Che vuoi che sia la
libertà?
Ormai in due anni di restrizioni,
di dpcm sui congiunti,
di caccia coi droni ai bagnanti
e di forsennati green pass
abbiamo assistito (purtroppo) a quasi tutto.
L’abitudine è un potente calmante.
Al punto che un senatore della Repubblica può dire in Parlamento
che non dobbiamo “cedere alla voglia di libertà” senza che i suoi colleghi lo coprano di fischi.
Non ce ne abbia
Sandro Ruotolo. Ma qui occorre analizzare
il suo intervento di ieri
nel corso del dibattito parlamentare sul decreto del 24 dicembre,
quello che
prorogava lo stato di emergenza al 31 marzo,
riduceva la durata del green pass (due dosi) a sei mesi
e disponeva l’uso del green pass rafforzato al ristorante.
Il video del senatore sta impazzando in rete.
“Proprio sui giornali di oggi – ha detto Ruotolo – c’è l’appello, l’invito, di tutto il mondo
a cessare l’attuale fase di emergenza, di pandemia. Ma
non è il momento ancora di cedere alla ‘voglia’ di libertà“.
Esatto, proprio così.
“Cedere alla voglia di libertà”,
al netto delle virgolette che non modificano il senso profondo della frase.
Come se non stessimo parlando un diritto naturale.
Come se “essere liberi” non fosse una condizione del cittadino in teoria scritta in quella Carta costituzionale resa ormai carta straccia.
A questo ci hanno portato lockdown veri e burocratici:
a convincerci, come sostiene Gramellini, che le mascherine “ci mancheranno”;
a pensare che mostrare un lasciapassare per prendere un caffè non sia chissà quale sacrificio;
a credere che “la libertà” sia solo un desiderio, un favore che lo Stato di volta in volta “concede”.
Non ora, non oggi, dice Ruotolo :
“Non siamo ancora alla fine della pandemia”.
E poco importa se tutto il mondo viaggia verso le riaperture totali.
Poco importa se siamo il Paese con le restrizioni più ferree.
L’Italia è fatta così: prima ci obbligano a indossare le mascherine all’aperto, misura di discutibile utilità,
e poi quando magnanimamente tolgono l’obbligo ti fanno credere che “l’Italia riparte”.
È una balla, e lo sa pure chi la spaccia come verità:
al chiuso dovremo ancora portare Dpi,
gli stadi sono ancora al 50% della capienza,
il super green pass serve ovunque.
In fondo ha ragione da vendere
Marcello Veneziani.
“La mia preoccupazione – diceva a Quarta Repubblica pochi giorni fa –
è che la cappa sperimentata nel periodo della pandemia diventi una norma quotidiana:
un po’ entrerà nelle nostre teste e nostre abitudini;
un po’, attraverso un sistema di restrizioni e vigilanza,
ci farà vivere in un’atmosfera opprimente e uniforme”.
Il motto di questa (orribile)
nuova normalità l’ha già ideato Sandro Ruotolo.
Campeggerà sulle facciate del prossimo Ministero del Covid:
“Non è il momento di cedere alla voglia di libertà”.
Orwell l’aveva solo scritto più in breve: “La libertà è schiavitù”.