INDOSSO SEMPRE UNA MALEDETTA VOGLIA DI VOLARE...

Quando la terra ti brucia sotto i piedi .......

Carlo Calenda ha bisogno di una cura a base di calmanti.

Il suo attacco a Giorgia Meloni sul caso Sea Watch è decisamente triste e rozzo.

“I migranti vanno fatti sbarcare, gli altri paesi Ue coinvolti (che fanno esattamente quello che fa Salvini) se ne devono fare carico,
il regolamento di Dublino concretamente superato, la Meloni ricoverata in un Tso #SeaWatch”.

Non è la prima volta che l’esponente piddino attacca in modo becero il presidente di FdI.
Forse tanto astio nasce da una cronica agitazione per le cattive sorti della sua parte politica.
O forse, molto più probabilmente, Calenda va in cerca di visibilità.
 
Affondata no dai. Ma requisita e smantellata sì. Il conto mandatelo a soros.

«La Sea Watch ha forzato il blocco? Deve essere affondata»: è l’invito che arriva da Giorgia Meloni


alla notizia che la nave della ong tedesca battente bandiera olandese è entrata in acque territoriali italiane nonostante il divieto delle nostre autorità.
Così afferma il presidente di FdI in un video postato sulla sua pagina Facebook

«Contro la volontà del governo italiano, dello Stato italiano e della sovranità italiana, la Sea Watch viola i nostri confini,
entra nelle acque territoriali italiane con l’obiettivo di portare gli immigrati clandestini che ha a bordo sul nostro trerritorio nazionale.
Lo fa, non solo contro il parere del nostro governo, ma anche contro il parere della Corte europea di Strasburgo
che proprio ieri aveva stabilito che l’immigrazione non è un diritto degli esseri umani
e che quindi quelle persone non potevano essere portate in Italia se il governo italiano non voleva.
Io adesso mi aspetto che il governo italiano faccia rispettare quelle regole che le organizzazioni non governative pensano di violare.
A norma di diritto internazionale, questo singnifica che la Sea Watch deve essere sequestrata,
che gli immigrati che sono a bordo devono essere sbarcati e fatti rimpatriare, che l’equipaggio deve essere arrestato
e che la nave deve essere affondata, come tutte le navi che non rispettano il diritto internazionale».
 
Scialbi personaggi da asilo mariuccia...poverini.

Ora che gennaio è soltanto un lontano ricordo, i piddini si sono (ri)organizzati per preparare la passerella a Lampedusa.

"Gentile comandante, con la presente le formalizziamo la nostra decisione, già preannunciata a voce,
di esercitare le nostre prerogative ispettive salendo a bordo della motonave Sea Watch3
immediatamente con una delegazione di 6 parlamentari. Le chiediamo la disponibilità di un vostro mezzo che consenta la visita istituzionale".

Ecco questa è la richiesta formale che i parlamentari Graziano Delrio (Partito Democratico), Riccardo Magi (+Europa) e Nicola Fratoianni (La Sinistra)
hanno rivolto al comandante della Capitaneria di porto di Lampedusa. A rendere noto il teatrino rosso è il parlamentare piddino Davide Faraone.

Alla fine della fiera, Graziano Delrio, Davide Faraone, Matteo Orfini, Nicola Fratoianni e Riccardo Magi
sono saliti a bordo della Sea Watch 3 con un gommone. Sulla imbarcazione della ong tedesca battente bandiera olandese
sono saliti anche giornalisti, cameramen e fotografi. I parlamentari rossi hanno spiegato di volere "esercitare" le loro "prerogative ispettive".

Intanto, Sea Watch 3 si trova a un miglio dall'ingresso del porto di Lampedusa con i motori spenti.
 
Quello che non capisco. Questa ha violato la legge. Non si è fermata ad un "alt" imposto dalle autorità.
E questi le danno pure dei soldi ? Si chiama "favoreggiamento". Sciogliamo queste associazioni che
- oltretutto - manco pagano le tasse. Loro.......e già. Sempre belli con il kulo degli altri.

Questa sera, quando passate davanti alla paletta dei Carabinieri, provate a non fermarvi..............

Gli antifascisti e i buonisti si danno un gran bel da fare per parare i colpi che potrebbero colpire la Sea Watch.

La ong potrebbe subire una multa che va dai 10mila ai 50mila euro.
E così su Facebook è scattata una raccolta fondi per pagare l'eventuale multa e per dare in questo modo un aiuto alla Sea Watch.
In sette ore la Rete nazionale antifascista ha raccolto ben 100mila euro

. Ma dietro questa raccolta di fondi c'è una galassia di associazioni antifasciste come ad esempio
“Rete Nazionale Antifascista”,“Il Partigiano”, “Padri e Madri della Libertà”.

Ovviamente nel messaggio che precede la richiesta di soldi viene esaltata la figura di Carola, la "capitana" di Sea Watch:
"Il capitano Carola di Seawatch 3 sta entrando in acque territoriali italiane. Difendiamola. I
n caso non fosse necessario usare i fondi, questi rimarranno a disposizione di Sea-Watch per la prossima missione".

Insomma i soldi potrebbero anche essere usati per far tornare in mare la nave dopo un eventuale sequestro.

E tra i più attivi nella raccolta fondi c'è Fabio Cavallo che a Open afferma:
"Non ci aspettavamo questo successo. Abbiamo aperto la raccolta fondi come Rete nazionale antifascista,
una rete che raccoglie le più grosse pagine antifasciste di Facebook come Il Partigiano, Padri e Madri della Libertà e Il razzismo non ci piace", spiega.
E ancora: "Abbiamo creato un gruppo grossissimo di 8mila persone, c’è dentro l’Anpi, senatori, giornalisti, avvocati.
Quando abbiamo visto quello che stava succedendo Franco Matteotti della pagina Il razzismo non ci piace ha proposto di lanciare la raccolta fondi".

Poi tra le pagine che raccolgono soldi c'è anche quella di "You Hate We Donate". Anche in questo caso spunta la foto della "capitana":
"Carola è il Capitano della nave che ha appena forzato il divieto di attraccare a Lampedusa,
dopo che avevano vagato davanti all’isola, con 42 persone ammassate, da 12 gg. Carola sa da che parte stare. Quella degli esseri umani"

. Insomma l'obiettivo è quello di saldare i conti con lo Stato italiano dopo aver violato le leggi.

Ma probabilmente questa volta Sea Watch non se la caverà solo con una multa.
La nave potrebbe essere sequestrata o confiscata come prevede il dl Sicurezza Bis.
 
Ma quanto guadagna l’equipaggio di Sea Watch?

I capitani e gli equipaggi a bardo delle navi ong fanno tutt’altro che volontariato poiché sono stipendiati.

Le buste paga, come spiega QN, “variano da caso a caso” e “da mansione a mansione, ma ballano tra i 1.500 e i 2mila euro”.

Queste cifre trovano conferma nei conti della stessa Sea Watch.
Stando ai registri, che l’ong ha pubblicato su internet e che risalgono fino all’ottobre del 2018,
il team di terra e gli uffici di Berlino e Amburgo sono costati in totale 304.069,65 euro.

Di questi, 230.060,08 sono serviti a coprire i costi del personale
 
Chi è veramente il pilota catturato dagli uomini di Haftar
I fatti risalgono allo scorso 7 maggio. Quel giorno alcuni reparti stanziati nei pressi di Gharian, città a circa 120 km a sud di Tripoli,
appartenenti all’Lna guidato dal generale Khalifa Haftar si accorgono di un aereo nemico che colpisce obiettivi militari nei pressi delle proprie postazioni.
Viene dunque attivata la contraerea la quale intercetta il velivolo e lo colpisce causandone il rovinoso schianto al suolo.
Il pilota a bordo aziona il tasto eject e viene catapultato all’esterno, finendo però in un territorio controllato dall’Lna.
A quel punto i soldati dell’esercito di Haftar riescono a catturarlo ed a farlo prigioniero.
Già durante i primi interrogatori, si intuisce che il pilota non è libico. Lo stesso ragazzo dichiara di essere un mercenario ma di nazionalità portoghese,
confermando di pilotare il Mirage abbattuto per conto dell’aviazione fedele al governo di Al Sarraj.


I video fatti circolare in rete dallo stesso Lna, che mostrano alcune fasi dell’interrogatorio, così come si fa notare su SpecialeLibia
in realtà alimentano perplessità sulla nazionalità del ragazzo: in particolare, a non convincere è l’accento pronunciato dal pilota catturato ai suoi interroganti.
Ed il mistero viene quindi svelato dal Washington Post: secondo il quotidiano della capitale federale statunitense,
il pilota si chiama Jamie Sponaugle ed ha 31 anni ed è, soprattutto, un cittadino americano.
Di lui inoltre si riesce a sapere il curriculum: risulta pilota e meccanico aereo già dal 2006, nel 2013
poi presta servizio presso la Florida Air National Guard fino alla fine del 2016.
Il suo ultimo incarico è quello di tecnico dello spazio aereo, poi si perdono le sue tracce fino al giorno della sua cattura nel cuore della Tripolitania.

La mediazione saudita per il rilascio del prigioniero
Sono tanti però i dettagli ancora da svelare, così come risultano parecchi i contorni della vicenda che ancora non quadrano.
Ci si chiede, in particolare, come mai un pilota americano lavora per l’aviazione di Al Sarraj in Libia,
da chi viene ingaggiato e da quanto tempo è presente nel paese nordafricano.
Ma anche quello che si sa adesso della sorte di Sponaugle appare comunque importante.
Infatti, dopo circa un mese e mezzo di detenzione nelle mani degli uomini di Haftar, il pilota risulta rilasciato e libero.
A confermarlo è Robert O’Brien, collaboratore di Trump per la politica estera, al Washington Post:
“Siamo sempre lieti di vedere gli americani detenuti oltreoceano che sono tornati a casa dai loro amici e familiari – dichiara O’Brien –
Ringraziamo anche il regno dell’Arabia Saudita per il suo ruolo nel risolvere questo caso”.

In effetti, sempre secondo il quotidiano Usa, Sponaugle risulta adesso in Arabia Saudita e, da lì,
dovrebbe essere portato poi negli Usa dopo alcuni esami medici e psichiatrici coordinati da funzionari delle locali rappresentanze diplomatiche americane.
Dunque, è l’Arabia Saudita che riveste un ruolo importante nella vicenda: Riad si pone in questa situazione come mediatrice tra Haftar e gli Usa
per il rilascio del mercenario al servizio di Al Sarraj. Una circostanza che conferma il ruolo saudita nell’intero contesto libico
e, in particolare, il posizionamento del regno dei Saud al fianco del generale della Cirenaica.

Già da quando lo scorso 4 aprile i primi reparti dell’Lna avanzano in Tripolitania si sospetta un non secondario appoggio saudita all’operazione lanciata da Haftar.
Colpisce, in particolare, la vicinanza tra la visita dello stesso generale a Riad, avvenuta il 31 marzo scorso, e l’inizio dell’azione militare su Tripoli.
L’Arabia Saudita dunque, assieme agli Emirati Arabi Uniti, si conferma ancora una volta come una delle potenze regionali sempre più importanti
all’interno dello scacchiere libico e determinanti nella guerra che da quasi tre mesi oramai interessa Tripoli.
 
Non si possono e non si devono affidare dei bambini ai gay. Punto.
Spero che tutta questa bella gente finisca in galera per molti, molti anni e ne esca cosi' distrutta da non avere piu' fantasie sessuali.
Ci si aspettava qualche cosa di diverso da questo letame ?

Ecco alcuni commenti, quelli più "sobri" raccolti su questa storia. Vomitevole.

Nelle carte dell’inchiesta “Angeli e Demoni” guidata della procura di Reggio Emilia, tra le persone coinvolte e agli arresti domiciliari
compare anche lei: Federica Anghinolfi, responsabile del servizio sociale integrato dell’Unione di Comuni della Val d’Enza.

Omosessuale e da tempo paladina delle famiglie arcobaleno, finita al centro delle indagini che sconvolgono l'Emilia e l'Italia.

Secondo gli inquirenti sarebbe uno dei vertici del sistema malato dell'affidamento dei minori.

"Sono state la sua stessa condizione personale e le sue profonde convinzioni - si legge nelle carte dell'inchiesta -
ad averla portata a sostenere con erinnica perseveranza la “causa” dell’abuso da dimostrarsi 'ad ogni costo'".

Molto si è detto sul "caso affidi".
Secondo i carabinieri, quello che emerge è "un business illecito di diverse centinaia di migliaia di euro di cui beneficiavano alcuni degli indagati,
mentre altri si avvantaggiavano a vario titolo dell’indotto derivante dalla gestione dei minori attraverso i finanziamenti regionali".

Ma forse non è tutto. "Non è solo questione di denaro". Dietro il "mostruoso sistema degli affidi, si nasconde un movente ideologico, che è anche peggio".

"Ero consigliere regionale quando nella rossa Emilia il Pd portò la gestione dei servizi sociali della Val d'Enza come esempio in Regione", spiega l'onorevole.
"Federica Anghinolfi, individuata dagli inquirenti come vertice di questo sistema, veniva invitata dappertutto dai sinistrati
ed era una bandiera per le famiglie arcobaleno in quanto esponente di quel mondo".

Il profilo social della responsabile del servizio sociale ne è la dimostrazione.
Online mostra foto arcobaleno, condivide articoli sulla galera per chi si macchia di omofobia, post sui Gay Pride e via dicendo.
Niente di male. Solo che nelle carte dell'inchiesta, spunta anche una famiglia arcobaleno formata da due donne cui era stata consegnata una bambina.
L'affido dei bambini alle coppie lgbt, infatti, é una battaglia che Federica porta avanti da diverso tempo.

Non è un caso se, quando nel 2014 il Corriere dedica un lungo articolo ad una delle prime coppie omosessuali affidatarie in Italia,
è lei ad essere interpellata per il suo "lavoro sulla genitorialità gay (seminari di approfondimento e corsi di formazione) fatto in questi mesi dai servizi sociali emiliani".
Non solo. Nel 2014 la Anghinolfi partecipa ad un incontro al circolo Arci Colombofili.
Il tema? Affettività di genere. E lì racconta, con tanto di testimonianze, il suo lavoro per assegnare i minori a coppie omosessuali.

Ne andava e ne va fiera. In un video pubblicato da Rosso Parma, Federica Anghinolfi parla del sistema degli affidi.
"Andiamo oltre al tema dell’identità di genere nella relazione genitoriale", la si sente dire nell'intervento video.
Le battaglie Lgbt e la genitorialità gay sono un chiodo fisso.
A maggio 2018 compare tra le protagoniste delle iniziative organizzate dall’Arcigay a Mantova in occasione della "Giornata di contrasto all'omofobia, alla bifobia e alla transfobia".
La Anghinolfi è tra le relatrici dell'evento - guarda caso - sull'affido alle coppie omosessuali, un seminario dal titolo “affidarSI. Uno sguardo accogliente verso l'affido LGBT".

Infine, nell’estate del 2018 Federica è relatrice alla Festa dell’Unitá al Parco Nord a Bologna,
anche se in quell’occasione il focus é un altro: "Cura dell’infanzia, maltrattamenti e prostituzione minorile".

Politica, ideologie e minori. "Di questa vicenda non è tanto l’aspetto economico che colpisce. Ma quello culturale.
Questa signora è legata a quel mondo, nessuno mi toglie dalla testa che in fondo, dietro a tutto questo, ci sia la teoria gender.
Vogliono i bambini senza famiglie, senza identità. Come corpi eterei".
 
Alla fine Carola Rackete lo ha fatto. Si è spinta fino al limite e, dopo aver sfidato il governo italiano e il suo ministro dell'Interno per giorni, ha attraccato la Sea Watch 3 nel porto di Lampedusa.

Ancora una volta contro la legge. L'ultimo braccio di ferro tra la Ong e Matteo Salvini si gioca poco dopo l'una di notte.

Ma ad attederla non c'erano solamente i rappresentanti del mondo buonista italiano, che finalmente hanno trovato un leader da seguire.
C'era pure la Guardia di finanza che, come riporta l'Agi, hanno provveduto ad arrestarla

"per violazione dell'articolo 1100 del codice della navigazione, che - come spiega la stessa agenzia -
richiama il comportamento del comandante o dell'ufficiale che commetta atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale,
ed è punibile con la reclusione da tre a dieci anni".

Bisogna vedere cosa accadrà ora. Certo è che le azioni di Carola si sono spinte troppo oltre in questi 16 giorni.
 

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