IO NON HO DIFETTI... HO PREGI CAPOVOLTI

Succede quando si danno le chiavi delle città a degli incapaci


Il sindaco pentastellato di Livorno, Filippo Nogarin, deve rassegnarsi all'idea:
Chiara Bosi, la mamma cacciata dalla casa famiglia Il Melo dove, al suo posto, sono attualmente ospitati extracomunitari, aveva ragione.

La Asl di Livorno ha infatti comunicato all'amministrazione comunale che la struttura di via Carducci,
era stata proposta come soluzione alternativa alla giovane mamma, non è attualmente idonea a ospitare famiglie.

I responsabili dell'ufficio igiene, sanità pubblica e nutrizione, in seguito a un esposto della Bosi,
hanno fatto un'ispezione nell'edificio, rilevando che l'abitazione proposta a Chiara, che attualmente risiede in un'altra struttura,

«consiste in un unico vano di superficie utile di 10 metri quadri, con un'altezza interna di 3,45 metri,
facente parte di un appartamento posto al piano terreno di un edificio di tre piani di proprietà comunale, adibito a emergenza abitativa».

Nel documento si specifica che «le pareti del corridoio di accesso sono risultate ricoperte di muffa con sfaldamento dell'intonaco e umidità capillare per oltre 1,5 metri».

Nella chiostra esterna si trovano «anche vari contatori del gas» e un estintore «privo di targhetta che attesti le manutenzioni effettuate».
Si dice poi che «il vano controllato, provvisto di finestra con sbarre un tempo era adibito a cucina»,
ma visto che non esistono rubinetti «l'erogazione idrica al momento non è possibile».

Oltretutto, «nello spessore del muro delle pareti del locale è stata rinvenuta umidità capillare,
ineliminabile se non con straordinari interventi manutentivi, per oltre 2 metri dal pavimento
ed è stata notata la presenza di fili elettrici sopra la parete piastrellata e sul soffitto».

Nel bagno non ci sono né «corrente elettrica, né erogazione di acqua» e lo stesso «è sprovvisto di finestra».

Il sindaco dovrà pertanto «attivare gli uffici comunali competenti affinché provvedano a eliminare, non solo nel vano assegnato» a Chiara,
ma «anche negli altri locali dell'appartamento», dove già abitano altre mamme con figli,
«gli inconvenienti igienico sanitari e manutentivi rilevati nel corso del sopralluogo, a ripristinare l'impianto elettrico e l'erogazione idrica,
come pure la funzionalità dell'impianto di riscaldamento».

Ma non è finita, perché si è rilevato anche che «il vano controllato è idoneo a ospitare non più di una persona».

L'amministrazione, invece, voleva far abitare proprio in quei dieci metri quadri sia Chiara che i suoi tre figli.
 
Nei giorni scorsi Nogarin ha scritto sulla sua pagina Facebook:

«Così lavora l'amministrazione Cinque stelle: riceve una segnalazione dai cittadini o dai media e subito cerca di affrontare il problema»
 
Scusa Val, non ho seguito la vicenda M5s NOgarin...quindi lui avrebbe trovato un locale inidoneo per un'italiana per dare il posto ad extracomunitari dove prima abitava?...ciao
 
Questo è quanto leggo .

Il Melo è una struttura protetta nata per aiutare le mamme con minori, che hanno subito violenze
e abbandono dai propri ex per ritrovare la serenità e l’equilibrio di un nucleo familiare stabile, per minori intendo bambini dagli 0 ai 6 anni.
L’abbandono da parte della figura paterna causa molti problemi ai bambini soprattutto se è legata anche a fatti di violenza familiare,
tant’è che le assistenti sociali ci hanno fatto togliere pure il murales di Omar Simpson dalla parete perché rappresenta comunque una figura maschile adulta.
La struttura è priva di pareti separatrici e di stanze chiuse, è un ambiente unico fatto in modo da farci interagire fra di noi mamme e bambini in maniera naturale.

In questi giorni ci siamo viste arrivare all’improvviso due dipendenti del Comune che ci hanno informate che da lunedì
sarebbero arrivati dei minori non accompagnati, ricordo che la struttura è completamente aperta e accessibile, fatta a misura delle mamme e dei loro figli,
sottolineo che sono minori al di sotto dei 6 anni.

Invece sono arrivati degli uomini adulti, ci dicono di 17 anni, ma comunque uomini e ci siamo ritrovate catapultate in una situazione di disagio continuo,
invece di essere nella situazione di protezione in cui il centro ci aveva fatto stare fino a quel momento.
E’ capitato che alcuni di loro sono andati al bagno mezzi nudi, loro vanno bene e il murales di Omar Simpson ricorda troppo un uomo adulto?

La struttura è senza barriere permette solo la coesistenza di mamme e figli al di sotto dei 6 anni
e non un ambiente promiscuo con uomini adulti di diciassette anni e oltre (non è un problema di colore della pelle).
Le porte della cucina e dei bagni non hanno chiavi tanto per far rendere l’idea.

A questo punto abbiamo protestato perché inascoltate e ci è piombato addosso di tutto anche le accuse di razzismo,
provate voi ad ospitare qualcuno in casa vostra che può entrare liberamente in qualsiasi stanza, magari nel bagno mentre vi lavate o fate i bisogni!

Oggi esattamente cosa è successo?
Verso le 12,30 abbiamo sentito delle urla e volare delle sedie, il personale di servizio ci ha chiuse in cucina,
chiuse per modo di dire visto che la porta non ha chiave.
Alla fine vista la situazione non hanno potuto fare a meno di chiamare la polizia, che è intervenuta per proteggerci.
 
Livorno, 21 settembre 2016 - Gli assistenti sociali sono stati chiari: Chiara Bosi non vuol accettare la nuova soluzione abitativa proposta dal Comune di Livorno
e, allora, lunedì mattina dovrà andarsene anche dalla casa famiglia «Il Melo», dove vive ormai da tempo assieme ai tre figli, tra cui uno di pochi mesi.

La giovane mamma, ieri mattina, vista l’incompatibilità con gli ospiti extracomunitari della struttura (arrivati dopo di lei)
è stata accompagnata da un responsabile dell’Arci, che gestisce il secondo edificio, a visitare il centro di accoglienza per mamme nella zona stazione
(omettiamo il numero civico per ovvi motivi di priovacy).

«Poco meno di 12 metri quadri – racconta Chiara – in cui dovrei abitare coi miei tre figli. Lì non c’entrano neanche due letti, figuriamoci quattro. Peraltro, la stanza non è neanche ammobiliata».
Nello stesso edificio abitano altre tre famiglie: una donna con una bambina, una trentottenne con un figlio di 10 e una extracomunitaria con tre figli.

Hanno tutte alloggi che vanno da un minimo di 9 a un massimo di 12 metri quadri. Dormono anche in quattro in un letto matrimoniale.
«Stiamo qui ormai da due anni – raccontano – e non ci spostano altrove, nonostante sappiano benissimo in che condizioni siamo costretti a sopravvivere”.
Muffa e umidità alle pareti, fili della luce scoperti, piatti che si possono lavare solo nel lavandino del bagno, perché la cucina non c’è e sono costretti a cucinare con un fornellino a gas.
Le stoviglie le tengono fuori, in una dispensa appoggiata in cortile, perché all’interno non c’è spazio.

Una “soluzione” che la dirigente comunale Senia Bacci graziani definisce “temporanea”, ricordando che per l’emergenza abitativa (dati di marzo 2016),
ci sono state solo 16 assegnazioni e ci sono 1.805 persone in attesa. Così temporanea che c’è chi ci sta da due anni.
Benché si tratti di una struttura per donne che sono inserite in un programma, però, non si capisce come mai le condizioni di vita di questa gente siano al limite della decenza.
 

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