VOLEVO DIRE A TIZIANO FERRO CHE SPESSO NON ME LO SO SPIEGARE NEMMENO IO

Conclusioni

Anche con questa nuova ipotesi operativa

l’evidenza dei dati mostra che il booster non porta alcun sostanziale beneficio

in termini di protezione al contagio nelle fasce di età 12-39 e 40-59 e 60-79.



Assodato che la probabilità di essere contagiati da Omicron è sostanzialmente equivalente per tutti,
i rischi, una volta verificata la positività, risultano addirittura aumentati per chi ha fatto la terza dose
rispetto a chi ha fatto le due dosi anche da molto tempo;

questo vale per tutte le fasce d’età prese in considerazione, eccezion fatta per la fascia over 80,
in particolare perché aumentano il rischio ospedalizzazione per le fasce 12-39, 40-59 e 60-79
(per gli under 60, addirittura, il rischio di essere ospedalizzati dopo essere stati contagiati
è paragonabile se non maggiore anche a quello dei non vaccinati),

ed anche il rischio di morte da contagiati e/o ospedalizzati per le fasce 40-59 e 60-79 è più alto
per chi ha scelto di fare il booster rispetto a chi non l’ha ancora fatto.


Per tale motivo rimane fondamentale e di primaria importanza valutare le specifiche esigenze sanitarie del singolo individuo

e non insistere con una vaccinazione di massa su individui sani
,

dove la bilancia rischio/beneficio, soprattutto sotto i 60 anni, inizia ad essere molto sbilanciata con il diminuire dell’età.


Anche da questa nostra nuova analisi emerge che è necessario

interrompere immediatamente la somministrazione di terze dosi

per le fasce 12-39 e 40-59 e renderla facoltativa per la fascia 60-79 e per i fragili.



Il green pass rafforzato,

costruito con logiche puramente politiche di restrizioni delle libertà,

diventa uno strumento che forza la popolazione under sessanta

ad aumentare i rischi di essere ospedalizzati e di morire,

come si evince dalle tendenze dei grafici presentati.



Pertanto, il Green Pass e l’obbligo vaccinale andrebbero eliminati immediatamente,
consentendo ai cittadini di effettuare una scelta basata sulla valutazione del rischio/beneficio sanitario individuale.

In un momento in cui diversi paesi europei stanno togliendo tutte le restrizioni
e mirano a convivere con un virus diventato endemico,

perché hanno capito che il rischio zero con l’immunità da vaccino non esiste,

il nostro paese invece continua ad andare nella direzione opposta.



Questa nostra analisi conferma e consolida i risultati della prima.

Non pretendiamo di avere in tasca la verità,
ma pretendiamo che il ministro Speranza sia chiamato in Parlamento a riferire su queste analisi,
e se si dimostrassero corrette dovrebbe dimettersi,
o dovrebbero essere chieste le sue dimissioni.
 
Questo l'articolo precedente.


Con l’aiuto dell’Ing. Giuseppe Cutuli di Trieste,
operante nel campo della ricerca e dello sviluppo e appassionato di statistica,
proponiamo la seguente analisi sull’efficacia della dose booster,
prendendo in considerazione i dati dei report pubblicati dall’Iss,
ma riorganizzati in modo tale che le analisi di incidenze facciano riferimento allo stesso periodo.


Come propone i dati l’ISS
Se prendiamo ad esempio il report del 28 dicembre,
notiamo che la famosa tabella 5 nella quale vengono riportati i numeri dei contagiati,
ospedalizzati e dei decessi, in termini di periodo temporale viene così costruita:

  • Popolazione Vaccinata – data puntuale: 11 dicembre 2021

  • Contagiati – dal 26 novembre al 26 dicembre 2021

  • Ospedalizzazioni -dal 12 novembre al 12 dicembre 2021

  • Decessi – dal 5 novembre al 5 dicembre 2021
L’informazione complessiva, quindi, che viene fornita in ogni singolo report,

rappresenta una “picture” traslata all’indietro nel tempo.



Mettere in un rapporto dati che mostrano i valori più gravi riferiti a periodi passati (vedi i decessi),

in una fase di aumento delle terze dosi e dei contagi,

consente di suscitare l’impressione che le incidenze dei ricoveri e dei decessi,

riferiti alla popolazione che ha fatto il booster,

siano meno alti di quanto non siano realmente.

 
I risultati dell’analisi

Per l’analisi relativa agli effetti della dose booster sulla popolazione,
le conclusioni che emergono dai dati ufficiali, sono stati organizzati in termini di incidenza

uno ogni …” (se, per esempio, analizzo l’incidenza dei non vaccinati in termini di ospedalizzazioni rispetto ai contagi,
intendo dare una risposta alla domanda: ogni quanti contagiati non vaccinati, avrò un non vaccinato ospedalizzato? Uno ogni …?“).


Le nostre conclusioni sono le seguenti:

1. Con l’arrivo di Omicron (da metà dicembre circa)
la probabilità di venir contagiati si è alzata in maniera spropositata per qualunque fascia di età:

la riduzione della possibilità di venir contagiati da persone vaccinate rispetto alle non vaccinate

quasi si annulla per le fasce d’età 12-39 e 40-59,

resta rilevante per la fascia di età 60-79 e si accentua per gli ultraottantenni.


Note nei grafici: per una migliore comprensione delle linee di tendenza sono stati fatti degli zoom, evidenziati con dei rettangoli rossi, sul periodo temporale più prossimo.



 
2. Chi ha fatto il booster ha più probabilità di essere ospedalizzato

di chi ha fatto solo due dosi anche da più di 120gg

(ovvero di quelli che dovrebbero farsi il booster secondo le indicazioni del Ministero della Salute)

per le fasce d’età 12-39 e 40-59,

si vede un effetto di leggero miglioramento per la fascia 60-79,

l’unico effetto chiaramente positivo si trova nella fascia 80+.


 
3. Chi ha fatto il booster ha più probabilità di morire

di chi ha fatto solo due dosi anche da più di 120gg per le fasce d’età 40-59 e 60-79,

l’unico effetto positivo si trova nella fascia 80+.


Fortunatamente non si sono registrate morti nella fascia 12-39 a causa dei bassissimi numeri di under39 con il booster;
per questo motivo poco si può dire sugli effetti in questa fascia, ma, per analogia con le ospedalizzazioni,
sicuramente si può presumere che il booster non faccia bene nemmeno a loro.








 
C’è chi potrebbe obiettare sui dati relativi alle 3e dosi che fino al 22 novembre erano autorizzati al booster solo gli anziani e i fragili;

l’obiezione, però, non regge con gli ultimi dati che dicono che,

a fronte di poco più di 2 milioni di 3e dosi fatte entro il 22 novembre,

oggi abbiamo più di 14 milioni di booster, numeri più che sufficienti per diluire l’handicap della partenza con soggetti più deboli.


Conclusioni

L’evidenza di questi numeri, che sono consolidati,

mostra che il booster con Omicron non porta alcun sostanziale beneficio in termini di protezione al contagio

nelle fasce di età 12-39 e 40-59 e 60-79.



Assodato che Omicron aggira chiunque,
e che quindi la probabilità di essere contagiati è sostanzialmente equivalente per tutti,
non vaccinati e vaccinati di qualunque tipologia,

i rischi,

una volta verificata la positività,

risultano addirittura aumentati per chi ha fatto la 3° dose

rispetto a chi ha fatto le due dosi anche da molto tempo;


questo vale per tutte le fasce d’età prese in considerazione,

eccezion fatta per la fascia 80+.


In particolare aumentano il rischio ospedalizzazione per le fasce 12-39 e 40-59
(in quest’ultima addirittura il rischio di essere ospedalizzati dopo essere stati contagiati
è paragonabile anche a quella dei non vaccinati),

ed anche il rischio di morte da contagiati e/o ospedalizzati per le fasce 40-59 e 60-79 è più alto
per chi ha scelto di fare il booster rispetto a chi non l’ha ancora fatto.


Come sta emergendo sia dalle evidenze dei paesi che prima dell’Italia hanno spinto le 3e dosi (Israele e UK su tutti),

anche i dati italiani mostrano in maniera evidente che le terze dosi per le fasce d’età medio giovani (ma anche la 60-79),

con Omicron che imperversa, sono DANNOSE.



Il compito di chi raccoglie ed elabora i numeri epidemiologici nazionali,
nel momento in cui la politica cerca di capire quali possono essere le azioni da intraprendere per il bene della popolazione,
sarebbe quello di dare indicazioni anche quando queste derivano da numeri
che smentiscono le strategie prese in un momento nel quale i numeri non c’erano ancora.

Chi fornisce questi numeri ha tutti gli strumenti per trarre le stesse conclusioni che emergono da questa nostra analisi, anzi:
gli statistici dell’ISS hanno sicuramente più dati di quelli ai quali abbiamo noi accesso
e possono essere ancora più veloci di noi nel riconoscere queste evidenze.



I numeri dicono che è necessario interrompere immediatamente
la somministrazione di terze dosi per le fasce 12-39 e 40-59, renderla facoltativa per la fascia 60-79 e per i fragili


e “spingere” invece a farla per la fascia degli ultraottantenni.

Di conseguenza deve essere rivista tutta la politica del Green Pass, o per meglio dire va eliminato, per le due seguenti ragioni:


1. Il Green Pass non garantisce di essere meno soggetti al contagio con Omicron:
i numeri dicono che tutti, vaccinati e non vaccinati di qualsiasi tipologia,
hanno le stesse probabilità di contagiarsi, e quindi, di contagiare a loro volta.

2. Il Green Pass, non essendo rinnovabile nel momento in cui si eliminasse il booster per le fasce d’età per le quali risulta dannoso,
danneggerebbe proprio chi si è vaccinato con due dosi e sarebbe meglio evitasse la terza.


Finora i numeri potevano non essere così chiari
da permettere di prendere decisioni in controtendenza
con quelle prese da altri paesi (Israele e UK su tutti) in termini di 3e dosi.
 
Spariamo qualche dato, alla "moda attuale".

Gli abitanti della Lombardia sono 9.981.554.
I cittadini da 0 a 12 anni sono circa 1.000.000

I vaccinati sono circa 8.000.000
Dal che deduco che in non vaccinati siano circa 1.000.000

Sapete quante persone - Ufficialmente - sono state denunciate
positive da 2 mesi a questa parte ? 1.200.000 circa

Adesso sparate a caso, quanti potrebbero essere i vaccinati positivi ?
Se andiamo in proporzione, io dico 1.000.000 circa.
 
Io sto con Riccardo Molinari e spiego perché.

Ridurre tutto alla mera contumelia degli avversari è inutile, oltre che inopportuno e ineducato.

Non serve.

Non aiuta, infatti, a spiegare le ragioni per le quali la si pensa diversamente,
con la convinzione (che non è certezza) di essere nel giusto.


Non mi sorprende che Liberi e Uguali voglia il proporzionale, visto che col maggioritario sparirebbe,

così come sparirebbero (o quasi) i fulgidi pentastellati, che non la spunterebbero in un solo collegio, almeno qui al Nord.

Naturalmente, con la desistenza del Partito Democratico,
sempre pronto a fagocitare le piccole formazioni in attesa della scissione che verrà
(riproponendo il gioco dell’oca), qualche cosa a casa potrebbero portarla.


Mi sorprende, però, che sia il Pd, partito con vocazione maggioritaria e con aspirazioni di Governo, a volere il proporzionale.

E poiché non li reputo (più di tanto) dei fessi, credo che lo facciano per interesse politico egoistico,
pur sapendo che il Paese continuerà a vivere nella frammentazione che lo rende ingovernabile
(o che lo rende governabile solo da tecnici estratti dalla società civile e non dal Parlamento).


Il proporzionale è il vero male di questo Paese.


Una legge elettorale maggioritaria porterebbe chiarezza.


Un bel Partito Repubblicano sarebbe un buon inizio.


Aiuterebbe anche la nascita di un Partito Democratico, liberandoci degli altri.


.
 
La notizia della possibile cessione di Ita Airways

– la compagnia sorta dalle ceneri di Alitalia dopo averne scorporato l’ennesima bad company

va guardata con speranza e con sospetto.


Con speranza perché, se davvero l’ex compagnia di bandiera entrasse nel perimetro di uno dei grandi colossi europei,
forse potrebbe essere l’atto finale di una storia che si è trascinata fin troppo a lungo.

Con sospetto perché, negli ultimi due decenni, Alitalia è già stata “privatizzata” due volte salvo poi rientrare, perdite alla mano, nel recinto pubblico.


Questa volta è diverso?

Forse sì.

Le esperienze passate di “privatizzazione” avevano sempre visto un grande lavorio della politica
per imbastire cordate salvatrici tali da mantenere un legame, per quanto indiretto, col tricolore.

Sia nel 2009 (quando venne acquistata da una cordata italiana),
sia nel 2014 (quando si tentò il matrimonio con Etihad come partner industriale e la curiosa partecipazione delle Poste)
l’ambizione era di garantire l’indipendenza di Alitalia.

In entrambi i casi la compagnia accumulò debiti che finirono in capo al contribuente.

In entrambi i casi, l’obiettivo era di impedire l’aggregazione con gli altri, più grandi vettori europei,
per timore che la perdita dell’italianità potesse infliggere chissà quale umiliazione al nostro Paese.


Adesso la situazione è cambiata.

Come spiega Andrea Giuricin in un Focus dell’Ibl,
l’offerta di Lufthansa e Msc prevede l’integrazione di Alitalia all’interno di una logica di gruppo.

Lo stesso accadrebbe se arrivasse un’offerta concorrente da parte di Air France.

Non è un caso se il dissesto di Alitalia è diretta conseguenza proprio dell’ostinato rifiuto di queste due strade:
nel 2009 si fece di tutto per far saltare l’accordo con Air France,
e nel 2017 l’ipotesi di Lufthansa venne lasciata cadere.

Le soluzioni più strampalate circolate in questi anni,
come l’acquisto da parte delle Ferrovie dello Stato Italiane,
sembrano per fortuna tramontate.

Quindi non resta che vedere cosa deciderà il Governo e a quali condizioni.


Non sappiamo come andrà a finire: la tentazione di dire “ora o mai più” è forte.

Ma è altrettanto forte la tentazione per la politica di non tagliare del tutto il cordone ombelicale che da decenni la lega ad Alitalia.

Per questo, non solo è importante che l’operazione si faccia.

È altrettanto importante che la privatizzazione sia completa e definitiva:
se il Governo mantenesse una partecipazione per quanto piccola nel capitale di Ita Airways,
fosse anche una sola azione, sarebbe l’ennesimo segno di voler tenere aperta una porta che invece va irrimediabilmente chiusa.
 

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