’8,1% a maggio 2022.

E non è finita.

La Eurotower si aspetta inoltre di «alzare nuovamente i tassi a settembre».


L’effetto non sarà solo sui mercati finanziari ma anche sui consumatori che vedranno crescere il costo di mutui e prestiti.

La corsa continuerà.

Dopo settembre «ci si attende che un ritmo graduale, ma sostenuto, di ulteriori aumenti sarà appropriato».

«I dati ci dicono che

l’inflazione resterà molto alta per un po’ di tempo e che

la moderazione dei prezzi dell’energia,

la ripresa della produzione industriale dopo la pandemia e

la normalizzazione della politica monetaria

comporterà un calo dei prezzi, portando l’inflazione media

nel 2022 al 6,8%,

nel 2023 al 3,5% e nel

2024 al 2,2%,

ma se l’incremento dei prezzi persiste a settembre ci adopereremo per un rialzo dei tassi dell’Eurosistema ancora più significativo»,

ha detto la presidente della Bce, Christine Lagarde, al termine della riunione del Consiglio direttivo.

Non solo.


Il cambio di passo rispetto all’epoca di Draghi a Francoforte riguarda anche il piano di acquisti di titoli di Stato che avevano consentito il contenimento dello spread.


Fine dunque, sempre dal primo luglio, degli acquisti netti di attività nell’ambito del Paa (Programma di acquisto di attività, App).


La Bce «intende continuare a reinvestire, integralmente, il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del Paa
per un prolungato periodo di tempo successivamente alla data in cui inizierà a innalzare i tassi di interesse di riferimento della Bce
e, in ogni caso, finché sarà necessario per mantenere condizioni di abbondante liquidità e un orientamento adeguato di politica monetaria».


Mosse già conosciute ma comunque sufficienti a mandare al tappeto le Borse europee.

Milano è stata la peggiore e ha chiuso in rosso dell’1,90.

Poco meglio Francoforte e Parigi con perdite rispettivamente dell’1,7% e dell’1,4%.


Le scelte monetaria sono state frutto di «discussioni molto produttive ad Amsterdam»,

che «si sono concluse con decisioni prese all’unanimità» ha osservato Lagarde.


Per ora tutti d’accordo.
 
La decisione di porre fine alla vendita delle auto a benzina e diesel a partire dal 2035 è oramai in dirittura d’arrivo.

Dopo il voto favorevole al Parlamento europeo ora la parola passa al Consiglio dell’Unione europea,
una sorta di Consiglio dei ministri specifici per materia, in questo caso dell’ambiente,
dei 28 Paesi membri ove i provvedimenti per passare devono ottenere una maggioranza del 55 per cento.

Facendo una rapida conta dei Paesi che con la costruzione delle auto non hanno nulla a che fare,

è facilmente prevedibile l’esito del prossimo passaggio.


Il compositore francese Philip Abussy dichiarò che il rombo del motore di una Ferrari è musica

e l’Italia che nel settore produce le più belle opere d’arte del mondo sarà il Paese più penalizzato dal provvedimento.



L’impatto non sarà solo musicale,

lo sarà anche sociale

e non riguarderà solo le automobili di lusso,

ma tutta la filiera.


È infatti stimata una perdita di più di 70mila posti di lavoro che non saranno compensati dalle circa 6mila posizioni che creerà la mobilità elettrica.


L’obiettivo è l’emissione zero

e poco importa che a traguardarlo sia solo una porzione di pianeta

in cui il parco d’auto circolante non sia proprio rilevante

rispetto al miliardo e mezzo di veicoli nel mondo.



Già la vicina Inghilterra, appena uscita dai vincoli europei,

gongolerà e continuerà a produrre splendide Jaguar, Aston Martin e Range Rover con motori tradizionali.


Altrettanto faranno Cina, Usa, Giappone e Corea, Paesi costruttori con primati nei numeri ma non nell’estetica.


All’Italia non resta che leccarsi le ferite e correre ai ripari, per quanto possibile in così pochi anni.

Speriamo solo che dopo le opere d’arte ruotate

non tocchi poi anche ad altre creazioni artistiche.


Il debito è elevatissimo e presto gli interessi andranno pagati a tassi crescenti.


I beni patrimonio dell’umanità in Italia sono tanti, anche qui il primato è mondiale,

e potrebbero far gola a tutti coloro che ora festeggiano la fine dell’era gloriosa dell’automobilismo tradizionale italiano.


MA UNA ALTERNATIVA ESISTE.

SEGUIRE L'INGHILTERRA.

E FORA DI BAL DA QUESTA MESCHINA EUROPA.

.
 
Il 3 gennaio del 2022 lo spread tra i tassi tedeschi e quelli italiani si attestava a 134 punti base.


Dall’inizio dell’anno ad oggi il differenziale di tasso tra il debito sovrano tedesco e quello italiano
si è incrementato di oltre il 51 per cento, quasi un aumento dell’1 per cento.

La decisione presa dalla governatrice della Banca centrale europea, Christine Lagarde,

di chiudere il Quantitative easing e di pianificare tra luglio e fine anno

un aumento dei tassi di riferimento dello 0,75 per cento ha incrementato la propensione al rialzo dello spread.


L’Unione europea, dopo l’entrata in vigore dell’euro, il primo gennaio 2002,

è lontana anni luce dallo spirito e dagli ideali che hanno reso possibile la sottoscrizione del Trattato di Roma del 1957.




Le tappe fondamentali del cammino comune che ne hanno determinato il successo partono dal 1949 quando viene costituito il Consiglio d’Europa.

Nel 1951 nasce la Ceca (Comunita economica del carbone e dell’acciaio) ad opera di statisti del calibro di: Jean Monnet. Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi.


Nel 1957 nasce la Comunità economica europea (Cee).

I Paesi fondatori: Italia, Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi.

La libertà di scambio dei fattori produttivi all’interno del mercato comune europeo
ne determinano la crescita economica, lo sviluppo sociale e la ricchezza dei Paesi fondatori.

Per supportare e facilitare gli scambi tra i Paesi membri si rese necessario la creazione di un sistema di pagamento comune,
alternativo al dollaro, e venne istituito lo Sme (Sistema monetario europeo).


Era un sistema di cambi fissi tra le diverse monete di conto.


Erano, tuttavia, possibili oscillazioni delle quotazioni delle valute entro un range predefinito che prese il nome di “serpente monetario europeo”.

Nel 1979 nasce l’Ecu (European current unity) che era una moneta virtuale
il cui valore era determinato dalla media aritmetica ponderata delle quotazioni delle valute:

lire, franco, marco, peseta, dracma ecc. il cui peso aveva come sottostante la forza economica di ogni singola nazione.


Il primo gennaio del 1994, dopo il trattato di Maastricht,
nasce Ime (Istituto monetario europeo)
ovvero l’embrione di quello che diventerà poi la Banca centrale europea con l’introduzione della moneta unica.


La Banca d’Italia, con l’introduzione dell’euro,

perde la facoltà di istituto di emissione della lira

e in conseguenza l’autonomia monetaria (creditore di ultima istanza).


In sostanza, l’Italia che nella sua storia ha sempre ottemperato al pagamento del proprio debito,

diventa un Paese che presenta rischi di sostenibilità del proprio debito sovrano.



Il perpetuarsi della crisi in essere e l’egoismo dei cosiddetti “Paesi frugali” porterà ad uno sfaldamento dell’attuale Unione europea.


E' L'ULTIMA SPERANZA PER IL NOSTRO SISTEMA - AGRICOLO - INDUSTRIALE - COMMERCIALE - DI VIVERE.
 
Un sentito ringraziamento a tutti i "migliori" che ci governano.

A tutte le eccelsi mente europee.



La Russia continua con il taglio delle forniture di gas

ed a fronte di una richiesta giornaliera di gas da parte di Eni pari a circa 63 milioni di metri cubi,

Gazprom ha comunicato a Eni che fornirà solo il 50% di ciò che è stato richiesto,

ma il problema principale di questa vicenda sono gli stoccaggi.



Stoccaggi in calo

Nei primi sedici giorni di giugno,
negli stoccaggi italiani sono stati immessi poco più di 0,8 miliardi di mc di gas,
il 25% in meno dell’analogo periodo del 2021
ed il 39% in meno che nel 2019.


Il tasso medio delle immissioni è in calo rispetto alle scorse settimane.



Giovedì, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov,
ha affermato che le riduzioni dell’offerta non sono state premeditate e sono legate a problemi di manutenzione.

Ma il primo ministro italiano, Mario Draghi, ha respinto la sua spiegazione:
“Sia la Germania che noi, e altri, crediamo che queste siano bugie.
In realtà, stanno facendo un uso politico del gas,
come se stessero usando il grano per lo stesso uso”,

ha detto Draghi, in una conferenza stampa, durante una visita a Kiev con i suoi omologhi tedeschi e francesi.


Come riporta La Stampa,
l’Italia punta a riempire il sistema di stoccaggio del gas del Paese
fino ad almeno il 90% della capacità in tempo per il prossimo inverno
.

Lo stoccaggio è al 54% della capacità a partire da giovedì.

L’Italia ha ridotto la sua dipendenza dalle forniture di gas dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina a febbraio.



Il governo starebbe lavorando per ridurre in maniera strutturale i consumi di gas,

con alcuni provvedimenti pronti a scattare subito in caso di interruzione delle forniture:

verrebbe imposta una temperatura massima,

nonché un numero di ore per l’accensione degli impianti nelle case e negli uffici.


Sono previste, inoltre, limitazioni anche per l’illuminazione pubblica

sia nelle città, sia lungo la rete stradale extraurbana.



Potrebbero essere coinvolte anche le centrali a carbone per aumentare la produzione di energia elettrica.

Sono ancora 6 quelle in attività in Italia: 2 in Sardegna, a Venezia, a Monfalcone, a Civitavecchia e a Brindisi.

Sono destinate a chiudere entro il 2025, ma possono essere utilizzate in emergenza.

Gli operatori sarebbero già stati pre-allertati, ma si procederà solo in caso di blocco dell’import dalla Russia.


L’obiettivo è quello di sostituire 5 miliardi di metri cubi di gas.

Il gas però può essere fornito anche via mare nella forma di gas naturale liquefatto (Gnl)
ai tre rigassificatori italiani a La Spezia, Livorno e Rovigo.

La quota di importazioni potrebbe salire di altri 5 milioni,
visto che gli impianti potrebbero lavorare un 20-25% di materia prima in più.

Dal Qatar, uno dei maggiori paesi produttori, che spedisce il suo gas a Rovigo, ma anche da Egitto e Israele.

Anche gli Stati Uniti hanno promesso almeno 30 miliardi di Gnl in più all’Europa per il prossimo inverno, di cui una parte all’Italia.

Per questo il gruppo Snam ha acquistato una nave rigassificatrice da posizionare al largo di Piombino,

mentre una seconda nave dovrebbe arrivare per fine anno nel porto di Ravenna
.

Nella strategia del governo italiano si prevede, inoltre, di estrarre più metano dai giacimenti in Italia,
nello specifico nel basso Adriatico e di attivarne di nuovi, probabilmente sull’Alto Adriatico.


Entro la fine di giugno, è atteso un decreto per rinnovare per il terzo trimestre tutti gli sconti sulle bollette
e per tornare a tagliare le accise sulla benzina.

Lo sconto sulla benzina potrebbe essere aumentato rispetto agli attuali 30 centesimi.

Potrebbero arrivare anche aiuti specifici per il settore della pesca.

Allo studio c’è, poi, un taglio del cuneo fiscale fino a fine anno.


Ma, per ora, siamo costretti a fare rifornimento benzina ad oltre 2 euro al litro,

con tutti le problematiche ed i disagi del caso.


GRAZIE GOVERNO
 

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